LA STORIA – VERA, PURTROPPO, PER QUANTO ASSURDA – DI UN COMUNE CHE LITIGA CON SE’ STESSO, E PAGA GLI AVVOCATI PRIVATI CON I SOLDI PUBBLICI
di Roberto De Salvatore_______
Se fossimo degli Anglosassoni, in situazioni come questa ben potremmo essere rappresentati nel teatro dell’assurdo di Samuel Beckett, ma siccome siamo Italiani possiamo essere rappresentati meglio nell’umorismo amaro e tragicomico di Pirandello.
Avete mai sentito di una amministrazione pubblica che litiga con sé stessa e risulta sia vincente, sia soccombente nello stesso contenzioso, e nella veste vincente deve poi sborsare una parcella per spese legali che in tempi come questi, di crisi e di spending review suona come un insulto?
E’ accaduto veramente e a rendersi protagonista di questa storia ridicola è il Comune di Lecce. La vicenda si è trascinata per circa dieci anni ed il motivo scatenante era una causa intentata da SGM, partecipata al 51% del Comune e titolare dei trasporti e della gestione dei parcheggi in città, contro il Comune a causa di un progetto riguardante la costruzione di un centro direzionale e di un megaparcheggio in piazza Tito Schipa (nella foto), e dal Comune affidato alla ditta De Nuzzo Costruzioni.
L’opposizione al progetto fu avanzata da SGM già prima della presentazione del medesimo, nel 2006, quando a presiedere la partecipata era l’assessore ai lavori pubblici Gaetano Messuti e nel 2010 l’ex assessore ai trasporti Gianni Peyla. Una storia vecchia, ma soltanto adesso il Comune, risultato vincitore contro SGM davanti al Consiglio di Stato, liquida all’avvocato Alberto Zito la parcella di 109.195 euro, ma dovrà pagare anche di tasca propria anche gli avvocati che l’hanno difesa in quanto socio di maggioranza della stessa partecipata.
Insomma in questo guazzabuglio il Comune dovrà pagare sia in quanto vincitore nei confronti di SGM, sia nella veste di soccombente in quanto socio di maggioranza della partecipata.
Tempi di vitelli grassi per i legali chiamati a dirimere queste assurdità, molto meno per le tasche del Comune, cioé di tutti noi.
Viene spontaneo chiedere quali sia mai l’utilità delle partecipate in Italia se queste vicende allucinanti sono il prezzo da pagare.
Si dirà che servono per dissociare le pubbliche amministrazioni dai deficit e passivi vari che altrimenti dovrebbero gravare direttamente sui bilanci delle stesse amministrazioni, ma se poi in casi come questi, voci pesanti come quelle di parcelle esorbitanti devono gravare allo stesso modo sui bilanci comunali e se in ogni caso la partecipata deve continuare ad esistere e a perpetuare costi che francamente si rivelano spesso insostenibili per la comunità, quale è il vantaggio?
Senza contare che le casse deficitarie di un Comune come quelle di Lecce, non possono continuare a essere rimpinguate dagli introiti della TASI (una delle più alte d’Italia come aliquota), dei servizi carenti della raccolta e gestione dei rifiuti, ancorché costosissimi, e dalla nuova pensata dei comuni italiani di far cassa attraverso lo stillicidio delle multe da photored (fino a quando, spero, gli organi giudiziari apriranno una inchiesta a tutto campo su questo tipo di “raccolta”), per poi essere dilapidati in modo allucinante.
Ma poi, chiediamoci a che serve mai un centro direzionale e un megaparcheggio in uno degli angoli più cari ai leccesi, come anche a che serviva la ragnatela per i filobus (che quasi nessuno usa)?
Gli ultimi sindaci che questa città ha avuto saranno forse ricordati alla stessa stregua dei faraoni d’Egitto: anche loro erano affetti dal mal della pietra, ma lasciarono capolavori eterni, non aborti architettonici incomprensibili.
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