RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO D’EUROPA: I DIPENDENTI NON DEVONO ESSERE SPIATI

| 9 Aprile 2015 | 0 Comments

di Roberto De Salvatore___

 In Italia la raccomandazione ha funzionato sempre quando si tratta di ottenere posti, pensioni e prebende varie, ma una raccomandazione che viene dal Consiglio d’Europa a che vengano limitati i controlli ad personam nei confronti dei lavoratori rischiano di cadere nel nulla. I controlli riguardano i comportamenti per lo più privati dei lavoratori tramite anche gli strumenti hi-tech a disposizione oggi. Sembrerebbe giusto se non sacrosanto che un lavoratore che comunica privatamente con un parente o conoscente non debba essere sorvegliato dall’occhio del ‘grande fratello’ anche negli spazi non adibiti al lavoro, come spazi ricreativi, spogliatoi o mense. Diverso il discorso dei controlli durante il lavoro e per scopi prettamente professionali: chi metterebbe in dubbio la validità di un controllo nei confronti di un lavoratore che mentre si occupa di un lavoro si perde in chiacchiere con un collega o un amico, per telefono o via mail, magari della partita di calcio o dell’ultimo viaggio esotico?

C’è però anche da dire che tale raccomandazione del Consiglio d’Europa cozza decisamente contro i decreti delegati in appendice al Jobs Act che permette tali controlli a distanza, anche a mezzo di strumenti hi-tech. Un Jobs Act che ha il volto del vecchio padrone delle ferriere rinnovato. Chi ricorda i controlli che venivano effettuati fino a qualche decennio fa in aziende anche importanti come la Fiat, dove veniva controllato se il lavoratore arrivava al lavoro con un’auto di marca diversa da una Fiat? Certo c’è da dire che talvolta i controlli si rendono necessari la dove l’assenteismo la fa da padrone, ma questo riguarderebbe di più il pubblico impiego, ancora una volta risparmiato dalla ventata autoritaria del renzismo imperante.

Il divieto totale di controllo riguarda in primo luogo tutte le comunicazioni “private” dei dipendenti. Mentre l’accesso a quelle professionali, per esempio una mail a un collega, risulta consentito solo se il lavoratore è stato preventivamente informato che ciò possa accadere, e unicamente se l’accesso si rivela necessario per motivi di sicurezza, o, per esempio, per garantire che un lavoro sia terminato. Il lavoratore ha poi il diritto di sapere quali dati il datore sta raccogliendo su di lui e perché. Ed ha anche il diritto di visionarli, di chiederne la correzione e addirittura la cancellazione. Nella raccomandazione vi é un anche un elenco analitico di tutte le informazioni che un datore di lavoro non può chiedere al dipendente o a chi vuole assumere, e i limiti che deve rispettare nel comunicare, anche all’interno della stessa azienda, i dati raccolti. Insomma, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”si tratta di una conferma che mentre in Europa si amplificano i diritti dei lavoratori, in Italia si sta operando una demolizione scientifica delle tutele da parte degli ultimi governi ed in particolare di quello attuale che in tema di lavoro si sta dimostrando a dir poco retrogrado e poco attento a ciò che cade nel resto dell’UE.

Insomma mentre il resto d’Europa ragiona secondo un modello snello derivante anche da un sistema legislativo semplice e snello di matrice anglosassone, la nostra legislazione pletorica risulta ancora confusa e inefficiente di cui risulta unica beneficiaria la classe imprenditoriale.

Category: Costume e società

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