A MARGINE DEL CONVEGNO DELLA CONFAGRICOLTURA A TARANTO / ECCO QUALI SONO I VERI MALI DELLA OLIVICOLTURA PUGLIESE, DI CUI I VERTICI DELL’ ASSOCIAZIONE SONO STATI COMPLICI. E COSA SI PUO’ FARE PER GUARIRLI. SENZA L’ EXPO’
di Cristian Casili ( agronomo – Nardò )______
Ieri la confagricoltura ha organizzato un convegno regionale sulle opportunità e prospettive del settore olivicolo pugliese.
All’incontro hanno partecipato esperti e addetti ai lavori che si sono confrontati sulle problematiche del settore.
Il presidente nazionale Mario Guidi e i rappresentanti locali, Luca Lazzaro, e Luigi Sportelli, presidente della Camera di Commercio, hanno perso l’ennesima opportunità di focalizzare il vero problema dell’olivicoltura e dell’agroalimentare pugliese in terra di Taranto, che grida con forza una riconversione reale, non demagogica, dall’acciaio a un agroalimentare di qualità, al turismo e al ritorno di quella mitilicoltura che solo a Taranto riusciva ad esprimersi senza eguali al mondo.
«L’agricoltura è uno dei settori principali dell’economia provinciale al quale stiamo riservando particolare attenzione soprattutto in termini di valorizzazione e promozione delle sue filiere produttive – ha detto Luigi Sportelli – Il 2015 è un anno fondamentale per proseguire e di intensificare questo impegno – ha poi aggiunto- l’Expo di Milano sta infatti ponendo al centro del dibattito mondiale proprio le produzioni agricole, l’alimentazione, la biodiversità e la tipicità».
L’EXPO sarà il leitmotiv che ascolteremo nel 2015 e verrà utilizzato da questi signori come panacea per i mali dell’agroalimentare italiano.
Il progetto originario di Expo 2015 avrebbe dovuto essere un esempio globale di biodiversità con piccoli produttori in rappresentanza di ogni paese partecipante.
La biodiversità vegetale è ai minimi storici. Abbiamo perso oltre il 70% di biodiversità vegetale e animale. E questo evento “industriale” sarà l’ennesimo colpo inferto agli ecotipi locali e alle vere culture dei territori. L’Expo servirà a potenziare ancora di più agroindustrie e multinazionali, sarà la kermesse della mistificazione totale del cibo nazionale, con spot che inneggeranno al cibo di alta “qualita”. L’EXPO rappresenterà l’autismo corale del cibo.
Il cibo non è roba per turisti, il cibo è del viaggiatore, è di colui che vuole scoprire territori, culture, paesaggi, genti.
Lo spot principale di EXPO dice: “Pronti ad ospitare il pianeta del Cibo”.
Ci stanno preparando un bel pacchetto, costoso, miliardi di euro con la complicità dell’Unione Europea e, soprattutto, del nostro Governo.
Intanto le aziende agricole, quelle che custodiscono il patrimonio agroalimentare del Paese, muoiono e con loro vengono cancellati prodotti, tradizioni e culture.
Tonando all’olivicoltura tema principale del convegno tante le parole spese: innovazione, competitività, ristrutturazione, sostenibilità.
Non poteva mancare la Xylella, Mario Guidi così si è espresso al riguardo: «Occorre che si proceda rapidamente perché un’altra stagione estiva in queste condizioni determinerebbe la fine dell’olivicoltura sul territorio».
Insomma parole già sentite. Questi signori perché non si interrogano sui veri problemi dell’olivicoltura pugliese di cui sono stati complici?
La rendita parassitaria dovuta all’aiuto comunitario disaccoppiato ha causato non pochi danni alla nostra olivicoltura e ha portato molti produttori, i grandi, a non essere obbligati a raccogliere e trasformare il prodotto, oltre al non rispetto delle norme di condizionalità (buone pratiche agronomiche): vedi l’utilizzo indiscriminato di diserbanti e pesticidi.
E’ questa la sostenibilità ambientale di cui parlano?
Lo scarso reddito degli agricoltori pugliesi è figlio di queste scellerate scelte politiche oltre all’ingresso di oli extra UE che vanno a finire nel nostro extravergine, e la Puglia è la maggiore importatrice di oli deodorati e rettificati.
Come si potrà mai parlare di qualità di questo passo? La Puglia conta 60 milioni di piante, il 32 % della SAU, cioè degli ettari coltivati ad ulivo e il 40% della produzione nazionale di olio d’oliva. Nel 2013 il valore della produzione olivicola pugliese valeva circa 400 milioni di euro, che paragonati ai 850 milioni di euro del 2001 ci fanno comprendere come abbiamo bruciato milioni di euro e centinaia di posti di lavoro.
Per cambiare rotta occorre garantire un reddito dignitoso agli olivicoltori, puntando a valorizzare le varietà locali e proteggere il prodotto dalla contraffazione avallata dalle ossessioni delle soglie di classificazioni degli oli di oliva imposte dai lobbisti delle agroindustrie, i quali hanno l’interesse di estromettere dal mercato quel produttore che con scienza e coscienza e con la sua faccia è l’unico che può garantire un prodotto genuino e di qualità.
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