CHE COS’E’ LA XYELELLA FASTIDIOSA
Una misteriosa malattia ha recentemente colpito gli olivi pugliesi del Salento, purtroppo spesso con esito infausto e quindi con la morte di molte piante. Secondo alcuni articoli di quotidiani locali, la grave fitopatia sarebbe riconducibile ad un patogeno, Xylella fastidiosa, finora mai segnalato in Italia, quale agente patogeno della malattia che in America è denominata “malattia di Pierce”, dal nome del ricercatore che l’ha studiata. Si riferiva dell’America perché in letteratura si riportano attacchi di questo patogeno essenzialmente in quel continente: negli U.S.A. (specialmente in California e Florida) su vite, pesco, susino, acero, quercia, oleandro ed altre specie arboree oltre che su numerose specie erbacee; in sud America (Brasile, Messico, Venezuela ed altri Paesi) su agrumi, mandorlo ed altre specie. In Europa era stato segnalato qualche caso della malattia in Francia su vite. Non risultavano fino ad oggi segnalazioni e danni su olivo.
La sintomatologia iniziale della batteriosi riguarda uningiallimento fogliare, dovuto a disidratazione, visibile anche a distanza, seguito da una rilevante filloptosi ed un deperimento generale della pianta. Negli anni successivi gli stessi sintomi si ripetono fino alla morte della pianta stessa, che avviene nel giro di 1-5 anni. Con riferimento ai sintomi, in pratica si tratta di un decorso simile alla verticilliosi e per questa patologia scambiata in Salento, sebbene gli attacchi di Verticillium su piante adulte, o addirittura secolari, non danno quasi mai esito mortale. Ciò è dovuto alla circostanza che il batterio abita, come il fungo della verticilliosi, nello xilema, quindi con il meccanismo di ostruzione dei vasi ascendenti che “alimentano” la parte aerea della pianta.
Xylella fastidiosa è un batterio gram negativo, a crescita lenta, isolato e descritto negli U.S.A. da Pierce nel 1987. Esso è stato trovato in uno stato latente, e quindi in forma asintomatica, in molte piante, specialmente erbacee, piante che fungono da inoculo per insetti vettori. Infatti anche in questo caso è presumibile sia introdotto da un vettore, probabilmente la cicalina Homolodisca vitripennis o Cicadella viridis o altri Cicadellidae, attraverso le punture effettuate per nutrirsi. Di questo batterio sono stati descritti diversi ceppi con altrettanti livelli di virulenza, spesso specifici in relazione alla specie che attaccano. In riferimento all’identificazione e quindi alla diagnosi, si utilizza il protocollo PCR Real-time con un set di primer specifici. Circa la resistenza delle specie e dei genotipi, poche sono le informazioni esistenti. In letteratura sono segnalati solo pochi casi di resistenza per alcune cultivar di vite, per tutte le altre specie per i vari genotipi si presuppone una suscettibilità più o meno pronunciata.
Le lotta contro questa “fastidiosa” (di nome e di fatto) batteriosi appare ardua, perché, come è noto, in Italia non è consentito l’uso di antibiotici in agricoltura su larga scala e anche per la difficoltà di raggiungere i batteri all’interno dei vasi xilematici (come per la verticilliosi). Si potrebbe utilmente ipotizzare un controllo vettoriale mediante lotta ai cicadellidi autoctone dell’ecosistema di riferimento, ma questa pratica presenterebbe non pochi problemi, di varia natura, ma principalmente di salvaguardia ambientale in relazione alla biocenosi complessiva se si ricorresse a trattamenti chimici. Negli U.S.A, in laboratorio, sono state efficacemente saggiate tecniche di trattamento termico, con esposizione di popolazioni batteriche a temperature cumulative di molte ore a -5 gradi C. Nell’ambito degli stessi esperimenti, in un programma di simulazione al computer (CLIMEX), Hoddle (2004) ha concluso che lo stress da freddo evita la manifestazione della malattia seppur in presenza del batterio, ma se ne comprende subito la impossibilità di applicazione in campo. Semmai ciò aiuta a capire come la epidemiologia della malattia sia in stretta correlazione con le temperature sempre miti degli areali del Salento. Sempre negli U.S.A. si segnalano avviati programmi di ricerca tendenti a verificare fonti di resistenza genetica nelle specie attaccate e per esse nelle varie cultivar, specialmente in relazione alla vite. Da queste ricerche potranno giungere interessanti informazioni e pertanto sarebbe auspicabile che anche in Italia ciò avvenisse per l’olivo.
Comunque nello specifico della situazione salentina, e più in generale italiana, si auspicano la immediata messa in atto di misure preventive e di profilassi in grado di limitare la diffusione del patogeno, a partire da severi controlli sul materiale di propagazione (marze eventualmente infette) e poi con controlli fitosanitari delle piante infette e conseguenti pratiche di “pulizia” (eliminazione di piante o parti di esse con successiva bruciatura del materiale). Anche una buona condizione di nutrizione e di equilibrio vegetativo della piante potrebbe rappresentare un ostacolo all’infezione. Sicuramente le condizioni climatiche esercitano un ruolo enormemente importante nella epidemiologia della malattia e perciò dobbiamo considerare Xylella fastidiosacome una grave minaccia emergente per l’olivicoltura italiana e mediterranea.
di Nino Iannotta
pubblicato il 23 ottobre 2013 in Strettamente Tecnico > L’arca olearia
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