DOPO LA VITTORIA DI MATERA / LA FINE DELL’UTOPIA
di Giuseppe Puppo ___________
Congratulazioni e auguri a Matera, alla Basilicata, anzi, alla Lucania tutta: che la vittoria nella gara per la corsa a “capitale della cultura europea 2019” sia una grande occasione di crescita e di promozione del loro territorio, caro, fra gli altri, a Pier Paolo Pasolini, che, al solito profetico, per primo lo apprezzò e si batté per la sua scoperta e la sua valorizzazione,quando vi girò il monumentale “Vangelo secondo Matteo”, nel lontano 1964.
Detto ciò in primis, ci tocca ora subito dare conto delle reazioni dei politici che stanno arrivando in redazione: le troverete nei “commenti” postati dalla nostra redazione in coda al “lancio” intitolato MATERA.
Ma soprattutto commenti a caldo stanno inondando i social network in questi minuti. Chiediamo scusa agli autori se, per non appesantire il testo, ne omettiamo il nome.
La maggior parte sono di mature e doverose congratulazioni alla città dei Sassi, con tanta simpatia, e riconoscimenti del merito, il che fa onore ai Leccesi, a parte qualche boutade del tutto fuori luogo, e qualche esercizio di spirito che comunque rientra nello nel nostro dna e che sarebbe stato esercitato anche in caso di risultato per noi positivo.
Non mancano però le critiche, sempre a caldo, nello stile sintetico e lapidario dei social: non si pulisce la città solo quando vengono i commissari europei; la festa è stata una pratica di “lecchinaggio” indecente; la cultura è gestita con metodi clientelari e ruffianeschi, con la logica degli amici degli amici, e concetti simili.
Appaiono anche più lunghe e dettagliate analisi dei comportamenti avuti dai nostri promotori proprio nella forse decisiva giornata della visita dei membri della commissione, quando – e non sono piaciuti – abbiamo dimostrato imbellettamento forzoso e qualche caduta di stile più da baraccone che da manifestazione culturale, del resto in linea con le tante notti bianche e nere organizzate nel Salento questa estate, pericolosamente in bilico, nella logica della spettacolarizzazione a tutti i costi, fra contenuti seri e frivole esibizioni.
Alcuni, infine, sottolineano come ci si sia approcciati alla destinazione dei fondi con la grazia di un elefante fra i cristalli, pronti con malcelata avidità a tutta una serie di ripartizioni, destinazioni e appropriazioni.
Quanto a noi di leccecronaca.it, quanto a me che ne ho la responsabilità, con la redazione tutta voglio qui ringraziare tutti coloro i quali, certo, a modo loro, ognuno come sapeva e poteva, si è dato da fare, per una vittoria che non c’è stata.
Non c’è stata e non è un caso, anche perché poi niente avviene mai per caso.
Ma non mi piace infierire adesso sugli sconfitti: così come non li avrei esaltati se avessero vinto, non li condanno adesso che hanno perso, anche perché con essi abbiamo perso io, tu, noi, tutti.
Non voglio però con ciò sottrarmi dal doveroso commento, ma quello che avevo da dire sulla cultura a Lecce, sulle logiche partitocratiche e di sistema imperanti, sull’affarismo connaturato, sulla mancanza di sostanza e sul pressappochismo dei responsabili, l’ho già detto più volte e in tempi non sospetti, a cominciare da quando, un anno e mezzo fa, già al secondo appuntamento comunitario, convocato insieme ad altri esterrefatti intellettuali ed artisti, con Paolo Perrone e il suo profeta Airan Berg, me ne andai, senza più tornarvi, subito stanco di alzare le mani in segno di giubilo motivazionale, come a una convention di Mediaset e di compilare astrusi questionari da test didascalico.
Se un senso dobbiamo e vogliamo trovare in tutto questo, infine, sta nella considerazione che la cultura non si ama per le vetrine che consente, per i riflettori che illumina, per i soldi che permette di ricevere e stanziare a piacimento, per le conferenze – stampa che consente di organizzare buone a mettersi in mostra, per le cordate che aiuta a consolidare.
La cultura si ama e basta, in profondità, per i valori che sottende, per le motivazioni che regala, per le emozioni che fa condividere.
La cultura non si improvvisa, poi, soprattutto.
E se ricominciassimo con il “recuperare” Carmelo Bene, il nostro artista più rappresentativo, studiato e apprezzato in tutto il mondo, del quale non c’è stata traccia nel così detto “pacchetto” di candidatura? E per il quale la Città è stata capace solamente di intitolare una “piazza” che nessuno sa dove sia e tutti continuano a chiamare ex Foro Boario?
E’ solo un esempio, ce ne sarebbero tanti altri: abbiamo preferito invece pagare e osannare un regista turco, mai più visto e tanto meno in questo momento decisivo, che nei suoi film ha dato un’immagine di una Lecce pettegola e sessuofobica, da paesone arretrato e retrogrado, esistente solamente nella sua “ispirazione”.
La cultura non si improvvisa, e necessita di spessore e di qualità.
La cultura va gestita dagli intellettuali e dagli artisti, capaci di uscire da torri di avorio e orticelli conchiusi, comunque non dai politici.
Solamente in questi modi la cultura fa crescere una comunità, anzi la crea e la rigenera.
Un’utopia? Sì, ma vera, non quella artatamente considerata nel suo progetto da Airan Berg, senza costrutto.
Gli/ ci dedichiamo, per consolarci dell’amarezza di fondo che comunque ci pervade in questo momento, una citazione preziosa, un passo dello scrittore uruguaiano Eduardo Galeano: “Lei è all’orizzonte. […] Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare”.( Parole in cammino, Sperling & Kupfer, Milano, 2006).
Rimettiamoci in marcia, dunque, ma per strade nuove.
Category: Cultura
“La cultura si ama e basta, in profondità, per i valori che sottende, per le motivazioni che regala, per le emozioni che fa condividere. La cultura non si improvvisa, poi, soprattutto.”
Non è possibile aggiungere altro… Grazie Giuseppe e complimenti.
condivido e mi congratulo per l’obiettività e l’equilibrio.