Giuseppina Marzia e Antonio Quarta / DUE PICCOLE STORIE DI GRANDE INGIUSTIZIA
(g.p.) Due piccole storie di ordinaria ingiustizia, due buchi neri nell’anima di tutti noi, perché nessuno si senta escluso, nessuno dica – e io che c’entro? – nessuno si lavi la coscienza con l’alibi dell’impossibilità ad agire, nessuno intoni il ritornello del tanto il mondo non lo cambi.
Lasciamoli ai politici che ci governano e ci amministrano i giochi dello scaricabarile e delle tre carte.
Pensiamoci, quanto meno, per un momento di doverosa condivisione, nel grigio tran tran di fretta, egoismo e disperazione cui è scivolata buona parte della nostra esistenza, per prendere consapevolezza di quanto cambia nel male e in peggio, pagina dopo pagina scura della nostra vita.
Se le istituzioni danno 290 euro al mese che non bastano nemmeno a pagare le medicine di cui hanno bisogno, figurarsi per tutto il resto, agli invalidi civili al cento per cento.
Se rimangono insensibili, indifferenti, di fronte ai drammi famigliari che quotidianamente si consumano, proprio mentre continuano a cianciare di centralità e sacralità della famiglia.
Se la casta dei politicanti, dei lobbysti, degli affaristi, dei privilegiati, da un lato, accumula e si arricchisce, mentre il ceto medio è scomparso e cresce a dismisura la percentuale della gente che sprofonda nel baratro delle vecchie e nuove povertà.
Se authority, difensori civici, commissioni e commissari son capaci solamente di fare tavoli di concertazione e tavole rotonde e quadrate…
Beh, evidentemente c’è qualcosa che non va, in tutto questo che abbiamo favorito e accettato, e perciò ne siamo tutti complici.
Due piccole storie ignobili di questa società che sempre meno ci piace e di cui sempre più ci dovremmo vergognare.
Due piccole storie di grande ingiustizia.
La prima è quella di Giuseppina Marzia, una donna di 57 anni, affetta da una rara patologia denominata “sensibilità chimica multipla” che, sviluppandole tutta una serie di intolleranze, le ha fatto perdere l’attività commerciale che aveva e tutti i beni mobili e immobili in suo possesso, venduti per affrontare le cure necessarie.
Ora vive, vive si fa per dire, con la pensione di 281 euro al mese, mentre non è neppure il caso di ricordare le pensione di decine di migliaia e migliaia di euro che prendono i privilegiati della casta, dagli ex politici, ai burocrati in servizio permanente effettivo; gli sperperi nella sanità; i finanziamenti pubblici ai partiti, ai sindacati, ai giornali e potemmo continuare a lungo, voi sapete del resto tutto meglio di me.
Non ha più la sua dignità, che pure rivendica.
L’ha fatto oggi mettendosi un cartello al collo, sostando impavida per la strada e iniziando uno sciopero della fame.
La seconda è quella di Antonio Quarta, un padre di famiglia, che ha avuto una bolletta del gas da 3000 euro, e un’ingiunzione da Equitalia da 1300 per la tassa rifiuti.
E sì, queste bollette esose degli enti privatizzati e lottizzati dai politicanti, che rendono la vita impossibile alla stragrande maggioranza di tutti noi; queste ingiunzione usuraie della famigerata Equitalia, sempre la stessa genesi, sempre la stessa matrice, che si è trasformata in un incubo quotidiano per tanti: e ogni volta che bussa il postino, bussa sempre due volte e ogni volta è un’altra mazzata, che ci intontisce e ci fa chiedere come sia stato possibile ridursi così.
Però in più Antonio Quarta ha due figli piccoli, Sergio e Marco, fratelli gemelli colpiti da una terribile malattia e costretti a letto, attaccati ad un respiratore (nella foto).
Non possono parlare, per comunicare usano un apparecchio speciale. Oggi, venuti a conoscenza delle ultime difficoltà famigliari, hanno fatto sapere di essere anch’essi esasperati e hanno espresso la ferma volontà di staccare il respiratore e di lasciarsi morire, se qualcuno non aiuterà in qualche modo il loro papà che non riesce a far fronte ai debiti.
Tutto questo non arriva da lontano, dalle periferie del quarto mondo, dai ghetti metropolitani dell’emarginazione; tutto questo è avvenuto oggi, lunedì 10 novembre, anno di grazia 2014, nella civile, quanto frettolosa, superficiale ed egoistica Lecce, ex città candidata a capitale europea ella cultura, ora però candidata ufficiale a capitale mondiale dell’esclusione e dell’emarginazione.
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