ERBA…ROBA DA CONIGLIO. In Usa aprono i primi ‘coffe shops’.

| 31 Dicembre 2013 | 0 Comments

Se i coltivatori si fregano le mani anche le autorità locali non sono da meno, preparandosi ad incassare le prime imposte dal nuovo business.

È ormai balzata sulle pagine dei media la notizia secondo cui in alcuni stati degli Usa apriranno i primi “coffee shops”, i locali dove si fuma marijuana ‘per scopi ricreativi. Così, mentre in Olanda, la patria dei coffe shop, le leggi si fanno più stringenti sia per i produttori che per i consumatori, dal primo gennaio prossimo negli States apriranno i primi “negozi” nello stato di Washington e in Colorado.

Il business è anche ‘turistico’: alcune aziende, veri precursori del genere, offrono già gite di gruppo organizzate. Entrambi gli Stati hanno legalizzato l’uso di cannabis a fini ricreativi dopo il referendum dello scorso novembre, ma la normativa entrerà in vigore il primo gennaio 2014.

“La novità attrae persone da tutte le parti”, spiega Adam Raleigh, titolare della ‘Telluride Bud cannabis Company’. “Aspettiamo persone da Texas, Arizona e Utah. Negli ultimi mesi ho ricevuto ogni giorno da quattro a sei e-mail, e tra cinque e dieci telefonate da persone che mi chiedono i dettagli della legge e come combinare al meglio una vacanza di sci e cannabis”.

Negli Stati Uniti la cannabis per uso medico è già legale e regolamentata in 19 Stati. E nella maggior parte il consumo ricreativo non è considerato un crimine. Ma Colorado e Washington hanno fatto un passo avanti mettendo in atto un sistema in cui gli enti locali dovranno supervisionare la coltivazione, distribuzione e commercializzazione dell'”erba”.

Il mercato potenziale è enorme: secondo una ricerca della società ArcView, le vendite di cannabis legale aumenteranno del 64% tra il 2013 e il 2014, da 1,4 miliardi a 2,34 miliardi di dollari.

Ancora una svolta antiproibizionista, rileva Giovanni D’Agata. Dopo l’Uruguay, paese recentemente rimbalzato sulle cronache per aver legalizzato a livello nazionale la produzione e la vendita della “cannabis”, è una tra gli stati che si vanta di essere tra le democrazie più compiute e avanzate a provare questa sfida alla criminalità organizzata anche forse con malcelate esigenze di bilancio per il gran business connesso a tale commercio.

Che forse sia giunto il momento anche per l’Italia di finirla con la bigotteria diffusa che nei fatti consente a migliaia d’italiani, spesso giovani e giovanissimi, di provare il “proibito” foraggiando le varie criminalità che dai ricchi e copiosi traffici di marijuana e derivati incassa milioni e milioni di euro ogni anno?

(ndr)
I punti di vista sono tutti rispettabili, ma non ci pare che dove l’antiproibizionismo è venuto meno i problemi legata alla salute dei giovani sia migliorato, anzi.
Forse se lo stato italiano, la guerra alla droga la facesse sul serio e non con le chiacchiere, se i gruppi politici, gli intellettuali, i cineasti, i cantautori, non parlassero della droga come qualcosa da provare per essere moderni e alla moda, forse, i giovani cercherebbero altre strade per trasgredire, forse…

 

A cura di un ragazzo di un liceo.
Al di là di tutte le argomentazioni mediche, etiche e salutistiche, uno dei punti su cui poggia la discussione sulla legalizzazione delle droghe “leggere” riguarda l’opportunità di regolamentarne la vendita per sottrarre profitti a chi gestisce lo spaccio.
La messa fuori legge della vendita di stupefacenti relega questo “mercato” a pusher, a loro volta collegati a organizzazioni più forti sopra di loro, che fanno fortuna completamente fuori dalla legalità e dall’imposizione fiscale.
La fine del proibizionismo consentirebbe invece di distribuire le sostanze attraverso canali legali e quindi di scavare economicamente intorno alle radici degli spacciatori.
Persino a livello di conversazione questa cosa è stata duramente rinfacciata a me che vi scrivo: “Voi proibizionisti, con la vostra ottusità, regalate palate di soldi ai criminali. Fateci comprare le canne in modo legale”.
Ma il fatto di voler buttare in contabilità una questione delicata come questa rivela tutta la pochezza del campo antiproibizionista.
Io, così come la maggior parte delle persone contrarie alla vendita legale di droghe, agisco in perfetta coerenza e non ho mai consumato stupefacenti, leggeri, pesanti o intermedi che siano. Pertanto affermazioni come quelle sopra non mi toccano affatto.
Chi non consuma droghe non fa guadagnare un solo centesimo al mondo criminale che le spaccia.
Al contrario è chi si riempie la bocca di argomentazioni come quella riportata che fa guadagnare fior di quattrini alla malavita, acquistando droga pur sapendo dove andranno a finire i suoi soldi.
Rompiamo quindi con le ipocrisie.
L’argomentazione economica degli antipro è solo un patetico tentativo di lavarsi la coscienza con la pretesa di voler continuare a rollare erba senza il peso morale di aver ingrassato qualche spacciatore.
A costoro rispondo: se non volete arricchire i criminali, non drogatevi.

Category: Riceviamo e volentieri pubblichiamo

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