TUTTI A CASA
A Fiumicino la Nazionale avrà una sola certezza: ricominciare.
Ma come, ancora?
di Alessio Prastano
E’ finita. Anche stavolta nel peggiore dei modi.
Ci si era illusi, probabilmente troppo, dopo la bella prestazione contro un’ Inghilterra tutto sommato non irresistibile. La Nazionale abbassa nuovamente il capo, e torna a casa delusa, amareggiata. Sconfitta.
Questa volta l’orgoglio italiano non è bastato a nascondere incertezze ed errori emersi parecchio tempo prima dello sbarco a Mangaratiba.
Poche idee nella testa di chi voleva mettere in campo un tiki taka 2.0 quando in campo c’era un solo un giocatore su undici capace di creare possesso palla ed inventare. Quel genio dai piedi buoni ha appena terminato la sua carriera in azzurro in maniera anomala, distruttiva, ma forte del titolo tedesco conquistato grazie alla capacità di saper fare gruppo, dimostrando quanto possa valere il tricolore nei momenti di burrasca.
I dubbi hanno accompagnato una Nazionale smarrita, costruita esageratamente su un Balotelli bocciato ancora una volta sul campo, e non dai giornali di cronache rosa. Poco incisivo, Mario. Nonostante la continua fiducia di Prandelli, non è mai riuscito ad essere decisivo, a prendersi le sue responsabilità e comprovare con i fatti di essere cresciuto come calciatore, oltreché come uomo. Il bresciano ha dimostrato ancora una volta di essere un buon talento ma con scarsa intelligenza calcistica.
Anche in questo mondiale non ha saputo essere il Cavani o il Messi di turno per un’Italia che puntava tutto sulla sua fantasia e la sua voglia di esplodere.
La sostituzione a fine primo tempo nella gara con l’Uruguay testimonia il fatto che Balotelli non è ancora super per fare reparto da solo, o per poter trascinare un’intera Nazione verso successi insperati. Non si possono più usare alibi, crollati ormai da tempo: giovane con il forte bisogno di continuare a crescere. Le scusanti lasciano il tempo che trovano, mentre un altro aereo per il rientro anticipato in Patria scalda i motori.
A Fiumicino la Nazionale avrà una sola certezza: ricominciare.
Ma come, ancora?
Avevamo pronunciato lo stesso motto quattro anni fa. Si, abbiamo bisogno nuovamente, per l’ennesima volta, di ricostruire tutto da capo, con un nuovo C.t. Prandelli ha esposto bandiera bianca, rassegnando le sue dimissioni irrevocabili, al netto del rinnovo prima di volare in Brasile.
Non è un uomo che tiene fortemente alla poltrona, Cesare. E’ più che altro un uomo che ha risollevato un gruppo ridotto in macerie dopo il Sud Africa, cercando di dargli una chiara identità di gioco, arrivando cosi a conquistare un meritato secondo posto a Euro 2012 ed un terzo posto nella Confederations dello scorso anno. Sino all’ennesimo crollo.
Se vogliamo affibbiare una colpa al tecnico è quella di essere stato troppo timido, poco coraggioso nelle scelte da compiere.
Magari Cerci meritava più chance di gioco, e probabilmente Cassano è stato l’outsider sbagliato, a discapito di un certo Pepito Rossi beffato sul rush finale nella corsa ai ventitré.
Il buon Cesare ha fatto quel che ha potuto, ma forse avrebbe potuto far di più.
Rimbombano forte in cielo le parole di Buffon o di De Rossi. In campo ci va chi dà veramente, non chi potrebbe dare.
E’ ora di smetterla di dare troppa importanza a rumors e chiacchiericci.
E’ arrivato il momento di voltare l’ennesima pagina della storia del calcio italiano e ricominciare, sul serio.
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