PIETRO INGRAO COMPIE 100 ANNI, PRIMA FASCISTA POI COMUNISTA, LA BOLDRINI LO INDICA COME UN ESEMPIO DI COERENZA DEMOCRATICA.
di Valerio Melcore_______Auguri a Pietro Ingrao che compie 100 anni.
Uno dei più longevi uomini politici italiani. Nato della provincia di Latina da una famiglia di ricchi proprietari terrieri. Di lui si sa quasi tutto, è noto per essere stato all’interno del PCI uno dei compagni più duri. Ha ricoperto diversi e prestigiosi incarichi sia nel Partito comunista che nel Parlamento italiano.
Quel che invece non viene detto, per ovvi motivi, e che da giovane, nonostante le tradizioni antifasciste della sua famiglia, aderì con entusiasmo al Fascismo.
Tanto è vero che il secondo premio di poesia ai littoriali della cultura dell’anno XIII° và ad un ventenne del GUF di Roma, Pietro Ingrao, per la poesia STAGIONE, il testo viene pubblicato dal giornale di Telesio Interlandi “Quadrivio”. Il 16 settembre 1934 vince, ai bagni di Lucca, il premio di G. Ciano “I poeti del tempo di Mussolini” .
Il 28 aprile 1935 partecipa ai Littoriali del 1935 con il GUF di Littoria, in qualità di fiduciario del GUF di Formia . Risulta 10°, dopo Liugi Longo , al Convegno di Organizzazione Politica del Partito Nazional Fascista, del 1935.
Come scrive lo storico Aldo Giannuli sul suo blog : “Eterno secondo ai littoriali fascisti della cultura, Pietro Ingrao appartiene a quella seconda generazione di dirigenti comunisti che ebbe la sua prima formazione nell’Italia fascista e che scoprì solo in un secondo momento il comunismo, attraverso il tunnel doloroso della guerra, della Resistenza, per incontrarsi con Togliatti prima ancora che con Gramsci.
Si tratta di un tema a lungo eluso, direi esorcizzato, dal Pci, come da tutti i partiti antifascisti, che avevano nel proprio seno, chi più chi meno, uomini passati per il medesimo cammino. E se ne comprende il motivo: il bisogno di presentare la nuova classe politica repubblicana in totale rottura con il passato fascista, reagendo con gelido disprezzo alla pubblicistica fascista (ad esempio “Italia fascista in piedi!” di Nino Tripodi) che sottintendeva, invece, conversioni opportunistiche all’antifascismo. Questo portava alla rimozione del tema ed all’enfatizzazione dell’antifascismo come negazione assoluta ed incontaminata del fascismo. In realtà le cose non stavano così (ne riparleremo) e il fascismo seminò concetti, che poi sono restati, finendo impastati con la successiva cultura politica dell’Italia repubblicana. La cosa non deve né stupire né scandalizzare (come invece accade ad una recente pubblicistica, cito per tutti il lavoro di Mirella Serri “I Redenti” che pure si basa su un’ottima ricerca d’archivio): la storia ha i suoi tornanti e le culture politiche sono corsi d’acqua che spesso si contaminano, magari attraverso passaggi carsici.”
Ma leggiamo ancora sul blog aldogiannuli.it . “Ingrao, in particolare, fu influenzato dalla figura e dal pensiero di Giuseppe Bottai, il maggior intellettuale del regime (Fascista) ed, insieme, il gerarca più attivo nel promuovere la formazione delle giovani generazioni: dalle sue riviste presero le mosse alcuni dei nomi migliori dell’intellettualità post fascista ed antifascista, come Salvatore Quasimodo, Nicola Abbagnano, Enzo Paci, Carlo Muscetta, Mario Alicata, Vitaliano Brancati, Cesare Pavese, Vasco Pratolini, Vittorio Sereni, Giuseppe Ungaretti, Luigi Salvatorelli, Giorgio Spini, Enzo Biagi, Renato Guttuso, Sandro Penna, Eugenio Montale e decine di altri. E diversi di loro, come Giame Pintor, li ritroveremo fra i primi a combattere con la Resistenza. Quella di Bottai fu una sorta di serra degli eretici, della quale, eretico egli stesso, si compiacque.
E proprio questo tratto di dirigente politico-intellettuale con vocazione all’eterodossia fu, forse inconsapevolmente, quello che affascinò il giovane Ingrao. Ad avvicinare queste due figure inconsuete del Novecento italiano, non fu solo la propensione all’eresia e la profonda compenetrazione fra politica e cultura, ma anche il gusto del dubbio sistematico, la propensione all’astrattezza (per la verità, più spiccata nel secondo che nel primo), una certa sofisticatezza intellettuale, l’eterna insoddisfazione per la propria ricerca. Ma da questi stessi tratti discesero per entrambi anche il forte narcisismo, l’irresolutezza, la mancanza di tempismo politico, lo scarso coraggio.”
Insomma Pietro Ingrao fu tante cose prima Fascista poi Comunista, essere definito, come ha fatto la Boldrini, “un esempio di coerenza democratica”, forse non sarebbe piaciuto neanche a lui.
Auguri a questo anziano politico del passato millennio.
Category: Costume e società
Buon Pomeriggio a tutti
sono sicuro che alcuni di voi, se non tutti hanno sentito parlare di Pietro Ingrao in più
di una occasione ma, mai, o, quasi mai di Nicola Bombacci.
Eppure, sono due personaggi, importanti della storia d’Italia recente e, per certi versi hanno
molto in comune.
Pietro Ingrao fu un fascista che partecipò attivamente alla vita del Regime sino al 1939, data in cui, dopo un notevole travaglio interiore capì che, per lui, il fascismo non rappresentava più una esperienza positiva.
Con il Regime all’apice, l’Impero conquistato, le opere sociali e tutte le altre grandi opere
costruite o in procinto di essere terminate, il consenso quasi al 100%, ebbe il coraggio di dire: Basta!
Si dissociò, e compì a ritroso lo stesso cammino, divenne comunista e nel 1943 fece la scelta Partigiana.
Nel secondo dopoguerra, eletto più volte nel PCI, divenne Presidente della Camera dei Deputati.
E’ tutt’ora vivente.
Nicola Bombacci, amico di Mussolini, socialista, romagnolo, aderì entusiasticamente alla nascita
dell’Urss.
Nel 1922, a Livorno, durante il congresso del Partito Socialista, insieme a Gramsci, Togliatti, Bordiga, sancì la scissione dai socialisti e creò il PCI.
Con l’avvento del Regime Fascista, andò in Urss e, la sua famiglia, rimasta in Italia fù aiutata economicamente per ordine di Mussolini In persona che, non si era scordato del suo amico.
Quando Bombacci si rese conto che l’Urss era il regime più crudele che mente umana abbia mai potuto generare, tornò in Italia nel pieno della RSI, alla quale aderì subito.
Tenne diversi comizi agli operai, avvisandoli di come stavano veramente le cose in URSS e, quindi di non lasciarsi ammaliare dalle sirene comuniste; memorabile un suo discorso in Piazza De Ferrari, in quel di Genova nel 1944 che iniziò così: compagni fascisti…
Segui Mussolini fino all’epilogo e, fu assassinato a Dongo insieme agli altri.
A lui, però fu tributato un trattamento speciale: da morto gli fu appeso un cartello, con la scritta
SUPERTRADITORE.
Due persone che ammiro e stimo, per il semplice fatto che, se è vero che è lecito cambiare idea, c’ è modo e modo di farlo; loro due ebbero il coraggio di farlo in tempi non sospetti, con i rispettivi Regimi, saldamente al Potere.
Molto più onorevole e coraggioso, che non il salire sul carro del vincitore quando le cose vanno male.
Con una sola differenza:
Pietro Ingrao, con la sua scelta è ancora vivo.
Nicola Bombacci ha pagato con la vita, la stessa scelta di Ingrao…
Se interessa, su Bombacci ha scritto un libro Arrigo Petacco per i tipi della Mondadori con il titolo:
Il Comunista in Camicia Nera, che è, quasi introvabile (chissà perchè eh?), mentre se volete notizie su Ingrao ne trovate a tonnellate, meno quelle dei suoi trascorsi “neri”
Sperando di non avervi annoiato vi auguro un buon fine settimana.
Saluti
Piero e famiglia