LIBRI: STORIA DEI PRETI UCCISI DAI PARTIGIANI

| 27 Aprile 2014 | 0 Comments

Alla fine dell’articolo un lungo elenco di sacerdoti assassinati.

Una pagina rimossa della nostra storia.
Centinaia di cattolici, sacerdoti e laici, uccisi dai partigiani comunisti nell’immediato dopoguerra. In odio alla fede e alla Chiesa.

I testimoni tacciono. I libri di testo nascondono la verità. Viltà, paura o complicità?

Una delle accuse più squalificanti che possano essere rivolte a chi si occupa di storia è senz’altro — nell’attuale temperie culturale — quella di essere revisionista: che equivale quanto meno a impudente falsario o a spericolato negatore di verità conclamate e di tesi pacificamente ammesse dalla gente che conta.

Uno storico vero dovrebbe invece essere revisionista per definizione, perché il passato è sempre suscettibile di una pluralità di letture, e la valutazione dei fatti, per essere il più possibile serena, va sgombrata da pregiudizi ideologici e luoghi comuni non verificati. Il revisionismo, insomma, dovrebbe essere strumento ordinario di lavoro per uno storico, se non altro per evitare il formarsi di miti e leggende che piano piano finiscono per sovrapporsi alla verità dei fatti.

Ora, una delle mitologie più solide, in Italia, nell’ultimo cinquantennio è certamente quella che riguarda la Resistenza: della quale è intoccabile la sacralità e incrollabile il giudizio totalmente positivo, Il che spiega come, mentre molto si sa dei crimini commessi dai nazisti (e che nessuno vuole naturalmente sminuire), manchino invece del tutto studi approfonditi sui crimini commessi dai partigiani in alta Italia, e soprattutto in Emilia Romagna, nel cosiddetto Triangolo della Morte.

Eppure anche un Giorgio Bocca, certo insospettabile di voler “gonfiare” le cifre, calcola in 12-15.000 il numero dei “giustiziati” dai partigiani. Diciamo subito che il termine “giustiziati” usato da Bocca non appare esatto, perché fra gli uccisi ci sono certamente molti fascisti, ma ancor di più ci sono persone eliminate per ragioni che con la politica avevano poco o nulla a che tare (si pensi, per stare alla realtà, ai sette fratelli Govoni – uno solo dei quali era qualificabile come fascista, e di cui l’ultima, lda, ventenne, era madre di una bimba di pochi mesi – trucidati ad Argelato l’11 maggio 1945, i cui corpi verranno trovati solo nel ‘51; oppure, per passare alla poesia, che spesso interpreta i fatti in modo più efficace della pura cronaca, al bellissimo racconto di Guareschi intitolato Due mani benedette).

Ma quello che qui ci interessa è sottolineare il fatto che fra questi morti ammazzati elevatissimo è il numero di cattolici, uccisi proprio in quanto cattolici, ossia perché incarnavano — agli occhi sia dei nazisti sia dei partigiani comunisti —quella tragica figura del “nemico oggettivo” di cui le rivoluzioni hanno assoluto bisogno per sopravvivere.

 

Di queste vittime restano dei nomi, delle date, e poco più.

Perfino Il secolo del martirio, il bel libro di Andrea Riccardi di cui si è già parlato su queste pagine, nulla dice in proposito: di questi veri martiri della fede si rischia di perdere anche la memoria, se non ci si deciderà a tentare, e presto, qualche ricerca approfondita. Eppure sono tanti: solo in Emilia Romagna sono 92 i sacerdoti e seminaristi caduti per mano dei partigiani e su L’Osservatore Romano del 1° novembre 1995 Luciano Bergonzoni ne elenca i nomi, insieme a quelli di tanti altri, vittime della ferocia nazista.

Sempre nel ‘95, il card. Biffi ha promosso una serie di celebrazioni commemorative, nelle parrocchie della diocesi di Bologna, dei sembravano socialmente sacerdoti uccisi prima e avanzate ed erano soltanto dopo la Liberazione, affermando che “questa impressionante serie di crimini dice che c’era a quel tempo il piano di impadronirsi politicamente della nostra società attraverso l’intimidazione della gente”; proseguiva ribadendo il dovere del ricordo e della riconoscenza nei confronti di chi ha sacrificato la vita per ottenerci “il dono di un lungo periodo di prosperità e di pace”, sapendo “opporsi con fermezza ed efficacia al trionfo di ideologie che sembravano socialmente avanzate ed erano soltanto cieche e disumane”, e preservandoci così “dalle tristi prove toccate a molte nazioni dell’Est europeo”. Non è questa la sede per un ricordo dettagliato di tanti martiri, tra cui abbondano le figure nobili e luminose, e spesso i veri e propri eroi.

 

Basterà menzionare il sacrificio di don Alfonso Reggiani, ucciso ad Amola il 5 dicembre 1945, e di don Enrico Donati, di Lorenzatico, ucciso il 13 mezza e ricordato espressamente dal card. Biffi, per arrivare al caso forse più famoso di tutti, quello di don Umberto Pessina, trucidato a San Martino di Correggio il 18 giugno 1946 (quindi sempre ben dopo il fatidico 25 aprile!): un delitto che invano i comunisti hanno cercato di far passare per un incidente, come è spiegato dallo storico Sandro Spreafico in un’intervista pubblicata su Avvenire del 30 dicembre 1993 (una ricostruzione dell’omicidio, che portò in carcere per dieci anni l’allora sindaco di Correggio Germano Nicolini, pur innocente, è contenuta nello studio di Frediano Sessi, Nome di battaglia: Diavolo, uscito da Marsilio nel 2000: cfr. sull’argomento M. Corradi su Avvenire del 4 giugno 2000 e R. Festorazzi su Avvenire del 18 giugno 1996).

Tanti sacerdoti, dunque, ma anche tanti seminaristi e tanti laici, come il quindicenne Rolando Rivi, ucciso a Reggio Emilia il 10 aprile 1945, in quanto “futuro ragno nero”, o il famoso Giuseppe Fanin, apostolo dell’idea cristiana fra i braccianti e i contadini, ucciso a ventiquattro anni il 4 novembre 1948 vicino a Bologna, perché dava fastidio il suo impegno per tradurre in pratica la dottrina sociale della Chiesa.

 

Un ultimo punto vorremmo ricordare: gli assassini di tanti innocenti — colpevoli solo di essere cattolici — sono stati spesso individuati, ma le condanne sono state pochissime, perché quasi sempre essi hanno trovato, con la copertura e la connivenza del partito comunista, rifugio e ospitalità oltre la cortina di ferro. E questo va tenuto presente soprattutto oggi, quando quasi nessuno vuoi più ricordare il suo passato comunista, e addirittura vuol farsi passare per liberale, ma allo stesso tempo rifiuta un serio esame di coscienza. Ci piacerebbe insomma che anche altri, e non solo i cattolici, scoprissero la grandezza e la dignità del chiedere perdono.

Tutto questo discorso è fatto qui — sia chiaro — non per riaprire ferite o per vano spirito di polemica, ma allo scopo di mantenere viva la memoria dei fatti e far risplendere la verità, che rischia altrimenti di restare sepolta sotto gli slogan e il conformismo ideologizzato; e con la speranza che la Storia — quella vera, e non quella manipolata dagli storici non revisionisti o dai manuali scolastici — insegni a evitare gli orrori del passato.

 

(Bibliografia:

Luciano Bergonzoni, Clero e Resistenza, Cantelli, Bologna 1964.

Luciano Bergonzoni, Preti nella tormenta, A. Forni, Bologna 1977.

 

© Il Timone – n. 11 Gennaio/Febbraio 2001

Ettore Barocci, Dino Foschi, Pietro Tonelli. Giuseppe Balducci, Federico Buda, Pietro Carabini, Giuliani, Pietro Maccagli. Sperindio Bolognesi (parroco di Nismozza, ucciso dai partigiani comunisti il 25 ottobre 1944), Pasquino Borghi, Aldemiro Corsi (parroco di Grassano, assassinato nella sua canonica, con la domestica Zeffirina Corbelli, da partigiani comunisti la notte del 21 settembre 1944), Giuseppe Donadelli, Luigi Ilariucci, Giuseppe Jemmi, Sveno Maioli, Luigi Manfredi (parroco di Budrio, ucciso il 14 dicembre 1944 perché aveva deplorato gli “eccessi partigiani”), Dante Mattioli, Umberto Pessina, Battista Pigozzi, Rolando Rivi, Carlo Terenziani. Primo Mantovani, Luciano Missiroli, Santo Perin, Mario Domenico Turci. Giuseppe Beotti, Giuseppe Borea, Alberto Carrozza, Francesco Delnevo, Francesco Mazzocchi, Alessandro Sozzi. Amedeo Frattini, Pietro Picinotti, Italo Subacchi, Giuseppe Voli. Aldo Boni, Aristide Derni, Giuseppe Donini, Palmiro Ferrucci, Giovanni Guicciardi, Luigi Lendini (parroco di Crocette trucidato dopo inenarrabili torture il 20 luglio 1945), Elio Monari, Pietro Cardelli, Teobaldo Daporto (arciprete di Castel Ferrarese, ucciso da un comunista nel settembre 1945), Giovanni Ferruzzi (arciprete di Campanile, ucciso dai partigiani il 3 aprile 1945), Giuseppe Galassi, Tiso Galletti (parroco di Spazzate Passatelli, ucciso il 9 maggio 1945 perché aveva criticato il comunismo), Settimio Pattuelli, Luigi Pelliconi, Aristide Penazzi, Evaristo Venturini.Gerrino Cavazzoli, Giacomo Davoli. Domenico Cavanna, Aldo Panni. Mario Boschetti, Pietro Rizzo. Angelo Cicognani, Antonio Lanzoni, Antonio Scarante. Lazzaro Urbini. Alberto Fedozzi, Amadio Po, Francesco Venturelli. Luigi Balestrazzi, Medardo Barbieri, Corrado Bartolini (parroco di S. Maria in Duno, prelevato dai partigiani il 1° 1945 e fatto sparire), Raffaele Bartolini (canonico della Pieve di Cento, ucciso dai partigiani la sera del 20 giugno 1945), Dogali Raffaele Busi, Ferdinando Casagrande, Enrico Donati (arciprete di Lorenzatico, ucciso il 13 maggio 1945 da elementi qualificatisi per partigiani, chiuso in un sacco e gettato in acqua), Achille Filippi (parroco di Moiola, ucciso dai comunisti il 25 luglio 1945 perché accusato di filofascismo).A cura di Carlo C.

 

SACERDOTI MARTIRI NELL’OBLIO
da “Gli anni dell’odio – Le atrocità partigiane in Italia” del dott. Alberto Fornaciari

Don Giuseppe Amateis. Parroco di Coassolo (Torino), ucciso a colpi di ascia dai partigiani comunisti il 15 marzo 1944, perché aveva deplorato gli eccessi guerriglieri rossi.

Don Gennaro Amato. Parroco di Locri (Reggio Calabria), ucciso nell’ottobre 1943 dai capi della repubblica comunista di Caulonia.

Don Ernesto Bandelli. Parroco di Bria, ucciso dai partigiani slavi a Bria, il 30 aprile 1945.

Don Vittorio Barel. Economo del seminario di Vittorio Veneto, ucciso il 26 ottobre 1944 dai partigiani comunisti.

Don Stanislao Barthus. Appartenente alla Congregazione di Cristo Re (Imperia), ucciso il 17 agosto 1944 dai partigiani comunisti perchè aveva deplorato «violenze indiscriminate dei partigiani».

Don Duilio Bastreghi. Parroco di Cigliano e Capannone Pienza, ucciso la notte del 3 luglio 1944 dai partigiani comunisti che lo avevano chiamato con un pretesto.

Don Carlo Beghè. Parroco di Novegigola (Apuania), sottoposto il 2 marzo 1945 a finta fucilazione che gli produsse una ferita mortale.

Don Francesco Bonifacio. Curato di Villa Fardossi (Trieste), catturato dai miliziani comunisti iugoslavi l’11 settembre 1946 e gettato in una foiba.

Don Luigi Bordet. Parroco di Hône (Aosta), ucciso il 5 marzo 1946 perché aveva messo in guardia i suoi parrocchiani dalle insidie comuniste.

Don Sperindio Bolognesi. Parroco di Nismozza (Reggio Emilia), ucciso dia partigiani comunisti il 25 ottobre 1944.

Don Corrado Bortolini. Parroco di Santa Maria in Duno (Bologna), prelevato dai partigiani il 1° marzo 1945 e fatto sparire.

Don Raffaele Bortolini. Canonico di Pieve di Cento, ucciso dai partigiani comunisti la sera del 20 giugno 1945.

Don Luigi Bovo. Parroco di Bertipaglia (Padova), ucciso il 25 settembre 1944 da un partigiano comunista poi giustiziato.

Don Miroslavo Bulleschi. Parroco di Monpaderno (diocesi di Parenzo e Pola), ucciso il 23 agosto 1947 dai comunisti iugoslavi.

Don Tullio Calcagno. Direttore di Crociata Italica, fucilato dai partigiani comunisti a Milano il 29 aprile 1945.

Don Sebastiano Caviglia. Cappellano della G.N.R., ucciso il 27 aprile 1945 ad Asti.

Padre Crisostomo Ceragiolo o.f.m. Cappellano militare decorato al valore militare, prelevato il 19 maggio 1944 da partigiani comunisti nel convento di Montefollonico e trovato cadavere in una buca con le mani legate dietro la schiena.

Don Aldemiro Corsi. Parroco di Grassano (Reggio Emilia), assassinato nella sua canonica, con la domestica Zeffirina Corbelli, da partigiani comunisti, la notte del 21 settembre 1944

Don Feruccio Crecchi. Parroco di Levigliani (Lucca), fucilato all’arrivo delle truppe di colore nella zona su false accuse dei comunisti del luogo.

Don Antonio Curcio. Cappellano dell’11° Btg. Bersaglieri, ucciso il 7 agosto 1941 a Dugaresa da comunisti croati.

Padre Sigismondo Damiani o.f.m. Ex-cappellano militare, ucciso dai comunisti slavi a San Genesio di macerata l’11 marzo1944.

Don Teobaldo Dapporto. Arciprete di Castel Ferrarese (diocesi di Imola), ucciso da un comunista nel settembre 1945.

Don Edmondo De Amicis. Cappellano pluridecorato della prima guerra mondiale, venne colpito a morte dai «gappisti», a Torino, sulla soglia della sua abitazione nel tardo pomeriggio del 24 aprile 1945, e spirò dopo 48 ore di atroce agonia.

Don Aurelio Diaz. Cappellano della Sezione Sanità della divisione «Ferrara», fucilato nelle carceri di Belgrado nel gennaio del “45 dai partigiani «Titini».

Don Adlfo Adolfi. Canonico della Cattedrale di Volterra, sottoposto il 28 maggio 1945 a torture che lo portarono alla morte l’8 ottobre successivo.

Don Enrico Donati. Arciprete di lorenzatico (Bologna), massacrato il 23 maggio 1945 sulla strada di Zenerigolo.

Don Giuseppe Donini. Parroco di Castagneto (Modena). Trovato ucciso sulla soglia della sua casa la mattina del 20 aprile 1945. La colpa dell’uccisione fu attribuita in un primo momento ai tedeschi, ma alcune circostanze, emerse in seguito, stabilirono che gli autori del sacrilegio furono i partigiani comunisti.

Don Giuseppe Dorfmann. Fucilato nel bosco di Posina (Vicenza) il 27 aprile 1945.

Don Vincenzo D’Ovidio. Parroco di Poggio Umbricchio (Teramo), ucciso nel maggio “44 sotto accusa di filo-Fascismo.

Don Giovanni Errani. Cappellano militare della G.N.R., decorato al valor militare, condannato a morte dal Comitato di Liberazione Nazionale di Forlì, salvato dagli americani e deceduto in seguito a causa delle sofferenze subite.

Don Colombo Fasce. Parroco di Cesino (Genova), ucciso nel maggio del “45 dai partigiani comunisti.

Padre Giovanni Fausti s.j. Superiore generale dei Gesuiti in Albania, fucilato il 5 marzo 1946 perché italiano. Con lui furono trucidati altri sacerdoti dei quali non si è mai potuto conoscere il nome.

Padre Fernando Ferrarotti o.f.m. Cappellano militare reduce dalla Russia, ucciso nel giugno del 1944 a Champorcher (Aosta) dai partigiani comunisti.

Don Gregorio Ferretti. Parroco di Castelvecchio (Teramo), ucciso dai partigiani slavi ed italiani nel magio del 1944.

Don Giovanni Ferruzzi. Arciprete di Campanile (Imola), ucciso dai partigiani il 3 aprile 1945.

Don Achille Filippi. Parroco di Maiola (Bologna), ucciso la sera del 25 luglio 1945 perchè accusato di filo-Fascismo.

Don Sante Fontana. Parroco di Comano (Pontremoli), ucciso dai partigiani il 16 gennaio 1945.

Don Giuseppe Gabana. Della diocesi di Brescia, cappellano della 6a Legione della Guardia di Finanza, ucciso il 3 marzo 1944 da un partigiano comunista.

Don Giuseppe Galassi. Arciprete di San Lorenzo in Selva (Imola), ucciso il 1° maggio 1945 perché sospettato di
filo-Fascismo.

Don Tisio Galletti. Parroco di Spazzate Sassatelli (Imola), ucciso il 9 maggio 1945 perché aveva criticato il comunismo.

Don Domenico Gianni. Cappellano militare in Jugoslavia prelevato la sera del 21 aprile 1945 e ucciso dopo tre giorni.

Don Giovanni Guicciardi. Parroco di Mocogno (Modena), ucciso il 10 giugno 1945 nella sua canonica dopo sevizie atroci da chi, col pretesto della lotta di liberazione, aveva compiuto nella zona una lunga serie di rapine e delitti, con totale disprezzo di ogni legge umana e divina.

Don Virginio Icardi. Parroco di Squaneto (Aqui), ucciso il 4 luglio 1944, a Preto, da partigiani comunisti.

Don Luigi Ilarducci. Parroco di Garfagnolo (Reggio Emilia), ucciso il 19 agosto 1944 da partigiani comunisti.

Don Giuseppe Jemmi. Cappellano di Felina (Reggio Emilia), ucciso, ucciso il 19 aprile 1945 perché aveva deplorato gli «eccessi inumani di quanti disonoravano il movimento partigiano».

Don Serafino Lavezzari. Seminarista di Robbio (Piacenza), ucciso il 25 febbraio 1945 dai partigiani, insieme alla mamma e a due fratelli.

Don Luigi Lenzini. Parroco di Crocette di Pavullo (Modena) trucidato il 20 luglio 1945. Nobile, autentica figura di Martire della fede. Prelevato nottetempo da un’orda di criminali, strappato dalla sua Chiesa, torturato, seviziato, fu ucciso dopo lunghissime ore di indescrivibile agonia, quale raramente si trova nella storia di tutte le persecuzioni. Si cercò di soffocare con lui, dopo che le minacce erano risultate vane, la voce più chiara, più forte e coraggiosa che, in un’ora di generale sbandamento morale, metteva in guardia contro i nemici della Fede e della Patria. Il processo, celebrato in un’atmosfera di terrore e di omertà, non seppe assicurare alla giustizia umana i colpevoli, mandanti ed esecutori, i quali, con tale orribile delitto, non unico, purtroppo, hanno gettato fango, umiliazione e discredito sul nome della Resistenza italiana. Ma dalla gloria all’Eternità, come nella fosca notte del Martirio, don Luigi Lenzini fa riudire le ultime parole della sua vita, monito severo e solenne, che invitano a temere e a stimare soltanto il giusto giudizio di Dio.

Don Giuseppe Lorenzelli. Priore di Corvarola di Bagnone (Pontremoli), ucciso dai partigiani il 27 febbraio 1945, dopo essere stato obbligato a scavarsi la fossa.

Don Luigi Manfredi. Parroco di Budrio (Reggio Emilia), ucciso il 14 dicembre 1944 perché aveva deplorato gli «eccessi partigiani».

Don Dante Mattioli. Parroco di Coruzzo (Reggio Emilia), prelevato dia partigiani rossi la notte dell’11 aprile 1945.

Don Fernando Merli. Mensionario della Cattedrale di Foligno, ucciso il 21 febbraio 1944, presso Assisi, da iugoslavi istigati dai comunisti italiani.

Don Angelo Merlini. Parroco di Fiamenga (Foligno), ucciso lo stesso giorno dagli stessi, presso Foligno.

Don Armando Messuri. Cappellano delle Suore della Sacra Famiglia in Marino, ferito a morte dai partigiani comunisti e deceduto il 18 giugno 1944.

Don Giacomo Moro. Cappellano militare in Jugoslavia, fucilato dai comunisti «titini» a Micca di Montenegro.

Don Adolfo Nannini. Parroco di Cercina (Firenze), ucciso il 30 maggio 1944 dai partigiani comunisti.

Padre Simone Nardin o.s.b. Dei benedettini olivetani, tenente cappellano dell’ospedale militare «Belvedere» in Abbazia di Fiume, prelevato dai partigiani jugoslavi nell’aprile 1945 e fatto prigioniero tra sevizie orrende.

Don Luigi Obid. Economo di Podsabotino e San Mauro (Gorizia), prelevato da partigiani e ucciso a San Mauro il 15 gennaio 1945.

Don Antonio Padoan. Parroco di Castel Vittorio (Imperia), ucciso da partigiani l’8 maggio 1944 con un colpo di pistola in bocca ed uno al cuore.

Don Attilio Pavese. Parroco di Alpe Gorreto (Tortona), ucciso il 6 dicembre 1944 da partigiani dei quali era cappellano, perché confortava alcuni prigionieri tedeschi condannati a morte.

Don Francesco Pellizzari. Parroco di Tagliolo (Aqui), chiamato nella notte del 10 1945 e fatto sparire per sempre.

Don Pombeo Perai. Parroco dei Ss. Pietro e Paolo di città della Pieve, ucciso per rappresaglia partigiana il 16 giugno 1944.

Don Enrico Percivalle. Parroco di Varriana (Tortona), prelevato da partigiani e ucciso a colpi di pugnale il 14 febbraio 1944.

Don Vittorio Perkan. Parroco di Elsane (Fiume), ucciso il 9 maggio 1945 da partigiani mentre celebrava un funerale.

Don Aladino Petri. Parroco di Pievano di Caprona (Pisa), ucciso il 2 giugno 194 perché ritenuto filo-Fascista.

Don Nazareno Pettinelli. Parroco di Santa Lucia di Ostra di Senigallia, fucilato per rappresaglia partigiana il 1° luglio del 1944.

Don Umberto Pessina. Parroco di San Martino di Correggio, ucciso il 18 giugno 1946 da partigiani comunisti.

Seminarista Giuseppe Pierami. Studente di teologia della diocesi di Apuania, ucciso il 2 novembre 1944, sulla Linea Gotica, da partigiani comunisti.

Don Ladisalo Pisacane. Vicario di Circhina (Gorizia), ucciso da partigiani slavi il 5 febbraio 1945 con altre 12 persone.

Don Antonio Pisk. Curato di Canale d’Isonzo (Gorizia), prelevato da partigiani slavi il 28 ottobre 1944 e fatto sparire per sempre.

Don Nicola Polidori. Della diocesi di Nocera e Gualdo, fucilato il 9 giugno a Sefro da partigiani comunisti

Don Giuseppe Preci. Parroco di Montalto (Modena). Chiamato di notte col solito tranello, fu ucciso sul sagrato della Chiesa il 24 maggio 1945.

Don Giuseppe Rasori. Parroco di San Martino in Casola (Bologna), ucciso la notte del 2 luglio 1945 nella sua canonica, con l’accusa di filo-Fascismo.

Don Alfonso Reggiani. Parroco di Amola di Piano (Bologna) ucciso da marxisti la sera del 5 dicembre 1945.

Seminarista Rolando Rivi. Di Piane di Monchio (Reggio Emilia), di 16 anni, ucciso il 10 aprile 1945 da partigiani comunisti, solo perché indossava la veste talare.

Don Giuseppe Rocco. Parroco di Santa Maria, diocesi di San Sepolcro, ucciso da slavi il 4 maggio 1945.

Padre Angelico Romiti o.f.m. Cappellano degli allievi ufficiali della Scuola di Fontanellato, decorato al valor militare, ucciso la sera del 7 maggio 1945 da partigiani comunisti.

Don Leandro Sangiorgi. Salesiano, cappellano militare decorato al valor militare, fucilato a Sordevolo biellese il 30 aprile 1945.

Don Alessandro Sanguanini. Della Congregazione della Missione, fucilato a Ranziano (Gorizia) il 12 ottobre 1944 da partigiani slavi per i suoi sentimenti di italianità.

Don Lodovico Sluga. Vicario di Circhina (Gorizia), ucciso insieme al confratello.

Don Luigi Solaro. Di Torino, ucciso il 4 aprile 1945 perché congiunto del federale di Torino Giuseppe Solaro anch’egli trucidato.

Don Emilio Spinelli. Parroco di Campogialli (Arezzo), fucilato il 6 maggio 1944 dai partigiani sotto accusa di filo-fascismo.

Padre Eugenio Squizzato o.f.m. Cappellano partigiano ucciso dal suoi il 16 aprile 1944 fra Corio e Lanzo Torinese perché impressionato dalle crudeltà che essi commettevano, voleva abbandonare la formazione.

Don Ernesto Talè. Parroco di Castelluccio Formiche (Modena), ucciso insieme alla sorella l’11 dicembre 1944.

Don Giuseppe Tarozzi. Parroco di Riolo (Bologna), prelevato

la notte sul 26 maggio 1945 e fatto sparire, il suo corpo fu bruciato in un forno di pane, in una casa colonica.

Don Angelo Taticchi. Parroco di Villa di Rovigno (Fola), ucciso dai partigiani jugoslavi nell’ottobre 1943 perché aiutava gli italiani.

Don Carlo Terenziani. Prevosto di Ventoso (Reggio Emilia), fucilato la sera del 29 aprile 1945 perché ex-cappellano della milizia.

Don Alberto Terilli. Arciprete di Esperia (Frosinone), morto in seguito a sevizie inflittegli dai marocchini, eccitati da partigiani, nel maggio 1944.

Don Andrea Testa. Parroco di Diano Borrello (Savona), ucciso il 16 luglio 1944 da una banda partigiana perché osteggiava il comunismo.

Mons. Eugenio Corradino Torricella. Della diocesi di Bergamo, ucciso il 7 gennaio ’44 ad Agen (Francia) da partigiani comunisti per i suoi sentimenti d’italianità.

Don Redolfo Trcek. Diacono della diocesi di Gorizia, ucciso il 1° settembre 1944 a Montenero d’Idria da partigiani comunisti.

Don Francesco Venturelli. Parroco di Fossoli (Modena), ucciso il 15 gennaio 1946 perché inviso ai partigiani.

Don Gildo Vian. Parroco di Bastia (Perugia), ucciso dai partigiani comunisti il 14 luglio 1944.

Don Giuseppe Violi. Parroco di Santa Lucia di Madesano (Parma), ucciso il 31 novembre 1945 da partigiani comunisti.

Don Antonio Zoli. Parroco di Morrà del Villar (Cuneo), ucciso dai partigiani comunisti perché, durante la predica del Corpus Domini del 1944, aveva deplorato l’odio tra fratelli come una maledizione di Dio.

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ImmagineUomo tigre = Maestro di vita”Giacchè nulla ha più bisogno di essere spiegato di ciò che si dice non aver bisogno di spiegazioni” -Lucien FebvreIn conclusione, bisogna rammentarsi di un’altra obiezione che alla democrazia può essere fatta non da bolscevico e nemmeno da fascista, ma da democratico. Si tratta del fatto che la democrazia è quella forma di Stato che nemmeno si difende dai suoi nemici. Sembra essere suo destino tragico quello di doversi tenere in seno anche il suo nemico più feroce. Se essa resta fedele a se stessa deve sopportare anche un movimento vòlto alla distruzione della democrazia, deve garantire a questo movimento, come ad ogni altra convinzione politica, le stesse possibilità di sviluppo (“Difesa della Democrazia”-Hans Kelsen)

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