CHI E’ L’ARTEFICE DEL PRIMO SUCCESSO PER “LECCE CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019”

| 21 Novembre 2013 | 0 Comments

–  AIRAN BERG, L’UOMO CHE NON PARLA NEANCHE BENE L’ITALIANO (ma si vede che si fa capire bene quando vuole)

(g.p.) ..E bravo Airan! Nu te facia cussì spiertu! E se i tuoi traduttori avranno le loro difficoltà a renderti l’espressione dialettale, insomma: t’avevo sottovalutato!
Sfinito dagli incontri, a metà strada fra una convention aziendale da venditori di catene di sant’antonio e un’assemblea studentesca sessantottina, che, nel caldo asfissiante dell’estate leccese, avevi convocato fra “gli operatori culturali” della città e che erano piaciuti soltanto al Caro Sindaco, in cui avevi ascoltato tutto e tutti, senza capire nulla e nessuno, per poi finire con le tue performance personali, quegli esercizi motivazionali da incantatore di serpenti, anche io, come quasi tutti, non credevo di poter arrivare in Europa.

E invece…

Siamo nel girone finale, abbiamo superato la fase delle qualificazioni e ora, in poco meno di un anno, ci giochiamo con altre cinque la champion league, che vale tanti soldi; tantissime opportunità per gli artisti e gli operatori culturali salentini (se vorrai, adesso, come speriamo di cuore, coinvolgerli non soltanto con i tuoi astrusi questionari da sondaggi di marketing, ma rendendoli effettivamente protagonisti di iniziative reali) e un enorme prestigio per tutti i Leccesi, qualsiasi cosa essi facciano nella vita.

Eravamo partiti in ritardo, rispetto alle altre ben più agguerrite candidate; avevamo pochissimi mezzi, e c’era da inventare davvero un’utopia, più che un sogno.
Ma poi, in virtù del successo ottenuto in Austria con la città di Linz nell’analoga competizione del 2009, di cui eri il direttore artistico, sei stato chiamato qui da noi a ricoprire lo stesso ruolo e il risultato si è già visto! E bravo ancora!
Sant’Oronzo sa soltanto come e perché, (basta dare un’occhiata alle reazioni incredule  e stizzite dei rappresentanti delle quindici città escluse) invece ce l’abbiamo fatta.

La commissione dei “saggi” (ma tu, c’è da credere, conoscevi i tuoi polli: sapevi insomma come avrebbero gradito una presentazione e così l’hai preparata; sai farti capire da chi vuoi tu) europei ci ha inserito fra le sei finaliste.

Per quanto il risultato ultimo sia ancora lontano, perché una sola sarà la prescelta, adesso è più vicino. Poi, senti, va già bene così: adesso c’è quasi un anno di tempo per concretizzare ed è legittimo ipotizzare che comunque, al di là di quella che sarà la decisione finale, tutto ciò si tradurrà in opere e giorni destinate a restare e ad arricchire il finora tutto sommato grigio e ripetitivo panorama culturale leccese, rinnovandolo e ravvivandolo.

Insomma, ora bando alle ciance e facciamo cultura, non parliamone e basta!

Diamo spazio agli artisti, e a tutti gli artisti, non solamente a quelli amici degli amici. Usciamo dalla logica degli orticelli e delle torri d’avorio; dei finanziamenti (quei pochi rimasti) indiscriminati e scriteriati; del particolarismo, dell’improvvisazione, del contingente, del fatalismo, della rassegnazione, i mali atavici della nostra terra, che tu non hai fatto in tempo a conoscere, ma che noi leccesi teniamo nel nostro portato geneticvo; del borghese piccolo piccolo, dell’ aspettando Godot.

 

A proposito, tu (scusami: uso per comodità tua il tu della lingua inglese) sei un uomo di teatro: e come è possibile trascurare, come è stato fatto colpevolmente finora, nella fattispecie, l’eredità del nostro genio di Carmelo Bene?

 

Sempre a proposito, non rimaniamo chiusi nemmeno nel localismo, nel particolarismo e apriamoci alle realtà nazionali ed internazionali, riflettici, perché il Salento non è e non vuol essere la Padania.

 

Ancora, lascia stare i politici, credimi. Va bene la tua idea dell’utopia da infondere in quello che abbiamo imparato a chiamare l’immaginario collettivo, va benissimo il coinvolgimento di tutti, ma…Altro che lasciare decidere i politici. Tutto il contrario: bisogna liberare la cultura dalla politica! E deve essere la cultura a dirigere la politica,  a sua volta diretta dall’economia, non viceversa, come purtroppo accade qui da noi.

I pochi mesi che hai passato qui probabilmente non sono bastati a farti fare un’idea chiara della situazione, quelli che passerai ti servano ad affinare questa fondamentale indicazione strategica.

 

Ora, butta giù dal carrozzone, pardon, dal carro, su cui sono saliti, i vari assessori, sulla cui capacità di discernimento culturale e di criticità operativa esistono serie e comprovate riserve, e vai avanti per la tua strada.

 

Sei un uomo di buone letture, tu, Airan. Avrai letto Eduardo Galeano, che non è un calciatore extracomunitario, come, sentendoselo citare, da uno dei relatori di una manifestazione pubblica di qualche anno fa, credeva il nostro Silvio, in una delle sue terrificanti gaffe, bensì lo scrittore uruguaiano, che ha scritto:

“Lei è all’orizzonte. […] Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare. (Finestra sull’utopia)”

 

Manca l’ultimo tratto, una decina di mesi di tempo, Airan Berg! Andiamo, e non soltanto per camminare, ma per arrivare diritti al traguardo.

Così sarai riuscito davvero, come volevi tu, a reinventare l’utopia.

 

 

 

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Category: Costume e società

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