IL NOSTRO DIRETTORE SCRIVE AL PROFESSORE SALENTINO DANIELE MANNI CHE OGGI HA INDIRIZZATO UNA LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO MATTEO RENZI
Egregio Daniele Manni,
abbiamo ricevuto oggi per conoscenza la Sua lettera aperta al presidente del consiglio, che volentieri abbiamo ospitato su leccecronaca.it
Mi sia consentito ora però, a margine, commentare pubblicamente la Sua iniziativa.
Ha fatto bene a sfruttare “il quarto d’ora di celebrità” che Le è toccato in sorte, del resto, a quanto ho appreso riguardo al Suo operato, meritatissimo, anzi, stravolgendo Andy Wharol, gliene auguro altri, a ore intere.
Ritengo altresì sacrosanta la richiesta di un trattamento economico migliore per i docenti da Lei avanzata, che io estenderei a tutto il pubblico impiego, il più penalizzato, e non solamente dal punto di vista economico, ma pure nella considerazione generale, dalle politiche degli ultimi anni e degli ultimi mesi di tutti i governi che si sono nel frattempo succeduti, in ultimo ma non per ultimo questo attuale, a tal punto che oggi in Italia non esiste più quel ceto medio che fino a qualche decennio fa le assicurava stabilità, dignità e decoro.
Ma Lei crede davvero che dalle promesse, dalle anticipazioni, dagli slide, Matteo Renzi sia capace di passare ai fatti, alle realizzazioni, ai contenuti?
Non ha visto in che cosa si sono concretizzate tutte le così dette “riforme” finora varate? In un nulla sostanziale, in una metamorfosi gattopardiana, in un oggettivo peggioramento di tutto quello cui ha messo mano, constato io.
E a proposito di soldi, non ritiene che il premier ci abbia già preso tutti abbondantemente per il culo con la storia degli ottanta euro?
Mi ha deluso, professore, non me ne voglia se glielo dico.
Da Lei mi sarei aspettato ben altro, e comunque anche di diverso dal “buonismo” alla fabiofazio maniera, che peraltro, me ne rendo conto, il suo destinatario avrà gradito.
Una rivendicazione di radicale rinnovamento dell’ intero sistema, e non per Lei, ma per i suoi, i nostri, ragazzi, destinati alla disoccupazione, alla marginalità, nel migliore dei casi al precariato vita natural durante, questo mi sarei aspettato, quaesivi et non inveni nella Sua lettera aperta.
Poco meno di cinquant’ anni fa, i ragazzi di un prete di campagna scrissero una “lettera a una professoressa” in cui definivano la scuola di allora “un ‘ospedale che cura i sani e respinge i malati”. Beh, oggi quell’ ospedale si è trasformato in una camera mortuaria, per tutti, o quasi tutti gli altri. I ricchi sempre più ricchi tanto vanno a studiare all’ estero, o nelle circuiti dell’ establishment economico – finanziario, o si limitano semplicemente a comprare i titoli di studio dagli istituti privati, tanto per appenderli nei loro salotti buoni, con la rendita assicurata dai loro genitori privilegiati dal sistema della casta.
A proposito – un’ altra delusione – nel suo appello manca del tutto la rivendicazione economica a favore della scuola pubblica intera, pesantemente penalizzata, ridotta a parcheggio degli esclusi, a favore della scuola privata, cioè quella dei privilegiati a vario titolo, per la quale invece i soldi si trovano sempre.
A questi suoi / nostri ragazzi, il sistema scolastico, ridotto a un azienda, per di più sgangherata, per la logica stessa di simili operazioni, come gli ospedali, come gli enti essenziali per una comunità civile degna di questa qualifica, e quindi svuotata del senso stesSo della sua missione, oramai nega anche la speranza.
Ma che cosa è la cultura, se non la possibilità di progettare il futuro?
Che cosa il sapere, se non la convinzione che ribellarsi è giusto?
Che cosa la conoscenza, se non la consapevolezza che un mondo migliore è possibile?
Le insegna Lei, professore, queste cose, ai suoi / nostri ragazzi?
Con ciò non me ne voglia
Cordialmente
Giuseppe Puppo
Category: Costume e società
Caro Direttore, condivido per intero quanto da Lei scritto, a parte un punto quando Lei scrive:
“sacrosanta la richiesta di un trattamento economico migliore per i docenti da Lei avanzata, che io estenderei a tutto il pubblico impiego…”
Nel pubblico impiego si annidano i nulla facenti, pubblico impiego è la burocrazia, vero e proprio cancro del nostro paese. Pubblico impiego sono i vigili che per capodanno 80% si danno malati, pubblico impiego è l’ingegnere della Provincia che nonostante sia sotto accusa per aver in concorso con altri truccato un bando, è lì al suo posto e percepisce 10.000 euro al mese.
Tutto giusto quanto da Lei scritto Direttore…a parte quell’estensione a tutto il pubblico impiego.
La scuola, gli insegnanti, sono un’altra cosa, e non possiamo confondere chi fa un lavoro, non importante, ma fondamentale per il futuro dei giovani, con quello di tanti passacarte, o peggio di tanti che le carte le nascondono e le tirano fuori solo dopo aver ricevuto la solita bustarella.
Ognuno di noi nel proprio cuore conserva il ricordo di insegnamenti, i consigli di almeno un professore, per non parlare delle scelte di vita che avolte abbiamo compiuto grazie alle parole di un particolare professore.
La ringrazio per lo spazio… e La prego, non me ne voglia.
Un’insegnante.