LA MARINA E LA CORAZZATA ROMA
Sempre rispetto per i Caduti, ci mancherebbe. Ma si poteva trovare un episodio “più onorevole” per celebrare “tutti”. La corazzata Roma, quel lontano 9 settembre 1943, andava ad arrendersi vergognosamente agli inglesi a Malta. Senza aver sparato un sol colpo dei suoi poderosi e modernissimi cannoni in difesa della Sicilia invasa dagli alleati. Come del resto fecero la flotta intera e pure i cannoni delle imponenti piazzeforti di Pantelleria, Lampedusa ed Augusta affidate, guarda caso, ad ammiragli. Tutto mentre soldati italiani combattevano e morivano facendo il proprio dovere. La Marina Italiana, nata sul tradimento di quella del Regno delle Due Sicilie, ha poco da gloriarsi per il comportamento degli ammiragli di Supermarina. Molto per quello di tanti altri marinai inviati al macello consapevole.
Vincenzo Mannello
E ecco un altro punto di vista
CELEBRATA LA CORAZZATA ROMA
L’associazione culturale “Fischia il Vento” ha, fra gli scopi statutari, la ricerca e la divulgazione della verità storica in merito ad ogni aspetto della Resistenza che, ricordiamo sempre, non fu opera soltanto di una parte politica di quelle allora in campo contro il fascismo ed il nazismo. Molti atti di eroismo e di dedizione estrema alla causa della libertà, fino al sacrificio della propria vita, vennero da persone non politicizzate o comunque non aderenti ad alcun partito. Molti, fra questi, furono i militari di ogni grado, che si rifiutarono di consegnare le armi, e sé stessi, all’esercito tedesco, visto immediatamente, dopo l’8 settembre, come esercito di occupazione.
È proprio in quest’ottica che si vuole qui riproporre il tragico epilogo della corazzata Roma, una delle migliori navi da guerra a livello mondiale per l’epoca, il cui ammiraglio, Carlo Bergamini, sacrificò la sua vita, insieme ad altri 1532 uomini dell’equipaggio, nel tentativo, purtroppo vano, di evitare che la nave cadesse in mano dei tedeschi.
Accadeva il 9 settembre ’43; alla memoria dell’ammiraglio Bergamini fu conferita la PRIMA medaglia d’oro della guerra di liberazione, anche in segno di riconoscenza verso tutti quei militari che, con il loro comportamento, seppero riscattare l’onore dell’esercito italiano.
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