LE STRUTTURE SANITARIE IN DIFFICOLTA’ A FRONTEGGIARE L’ EPIDEMIA INFLUENZALE DI QUEST’ANNO / CHE COSA FARE, E CHE COSA NON FARE
di Mario Giugno (medico continuità assistenziale Asl di Lecce)______
L’ epidemia influenzale di quest’anno presenta rischi, perchè si tratta dello stesso ceppo di virus H1N1, tanto temuto, che solo alcuni anni addietro ha causato molti morti.
A tutti coloro che vorrebbero cambiare la Sanità nella nostra Regione, ma solo a parole, perché nei fatti agiscono diversamente, va rivolta una sola domanda: che cosa state aspettando? Non vi rendete conto della precarietà delle strutture sanitarie? Che non assicurate un’ assistenza adeguata? Che i centri di emergenza territoriale stanno esplodendo in quanto incapaci di contenere la marea umana che quotidianamente si riversa in Guardia Medica e nel Pronto Soccorso?
E cosa dire del 118, oramai investito da problematiche legali e sempre meno capace di offrire un servizio di soccorso degno di tale nome, perché carente di medici, infermieri ed ambulanze?
I virus coinvolti nella stagione 2014/2015 sono tre: l’A California H1N1, che aveva creato la fase diffusa pandemica del 2009; cui si affiancano il virus H3N2 Texas e il virus B Massacchusetts.
L’epidemia dell’influenza è appena entrata nel vivo, come segnala la rete di sorveglianza Influnet dell’Istituto superiore di sanità (Iss), ma le conseguenze in vari ospedali sono già evidenti.
Secondo l’ultimo bollettino Influnet, l’epidemia è dunque ufficialmente iniziata: in varie regioni è stato infatti superato il valore di soglia di 2,37 casi per mille assistiti, che indica appunto l’inizio del periodo epidemico.
I più colpiti sono, al momento, i bambini sotto i 5 anni di età.
Complessivamente, il numero di casi stimati nell’ultima settimana è pari a circa 139.000, per un totale, dall’inizio della sorveglianza Influnet nel mese di ottobre, di 823.000 italiani già costretti a letto per il male stagionale.
Ma anche se il picco dei casi è previsto per la fine di gennaio, la situazione in molti Pronto soccorso e nelle Guardie Mediche è già critica.
Ciò sta determinando difficoltà in molti ospedali italiani, con un conseguente ritardo dei ricoveri e lunghe attese fino a cinque giorni in barella per i pazienti.
In prevalenza, a recarsi in Pronto soccorso sono le persone più anziane, complice anche la difficoltà, nei giorni delle festività, a reperire i medici di famiglia.
In vista del previsto ulteriore aumento dei casi, l’invito è dunque quello a non intasare inutilmente gli ospedali: è importante recarsi al Pronto soccorso solo in presenza di evidenti difficoltà respiratorie o in situazioni particolari.
Inoltre l’intasamento delle strutture di emergenza, con la conseguente lunga sosta in ambienti chiusi, favorisce la diffusione rapida del virus influenzale; pertanto e’ consigliabile chiamare immediatamente l’ambulanza o farsi accompagnare subito in pronto soccorso in presenza di questi sintomi: difficoltà a respirare o fiato corto, dolore o senso di costrizione a livello del torace o dell’addome, vertigini improvvise, stato confusionale, vomito prolungato o abbondante, febbre alta che non scende nemmeno assumendo paracetamolo (Tachipirina® o equivalenti) e, nel caso dei bimbi, se il piccolo si muove meno del solito, o non si muove.
Per prevenire l’influenza occorre osservare regole comportamentali personali e comunitarie, che eviteranno la diffusione dei virus: lavarsi spesso le mani, utilizzando, in assenza di acqua, gel alcolici, munirsi di fazzoletti senza disseminarli ovunque dopo averli utilizzati, non scambiare con nessuno bottiglie d’acqua o stoviglie; evitare ambienti chiusi o promiscui, in particolar modo quelli privi di una corretta areazione, evitare sbalzi di temperatura; coprirsi la bocca e il naso nello starnutire o nel tossire; indossare mascherine in ambienti sanitari o affollati, favorire il ricambio d’aria negli ambienti, evitare il contatto ravvicinato con persone infette. Chi si ammala di influenza, dovrebbe rimanere volontariamente isolato per tutto il decorso della malattia, in modo da evitare la diffusione del contagio.
Questo vale soprattutto per i bambini che a scuola vivono in una condizione di promiscuità in cui la trasmissione del virus è semplicissima; facilitata anche dalla ridotta cognizione del rischio che i piccoli hanno rispetto alla malattia e alla sua diffusione.
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