ECONOMIA DELLA CONDIVISIONE…TI DO’ UN PASSAGGIO MI DAI UN CONTRIBUTO di Sabrina Tommasi
SHARING ECONOMY: “Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare!”
Gli “Imagine Dragons” in radio, mentre i paesaggi si rincorrono e poi accavallano frettolosamente, un raggio di sole fa capolino tra le nubi sfumate di un bel punto di grigio. In Bretagna è come se si vivessero in un solo giorno tutte le stagioni, bisogna essere preparati ad ogni evenienza. A chiudere il quadretto la compagnia di persone che non conosco e con le quali condivido un’ora di strada, Saint Malo – Rennes. Racconti, esperienze e stili di vita si incontrano e confrontano a ritmo di musica, una lunga canzone di 60 minuti circa, le cui battute sono scandite da incroci, semafori e sorpassi. Questa breve descrizione racchiude la mia esperienza francese con il covoiturage, qui funziona quanto i mezzi pubblici. In particolare la principale organizzazione attualmente è BlaBlaCar. Ma come funziona vi chiederete? Il servizio si rivolge a due differenti tipi di utenti, colui che offre il passaggio (il conducente) e colui che cerca il passaggio (il passeggero). Tramite il sito, domanda e offerta si incontrano, permettendo di soddisfare gli interessi delle due categorie di utenza. Questo è un esempio di Car sharing, dove la condivisione di un’auto con persone estranee, che hanno la stessa prerogativa, giungere ad una certa meta, si caratterizza non solo per un vantaggio in termini di costi, ma acquisisce un plusvalore, poiché si trasforma in una vera e propria attività sociale. Ogni utente ha infatti un proprio profilo dove sommariamente parla di sé e del tipo di viaggio che è interessato a fare. A riguardo è molto importante la reputazione virtuale che si viene a creare, in quanto, in seguito alla condivisione di ogni viaggio, ci saranno dei feedback relativi all’esperienza appena conclusasi.
Oltre BlaBlaCar, esistono altri esempi di sharing economy, grazie ai quali si può viaggiare, finanziare un progetto, fare impresa, studiare ecc.. Stiamo assistendo ad una vera e propria ridefinizione della cultura del consumo. Nonostante il settore del non profit sia cresciuto del 41% in dieci anni, la sharing economy sembra andare ben oltre. L’economista Jeremy Rifkin ripone grande fiducia nell’ Economia della condivisione, tanto da sostenere che “un gratis seppellirà il capitalismo”, apportando un vero e proprio cambio di paradigma. Su questa linea c’è chi sostiene la possibilità in futuro di dar vita ad una vera e propria comunità globale di beni comuni. In Italia, in base ai risultati di una ricerca condotta da Duepuntozero Doxa, la propensione alla condivisione sta aumentando, all’incirca il 13% ha utilizzato almeno una volta i servizi che permettono di scambiare e condividere beni. Ancora, in base ad uno studio dell’Università Cattolica, nel Nostro Paese sono circa 250 le piattaforme collaborative e poiché l’entità del fenomeno sta aumentando a vista d’occhio, il 29 Novembre 2013 è stato organizzato a Milano il Primo evento dedicato all’economia collaborativa, volto a presentare lo stato dell’arte in Italia. La parola chiave in questo caso è “Condivisione” e quindi produrre meno sprechi, con lo scopo di economizzare il quotidiano offrendo un servizio, ma anche di recuperare il senso di comunità indipendentemente dalle leggi di mercato. Tönnies, sociologo tedesco, nel 1887 aveva proprio distinto tra due forme differenti di organizzazione sociale: comunità (Gemeinschaft) e società (Gesellschaft). La comunità, che caratterizza le organizzazioni in epoca pre-industriale, è fondata su un forte sentimento di appartenenza e di partecipazione dei membri, a differenza della società, che domina nella modernità ed è basata invece su razionalità e scambio. Un ritorno alle origini si potrebbe dire! È probabilmente con tale intento che è nata la Social Street, in cui i residenti condividono beni, esperienze e competenze con il proprio vicinato! La sharing economy offre inoltre l’opportunità di far conoscere una propria idea, in particolare il crowdfunding si basa sulla condivisione in rete di un progetto, favorendone il suo finanziamento e la sua diffusione, rimarcando quell’idea tanto cara agli americani del self made man.
Riprendendo la saggezza popolare si potrebbe dire che “quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare!”. Forse è proprio questa situazione di crisi diffusa e la capacità di continuo adattamento con la quale l’uomo da sempre è destinato a misurarsi, a far si che l’essere umano sia portato naturalmente a reinventarsi e ad individuare nuovi escamotage per vivere al meglio la propria vita!
Category: Costume e società