REGINA PACIS…ora pronobis
Riceviamo e volentieri come sempre pubblichiamo.
(ndr)
Ma la retorica buonista e sinistrosa dei poveri migranti, che finiscono nei lager delle associazioni cattoliche, francamente ha fatto il suo tempo. Anche perchè poi lo stesso metro per le associazioni di sinistra, e sono la maggioranza, non viene utilizzato.
Eppure oramia lo sanno tutti i fiumi di denaro che lo stato ha elargito alle associazioni che si occupavano di immigrati.
Erano quelle stesse associazioni che organizzavano conferenze e sit in infarciti di pietismo e di umanitarismo.
In Italia sono stati e sono in tanti a dire “facciamo largo ai migranti con o senza permesso di ingresso”, indipendentemente se sono brave persone o delinquenti o addirittura terroristi, in modo particolore certe associazioni di volontariato.
Associazioni di volontariato a pagamento naturalmente, che si sono arricchite e si arricchiscono grazie ai soldi dei contribuenti, compresi coloro che non vorrebbero che casa loro fosse occupata da tutti gli sbandati del mondo.
E siccome siamo ancora un un paese dove dovrebbe esserci libertà di pensiero e di parola, ognuno dovrebbe poterla pensare come meglio crede, senza essere bollato di razzismo e di xenofobia.
Se vogliamo eliminare il Regina Pacis perchè sorge sulla spiaggia è un conto, se invece vogliamo incriminarla per ragioni o ideologiche allora dovremmo radere al suolo mezza Italia comprese altre strutture in Provincia di Lecce che contendeva al Regina Pacis, i contributi dello stato, strutture tra l’altro della Provincia presieduto da Ria.
Anche perchè la struttura in questione prima di essere, un lager, come la definisce l’amico che ci scrive, è stata utilizzata per un’opera più che meritoria, una colonia estiva dove migliaia di bambini poveri, potevano godersi il mare grazie proprio alle colonie di Roca.
Quindi prima di chiedere la distruzione di quella palazzina, perchè la struttura che andava bene per noi bambini non era all’altezza delle aspettative dei migranti, dovremmo ricordare tutta la storia che l’ha caratterizzata, e non solo l’ultima.
Ed ecco il comunicato.
Nonostante annunciate iniziative imprenditoriali l’ecomostro “Regina Pacis” di San Foca di Melendugno (Lecce) è ancora lì. Ora più che mai si proceda con l’abbattimento
Correva l’aprile 2010 quando lo “Sportello dei Diritti” con una pubblica denuncia chiedeva di ordinare la demolizione di quell’ecomostro noto a tutti con il sacro nome di “Regina Pacis” a San Foca, marina di Melendugno a Lecce, perchè da decenni vera e propria “saracinesca” sul mare ma anche per la sua storia tragica di Centro di Permanenza Temporanea per migranti ed ormai in stato di completo abbandono e decadenza.
In quell’articolo si ricordava che la struttura non solo ostruiva la vista su una parte amena di litorale salentino, ma se ne ribadivano le ragioni dell’abbattimento anche per contribuire a rendere giustizia nei confronti di drammi e tragiche vicende umane, tristezza e dolore di migliaia di vite di migranti che non per loro volontà, da lì sono passate.
A distanza di due anni e per la precisione nel luglio 2012, prendemmo posizione contro un’iniziativa imprenditoriale che avrebbe voluto trasformare quel “lager” in rovina, in albergo di lusso a 5 stelle, 214 posti letto in 50 camere più residenze turistiche, più piscina che lambisce la recinzione, più seminterrato, perchè ritenevamo che la scelta rappresentasse un’offesa che umiliava una memoria storica quasi a voler dimenticare con un “colpo di cemento” in più i gravi errori del passato, come quello di aver consentito l’esistenza e la permanenza sul proprio territorio di una sorta di “campo di concentramento” per migranti, colpevoli, solo di essere in uno stato di clandestinità.
Sono passati altri due anni ed al di là degli annunci, delle promesse d’investimenti, delle proposte, quel “mostro” di cemento è ancora lì, in una condizione di completo e totale abbandono.
Ma, rileva Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, noi non abbiamo dimenticato, e facendo seguito alle sollecitazioni di tanti cittadini ribadiamo, alla luce delle condizioni pessime in cui giace la struttura, fatiscente e pericolosa, come le fotografie che inoltriamo dimostrano, l’unica via maestra in casi come questi non può che essere il definitivo abbattimento.
Troppe ragioni, infatti, tra cui un passato nefasto, ci spingono a ribadire l’accorato appello che rivolgemmo due anni or sono alla curia arcivescovile di Lecce nella persona di Sua Eccellenza Monsignor D’Ambrosio, dell’amministrazione comunale di Melendugno, in quella del sindaco Marco Potì, e alla famiglia Semeraro affinché, diano corso a questo giusto proposito.
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