AL DUCALE VA IN SCENA IL TROVATORE

| 1 Febbraio 2014 | 0 Comments

Torna l’opera lirica sul palcoscenico del Teatro “Il Ducale” di Cavallino. Domenica 2 febbraio alle ore 20.30 va in scena Il trovatore di Giuseppe Verdi, opera in quattro parti e otto quadri su libretto di Salvadore Cammarano tratta dal dramma El Trovador di Antonio García Gutiérrez che chiuderà la Stagione lirica inserita nel cartellone della Stagione Teatrale 2013/2014 siglata dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese (gli altri titoli lirici in scena sono stati Traviata e Tosca). A portare in scena l’opera, appartenente alla cosiddetta “trilogia popolare” del genio di Busseto, è la Compagnia Musicale “Il Circolo delle Quinte” con la regia di Rosangela Giurgola. Il cast: Giorgio Schipa  (il Conte di Luna), Maria Luisa Lattante (Leonora), Nevila Matja Hasa (Azucena),Vincenzo Sarinelli (Manrico), Aldo Orlando (Ferrando), Marta Nigro (Ines) e Antonio Basile (Ruiz). Suona l’Orchestra del Circolo delle Quinte diretta dal maestro Marco Bossi, canta il Coro lirico “Città di Santa Cesarea Terme”, scenografie a cura di Abside di Romeo Sicuro, scenografa Marika Urbano, costumista Marta Nigro. Maestro Sostituto: Antonio Manni, direttore di produzione Luigi Palazzo, direttore artistico Vincenzo Paolo Zecca.

 Note di regia

Un allestimento ispirato al mondo delle fiabe per raccontare in maniera più immediata una trama tra le più complicate del melodramma italiano, senza tuttavia prevaricare la tradizione. È dunque un Trovatore innovativo ma al tempo stesso gradevole, snello, agganciato e giustificato dai punti di romanticismo insiti dell’opera (la strega, il rogo, l’antica “fattura”, il presagio del vecchio conte di Luna sicuro che “spento non era il figlio”) che permettono di portarlo in scena con forti richiami alle fiabe, La bella addormentata nel bosco e Cenerentola soprattutto: Leonora nella prima parte dell’opera perde la scarpetta, recuperata dal Conte di Luna e nel finale muore avvelenandosi mangiando la mela e non ingerendo il veleno contenuto nell’anello; Azucena è abbigliata come la strega della Bella addormentata, il rogo richiama quello dei fusi e gli zingari diventano entità che danzano un sabba come rito propiziatorio.

 

La trama

 

L’azione si svolge parte in Biscaglia e parte in Aragona all’inizio del XV secolo

Parte I – Il duello

La scena si apre nel palazzo dell’Aliaferia di Saragozza dove Ferrando, capitano delle guardie, racconta agli armigeri la vicenda del figlio minore dell’allora Conte, fratello dell’attuale Conte di Luna, rapito anni prima dalla figlia di una zingara per vendicare la madre giustiziata dal Conte con l’accusa di maleficio; la zingara (Abbietta zingara) aveva poi bruciato il bambino e per questo omicidio i soldati ora chiedono la sua morte. Nel frattempo Leonora, giovane nobile amata dal Conte di Luna, confida a Ines, sua ancella, di essere innamorata di Manrico (Tacea la notte placida), il Trovatore appunto. Il conte, intento a vegliare sul castello, ode la voce di Manrico che intona un canto (Deserto sulla terra). Leonora esce, e confusa dall’oscurità, scambia il conte per Manrico e l’abbraccia. Ciò scatena l’ira del conte, che sfida a duello il rivale.

Parte II – La gitana

Ai piedi di un monte, in un accampamento di zingari (coro degli zingari: Vedi le fosche notturne spoglie), Azucena, madre di Manrico, racconta che molti anni prima vide morire sul rogo la madre accusata di stregoneria dal vecchio Conte di Luna (Stride la vampa). Per vendicarsi, rapì il figlio del Conte ancora in fasce e, accecata dalla disperazione, decise di gettarlo nel fuoco; per una tragica fatalità, tuttavia, confuse il proprio figlio col bambino che aveva rapito. Manrico capisce così di non essere il vero figlio di Azucena e le chiede di conoscere la propria identità, ma per Azucena l’unica cosa importante è che lei l’abbia sempre amato come un figlio, protetto e curato proprio come quando tornò all’accampamento ferito dopo il duello col Conte. Manrico confida alla madre di esser stato sul punto di uccidere il Conte, durante quel duello, ma di esser stato frenato da una voce proveniente dal cielo (Mal reggendo all’aspro assalto).

Nella scena successiva il Conte tenta di rapire Leonora che sta per ritirarsi al convento, ma Manrico sventa il rapimento e porta in salvo l’amata.

Parte III – Il figlio della zingara

Azucena è catturata da Ferrando e condotta dal Conte di Luna. Costretta dalla tortura e dalle minacce, confessa di essere la madre di Manrico. Il Conte di Luna esulta doppiamente per la cattura. Uccidendo la zingara otterrà doppia vendetta: per il fratello ucciso e su Manrico che gli ha rubato l’amore di Leonora.

Manrico e Leonora intanto stanno per sposarsi in segreto e si giurano eterno amore. Ruiz sopraggiunge ad annunciare che Azucena è stata catturata e di lì a poco sarà arsa viva come strega. Manrico si precipita in soccorso della madre cantando la celebre cabaletta Di quella pira.

Parte IV – Il supplizio

Il tentativo di liberare Azucena fallisce e Manrico viene imprigionato nel palazzo dell’Aliaferia: madre e figlio saranno giustiziati all’alba. Nell’oscurità, Ruiz conduce Leonora alla torre dove Manrico è prigioniero (Timor di me?… D’amor sull’ali rosee). Leonora implora il Conte di lasciare libero Manrico: in cambio è disposta a diventare sua sposa (Mira, d’acerbe lagrime). In realtà non ha alcuna intenzione di farlo: ha già deciso che si avvelenerà prima di concedersi. Il Conte accetta e Leonora chiede di poter dare lei stessa a Manrico la notizia della liberazione. Ma prima di entrare nella torre, beve, di nascosto, il veleno da un anello. Intanto, Manrico e Azucena sono in attesa della loro esecuzione. Manrico cerca di calmare la madre, terrorizzata (Ai nostri monti ritorneremo). Alla fine, la donna si addormenta sfinita. Giunge Leonora ad annunciare la libertà a Manrico e ad implorarlo di scappare. Ma quando egli scopre che lei, la donna che ama, non lo seguirà, si rifiuta di fuggire. È convinto che per ottenere la sua libertà Leonora l’abbia tradito, ma lei, nell’agonia della morte, gli confessa di essersi avvelenata per restargli fedele (Prima che d’altri vivere). Il Conte, entrato a sua volta nella prigione, ascolta di nascosto la conversazione e capisce d’esser stato ingannato da Leonora, che muore fra le braccia di Manrico. Il Conte ordina di giustiziare il trovatore. Quando Azucena rinviene, egli le indica Manrico morente, ma pur nella disperazione la donna trova la forza di rivelare al Conte la tragica verità: «Egli era tuo fratello» e mentre viene tratta a morte può finalmente gridare: «Sei vendicata, o madre!».

Ingresso 25 euro, ridotto 20. Infotel: 0832/611208 – 331/6393549.

 

 

Category: Cultura

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