IL TAR SBLOCCA I LAVORI PER LA “MESSA IN SICUREZZA” DEL CIOLO / VIGILARE CONTRO OGNI POSSIBILE SPECULAZIONE
Una nuova sentenza del Tar consentirà l’inizio dei lavori di messa in sicurezza del Ciolo (sarebbero dovuti iniziare a settembre, come mi aveva riferito il sindaco di Gagliano del Capo Antonio Buccarello nel corso di una intervista verso la fine di agosto) perché il parere di veto della soprintendenza, secondo il tribunale amministrativo, era giunto in ritardo.
Una vicenda che si trascina ormai dal 2008.
Per chi non conosce gli antefatti della contesa, noi di leccecronaca, che cerchiamo sempre l’ approfondimento e la documentazione, forniamo un breve resoconto di questa storia travagliata, iniziata quando, nel 2008, alcuni tecnici del comune di Gagliano del Capo (nella cui amministrazione ricade uno tratti di costa più suggestivi del nostro territorio, in ogni caso il solo esempio di canyon naturale presente da noi) segnalarono alle autorità di bacino alcuni costoni fratturati.
In seguito a tale segnalazione il Ciolo (nella foto) venne inserito nel PAI (piano di assetto idrogeologico) ricevendo un primo finanziamento di 500.000 euro da parte della Regione Puglia, a cui si aggiunse un altro finanziamento di 1 milione di euro da parte del CIPE, attinti dal fondo per la protezione delle coste alte.
Appena la notizia cominciò a diffondersi alcune associazioni ambientaliste e cittadini di Gagliano presentarono un esposto alla Procura della Repubblica che immediatamente aprì un fascicolo contro ignoti per falsità ideologica e deturpamento di bellezze naturali.
Sullo sfondo di questa che sembrava una battaglia ambientale ovvio che si inserisse la solita guerra politica fra amministrazione comunale e opposizione.
Sulla carta i lavori in questione prevedono la perforazione con ben 1817 buchi nella roccia ai quali verranno assicurate delle reti metalliche che imbriglieranno 4,7 chilometri di costone.
E insomma, che le preoccupazioni per il probabile deturpamento della bellezza del Ciolo siano fondate è evidente, come è anche evidente che qualche problema in qualche punto quegli spuntoni di roccia lo presentino per la sicurezza di turisti e bagnanti, anche se stando alla perizia di un esperto di geologia dell’università del Salento quelle rocce sono li dall’epoca cretacica senza mai essere crollati.
Ma nei panni di un pubblico amministratore, chi rischierebbe un avviso di garanzia se malauguratamente, non una tragedia con morti, ma una semplice scalfittura provocata da un piccolo ciottolo distaccatosi dalle pareti del Ciolo si dovesse verificare?
Il motivo di scontro fra maggioranza e opposizione sulla questione Ciolo comunque non verte sulla necessità di effettuare alcuni lavori in qualche punto, ma sulle modalità di esecuzione dei medesimi. La mobilitazione della opposizione, al di la della naturale dinamica di scontro politico, era orientata verso l’acquisizione di possibili alternative di intervento e alla mancanza di dialettica con la maggioranza sulla possibilità di avere ulteriori approfondimenti sulla questione.
Sorge però spontanea qualche domanda sul problema: prima dell’ultima stagione balneare al Ciolo erano presenti dei cartelli che indicavano il pericolo di crolli e vietavano la balneazione; se si intendeva salvaguardare la sicurezza delle persone, come mai gli stessi cartelli furono rimossi appena la stagione balneare ebbe inizio?
Seconda domanda: in questi lavori, che prevedono una spesa di circa due milioni di euro, potrebbero inserirsi interessi di gruppi interessati, gruppi per cui la legge è un optional; è noto infatti che molto spesso i gruppi criminali riescono ad infiltrarsi in aziende sane, nel senso che solitamente esercitano pressioni e intimidazioni che potrebbero portare a chiedersi poi se i lavori eseguiti siano effettivamente corrispondenti ai costi; e in questa eventualità chi controlla?
Ormai siamo abituati a ponti e strade che crollano, e a tante altre speculazioni, e la domanda mi pare più che mai pertinente.
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