ESTIMI CATASTALI. ENNESIMA BATOSTA ALL’AGENZIA DELLE ENTRATE DI LECCE.

| 21 Febbraio 2015 | 0 Comments

Mentre arriva da parte della CTP di Lecce l’ennesima batosta per l’Agenzia delle Entrate con un altro ricorso collettivo accolto avverso la rideterminazione degli estimi catastali con condanna ad oltre 3.000,00 euro di spese ed accessori per la PA, anche la Cassazione in un’altra sentenza per un caso analogo conferma che il riclassamento deve essere motivato.
Proprio in data di ieri 20 febbraio 2015 è arrivata la comunicazione dell’ennesima batosta per l’Agenzia delle Entrate da parte della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, che non solo ha accolto il ricorso collettivo presentato congiuntamente da oltre una trentina di contribuenti difesi per lo dall’avvocato Francesco D’Agata con l’assistenza dell’avvocato Maurizio Villani, ma con un’unica sentenza, la numero 450/02/2015 pubblicata il 17/02/2015 dalla sezione seconda, ha condannato l’ente a pagare le spese  processuali per complessivi euro 3.180,00 di cui euro 3.030,00 per spese, oltre accessori di legge. Si tratta di un record, quindi, nella arcinota vicenda del riclassamento degli estimi catastali a Lecce che non avrebbe occupato le cronache giudiziarie negli ultimi due anni – e che certamente le occuperà per altri ancora – se e solo se l’ex Agenzia del Territorio non avesse continuato a notificare ai cittadini leccesi migliaia e migliaia di avvisi di accertamento, ritenuti immotivati dall’ormai conclamata giurisprudenza dei giudici tributari salentini che – rileva Giovanni D’Agata, trova un’ulteriore conferma in una sentenza pubblicata nel corso di questa settimana dalla Corte di Cassazione e che per gentile concessione degli avvocati tributaristi Maurizio Villani e Alessandria Rizzelli di seguito riportiamo nel loro commento dall’eloquente titolo “Il riclassamento deve essere motivato”.

Lecce, 21 febbraio 2015

                                                                                  Giovanni D’Agata

Il riclassamento deve essere motivato

 

Con la recentissima sentenza del 17.02.2015, n. 3165, la Corte di Cassazione – Sesta Sezione Civile-Tributaria ha rigettato il ricorso presentato dall’’Agenzia delle Entrate, confermando il principio secondo cui è illegittimo il riclassamento se manca la motivazione.

In particolare i giudici di legittimità hanno avuto modo di sottolineare come, secondo la giurisprudenza ormai consolidata (Cass. n. 9626 del 2012; ord. 19814 del 2012; n. 21532 del 2013; n. 17335 del 2014; n. 16887 del 2014), “l’atto con cui l’Agenzia del Territorio attribuisce d’ufficio un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, deve chiaramente specificare a cosa sia dovuto il mutamento. Tale principio, fissato in considerazione delle incertezze proprie del sistema catastale italiano che non detta una specifica definizione normativa delle categorie e classi catastali, è stato affermato, proprio per consentire al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto.”

Peraltro, laddove il nuovo classamento è stato adottato ai sensi del comma 335 dell’art. 1 della Legge m. 311 del 2004, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia riferimento ai suddetti rapporti ed al relativo scostamento, ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, se da questi ultimi non sono evincibili gli elementi che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento.

Del pari, non può ritenersi sufficiente il riferimento a non meglio precisati “interventi pubblici per la riqualificazione della viabilità interna e dell’arredo urbano” nonché ad “interventi da parte dei privati per la ristrutturazione degli edifici”.

Il contribuente, infatti, con tale espressioni non è in grado di poter conoscere le concrete ragioni poste a base della pretesa impositiva, con la conseguente impossibilità di valutare l’opportunità o meno di proceder all’impugnazione dell’atto, ovvero di contestare efficacemente sia l’an che il quantum debeatur.

Analoga vicenda è quella che sta interessando il Comune di Lecce, laddove le sentenze dei giudici di merito salentini su un contenzioso ancora in piedi innanzi alla CTR di Lecce, su circa 6.000 ricorsi presentati, hanno dato ragione ai contribuenti sulla illegittimità dell’aumento delle rendite catastali disposto dall’Agenzia del Territorio (ora confluita nelle Entrate) per il 95% del patrimonio immobiliare del territorio, dichiarando illegittimo il riclassamento catastale per difetto di motivazione. (tra le tante Ctp  di Lecce – Sez. IV, sentenze 29 luglio 2013 n. 836, 5 luglio 2013 n. 607, 21 giugno 2013 n. 505 e ordinanza 19 aprile 2013 n. 114).

Anche in questo caso, l’Agenzia del Territorio, infatti, ha notificato alla maggioranza della popolazione gli avvisi di accertamento con i quali ha proceduto alla rideterminazione del classamento e alla conseguente attribuzione della nuova rendita catastale delle unità immobiliari, sulla base delle medesima motivazione, ovvero su presunti interventi di riqualificazione della viabilità interna e di arredo urbano nel centro storico.

Lecce, 21 febbraio 2015

Avv. Maurizio Villani

Avv. Alessandra Rizzelli

 

Category: Riceviamo e volentieri pubblichiamo

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