LO SMALTIMENTO DEI REFLUI FOGNARI DI NARDO’ E PORTO CESAREO / IL M5S CHIEDE SPIEGAZIONI AL COMUNE E ALLA REGIONE SULLA DECISIONE DI SCARICARLI IN MARE
RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO_______Cristian Casili e “Gli amici di Beppe Grillo” del M5S di Nardò ci scrivono:
“Si è tenuta ieri, in sala consiliare a Nardò, l’ennesima Commissione ambiente congiuntamente con la Consulta dell’ambiente sul grave problema inerente il progetto di smaltimento dei reflui fognari provenienti dai depuratori di Nardò e Porto Cesareo. Rimandate al mittente le proposte che hanno visto in più consessi l’amministrazione locale e le associazioni ambientaliste e il Comitato NoTub, Comitato civico di Manduria, Commissioni e Consulte contrarie allo smaltimento dei reflui nel mare di Torre Inseraglio (nella foto).
Le proposte emerse nella penultima commissione, prevedevano che Porto Cesareo, che ricordiamo possiede circa 5000 ettari di territorio la cui superficie agricola utilizzata non supera il 20%, abbia la possibilità di trattare in proprio i suoi reflui. Infatti il territorio cesarino è costituito in massima parte da terreni degradati, pascoli cespugliati e terreni paludosi che si presterebbero ottimamente alla fitodepurazione dei suoi reflui efficientemente depurati al massimo grado di affinamento (Tabella 4).
Per quanto riguarda Nardò si prevedeva la depurazione dei reflui sempre al massimo grado di affinamento, l’eventuale successiva fitodepurazione e il loro utilizzo ad uso irriguo in agricoltura e che l’eventuale restante frazione venisse stoccata in bacini aventi come troppo pieno l’attuale scarico in battigia o la vora delle Colucce.
Invece, la Regione Puglia con AQP persevera nel proporre un insensato progetto, per altro già appaltato, che prevede la realizzazione di una condotta sottomarina di un Km di lunghezza attraverso la quale sversare nel mare di Torre Inseraglio i reflui in Tabella 1 dei Comuni di Nardò e Porto Cesareo. Si fa presente la classificazione Tabella 1 sta ad indicare il minimo livello di depurazione, trattamento che in pratica consiste nella sola eliminazione della parte solida e in una blanda disinfezione. Tale trattamento, paradossalmente, se non effettuato in modo efficiente può portare ad una esponenziale elevazione della carica batterica invece del suo abbattimento.
Ragion per cui si ritiene che il territorio neretino, già penalizzato dalla presenza di discariche, alcune delle quali mai messe in sicurezza, paghi già un pesante tributo in termini di impatto ambientale e che non sia più pensabile tollerare ulteriori interventi atti a peggiorare il già precario stato ambientale. Se vi fosse bisogno di rammentarlo parte del territorio del Comune di Nardò, costituisce bacino imbrifero e la relativa vora delle Colucce è recettore dei reflui fognari di oltre venti depuratori anche consortili che vi affluiscono convogliati attraverso il torrente Asso.
Un principio fondamentale vorrebbe che se l’acqua è sporca non deve essere smaltita in mare, spostare lo scarico di 1 km non equivale ad un trattamento, ma sposta solamente il problema e peraltro in modo inefficacie.
L’ aberrazione, oltre che sotto il punto di vista ambientale, lo è anche sotto il profilo socio-economico; Nardò non può deteriorare una risorsa quale il mare che costituisce un cespite importantissimo della sua economia.
L’economia turistica neretina si basa infatti per oltre il 90 % su di un turismo di tipo balneare e inquinare la risorsa mare costituirebbe la più grande iattura. Ciò peraltro penalizzerebbe l’appetibilità turistica della riviera neretina e la porrebbe in una posizione di debolezza nei confronti di quella di Porto Cesareo.
Pertanto si ritiene che l’affinamento in Tabella 4 e l’utilizzo in agricoltura siano le uniche strade percorribili a sostegno di tale indirizzo anche le ultime tendenze agricole che guardano con grande interesse alla produzione colture alternative no-food, quali per esempio la canapa e la canna e pioppeti, recuperando terreni marginali altrimenti improduttivi.
Il governo Vendola in più occasioni ha ribadito il valore della risorsa idrica e lo stesso Vendola qualche anno addietro fu relatore a Bruxelles sulle strategie di recupero e riutilizzo delle acque reflue. Tale approccio è quanto mai necessario in un territorio sitibondo come il nostro che sconta danni irreversibili per l’ingressione marina nella falda acquifera a causa dell’emungimento di acqua a scopi irrigui e che espone il nostro territorio a grave rischio desertificazione come per altro già denunciato dai CNR, il tutto con gravissime ripercussioni sulla nostra agricoltura.
La parola a Vendola che dovrebbe spiegarci il perché di questo radicale cambio di rotta. Non vorremmo pensare che l’ostacolo a percorrere le soluzioni alternative proposte fosse il loro minor costo e che anche lui sia ostaggio delle lobbies degli appalti e delle grandi opere”.
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