LIBRO: LE ATROCITA’ PARTIGIANE IN ITALIA di Alberto Fornaciari – 1° PARTE
Sopra: il famigerato «Triangolo della morte», quella porzione di territorio tra le città di Bologna, Sopra: il famigerato «Triangolo della morte», quella porzione di territorio tra le città di Bologna, Reggio Emilia e Ferrara dove fra il 1943 e il 1946 furono barbaramente uccise dai partigiani comunisti 3.976 persone. Emilia e Ferrara dove fra il 1943 e il 1946 furono barbaramente uccise dai partigiani comunisti 3.976 persone. |
Sono ormai trascorsi sessantanove anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Nell’aprile del 1945, finivano ufficialmente le ostilità in Italia, che ne usciva sconfitta, a causa della congiura di palazzo ordita il 25 luglio del 1943 dai componenti il Gran Consiglio del fascismo e il consequenziale tradimento perpetrato da Pietro Badoglio (1871-1956) nel tragico 8 settembre dello stesso anno. Quest’atto provocò la «rottura» dell’Italia in due parti; una, col governo del Sud, si schierò coi nemici di ieri, gli anglo-americani; l’altra, con la Repubblica Sociale Italiana capeggiata da Benito Mussolini (1883-1945), continuò a combattere a fianco della Germania nazista. I fatti narrati in questo libretto sono strettamente collegati con questi avvenimenti; gli italiani, accecati da odî personali e da sete di vendetta, si schierarono con l’una o con l’altra parte in conflitto. La memoria storica attesta che i venti mesi che vanno dal settembre del 1943 all’aprile 1945 furono tra i più oscuri e sanguinosi dell’intera Storia d’Italia. Gli atti di valore, e anche i delitti più efferati, furono da ambo le parti numerosissimi, e lasciarono un triste strascico che si manifestò anche dopo la fine della guerra fino al 1948, costellato da episodi criminosi che insanguinarono le nostre contrade. Il triste ricordo degli eccidî bestiali perpetrati dalle bande comuniste, nel famigerato «Triangolo della morte» in Emilia-Romagna, richiama alla mente gli orrori della guerra fratricida.
Fu quello il tempo di Caino! I comunisti, che ricevevano ordini da Mosca, volevano «bolscevizzare» e scristianizzare l’Italia, e perseguivano l’obiettivo di accorpare il nostro Paese al blocco sovietico. Decine di migliaia di innocenti, colpevoli solo di aver servito con amore un ideale, di avere ricoperto cariche nel passato regime, o semplicemente di portare la veste talare pagarono spesso con la vita. Purtroppo, tutti quei delitti sono fino ad oggi rimasti impuniti. A cinquant’anni da quelle tristi esperienze, auspichiamo che la perversa spirale degli odî e delle vendette sia spezzata per sempre, e venga finalmente stesa una coltre misericordiosa su quelle vicende che costarono tanti lutti e tanto sangue, con la speranza che gli italiani, in attesa del giudizio infallibile di Dio e della Storia, si ricompattino in un ritrovato clima di concordia, di fratellanza e di pace.
PREMESSA
Non sono uno scrittore, non ho velleità e non ho ambizioni di alcun genere; sono solo orgoglioso della libertà che ritengo di possedere e che mi fà parlare di quello che pochi hanno avuto il coraggio di dire sulle terrificanti verità della guerra civile in Italia. Voglio parlare delle vittime, di quelle per le quali non sono state installate lapidi di marmo, non sono stati alzati monumenti alla loro memoria e non sono state dedicate strade, piazze e scuole. Intendo parlare delle vite spezzate dalla ferocia dei partigiani comunisti nella nostra terra emiliana. Dopo l’8 settembre 1943, i comunisti hanno combattuto una loro «guerra privata» con scopi e finalità ben diversi da quelli che avevano animato i partigiani delle altre formazioni antifasciste, applicando, con disumana ferocia, una tecnica della guerra civile che è costata agli italiani e agli stessi antifascisti non comunisti un numero spaventosamente alto di vittime innocenti. Perché ho scritto queste pagine? Non certo per rinfocolare odî e rancori. Sono cattolico credente, cresciuto nell’Azione Cattolica; predico, nel limite delle mie possibilità, il perdono e l’amore. Sono contro tutte le guerre e tutte le violenze, ma credo sia giusto che anche queste vittime siano ricordate; ci sono ancora genitori e figli che piangono i loro cari dei quali era proibito parlare. I giovani non sanno e non hanno visto le barbarie della guerra. Ho parlato con un insegnante di cultura civica; insegna in una scuola professionale ed è dirigente di partito. È nato dopo la guerra, e non conosce, se non in parte, i fatti accaduti in quel periodo doloroso. Non ha avuto materiale per documentarsi; i tanti libri scritti sulla guerra civile sono di parte, distorcono la verità e tacciono su tanti episodi. Visione e interpretazione dei fatti sono solo di ispirazione partigiana. Debbo dare atto al senatore Giorgio Pisanò (1924-1997), che pur essendosi trovato dalla parte che ha perduto, nella sua Storia della guerra civile in Italia (1943-1945), presenta, elenca e documenta i fatti e i misfatti compiuti da entrambe le parti in lotta; credo sia uno dei pochi, se non l’unico in Italia, ad averlo fatto. A questa sua fatica attingerò in parte per il mio modesto lavoro. Sul mio tavolo ho il libro dell’On. Franca Gorrieri intitolatoLa resistenza nella bassa modenese; quello di Sara Prati e Giorgio Rinaldi Quando eravamo i ribelli; Il tempo di decidere, diIlva Vaccari. Dalla lettura di questi testi si ricava che i protagonisti di una parte sono tutti vittime o eroi, mentre gli altri tutti delinquenti e assassini. In Il tempo di decidere della Vaccari, si parla ampiamente dei rapporti tra il clero e la Resistenza e si annotano scrupolosamente anche piccoli particolari di poca importanza, ma non ho trovato neppure un accenno ai sacerdoti modenesi seviziati e uccisi barbaramente dai partigiani comunisti.
Da sinistra: l’On. Giorgio Pisanò, La resistenza nella bassa modenese, di Franca Gorrieri e Il tempo di decidere, di Ilva Vaccari.
È bene precisare
Prima di ricordare episodi dolorosi, messi sotto silenzio, accaduti in Emilia, di alcuni dei quali ho conosciuto personalmente i protagonisti o parlato con i parenti delle vittime, ritengo opportuno precisare alcuni dati di carattere generale falsati dalla propaganda dei regimi succedutisi dalla fine della guerra; tutte le menzogne e tutte le falsificazioni hanno trovato diritto di cittadinanza. La verità sulla guerra civile in Italia, che gli italiani hanno il diritto di conoscere, comincia ad apparire in parte solo ora, a quarant’anni dalla data dei tragici avvenimenti. Il partigianismo non fu un «movimento di popolo», sorto a contrastare la violenza di un pugno di sanguinari oppressori; va subito detto che i partiti antifascisti non-comunisti manifestarono solo molto di rado la loro presenza attiva, mentre il Partito Comunista fu il vero protagonista. Furono i comunisti a provocare la scintilla che fece esplodere in modo incontenibile la tragedia della guerra civile. Alla R.S.I. aderirono più di 1.200.000 italiani, ai quali bisogna aggiungere tutti coloro che, fuori dal territorio della R.S.I., restarono fedeli dopo l’8 settembre a Mussolini. I partigiani non superavano, invece, anche nei momenti di maggiore sviluppo del movimento, le 100.000 unità; difficile, quindi, considerate le cifre, parlare di un popolo che insorge per quanto riguarda il fenomeno partigiano. I comunisti imposero la loro presenza alle popolazioni usando l’arma del terrore; essi rappresentavano l’80% della forza partigiana; il restante 20% apparteneva a formazioni autonome o di altri partiti. Ogni attentato effettuato dai partigiani contro le truppe tedesche, oltre a non mutare la situazione bellica, e quindi inutile a questo scopo, portava quasi sempre a brutali rappresaglie da parte dei tedeschi; chi ne subiva le conseguenze era la popolazione civile. I tedeschi, ormai in rotta su tutti i fronti, si erano trasformati in barbari e belve, ma non avrebbero fatto nulla senza l’inutile provocazione dei partigiani; quindi, anche i partigiani sono colpevoli, almeno moralmente, degli eccedî compiuti dalle forze militari germaniche. Debbo aggiungere che anche dalle nostre parti i partigiani erano soliti sparare e poi sparire, lasciando la popolazione inerme a subire le conseguenze della loro sconsiderata azione. La strada dei comunismo è lastricata da decine e decine di milioni di cadaveri; anche ora, dove arriva, porta lutti e rovine.
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