LA POLEMICA/ A margine di “Salento fuoco e fumo”, il libro di Nandu Popu

| 24 Ottobre 2013 | 0 Comments

LA POLEMICA/ A margine di “Salento fuoco e fumo”, il libro di Nandu Popu

“FUMO” DI LECCE

Anche nel romanzo di uno dei componenti dei Sud Sound System, come nelle canzoni, un’implicita sottovalutazione dell’uso di sostanze stupefacenti, se non un’ esplicita esortazione al consumo. Pericolosissime.

di Giuseppe Puppo

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Ho scoperto dopo che il libro è di più di un anno fa, essendo uscito, fra l’altro per i prestigiosi tipi della casa editrice Laterza. Ma che importa? La vita dei libri ha tempi e modi imponderabili, e poi i libri sono di chi li legge, non di chi li scrive.

A me “Salento fuoco e fumo” di Nandu Popu si è materializzato capitandomi fra le mani pochi giorni fa, per caso, nel paese della provincia dove abita una parente, che l’aveva appena acquistato, con tanto di dedica dell’autore, durante una manifestazione di piazza, e lasciato sopra la poltrona di casa sua. L’ho letto in pochi minuti. Mi ha lasciato però da pensare molte cose, quindi è un ottimo libro. Ora proverò a esprimerne qualcuna, per condividerle con tutti voi, poiché le ritengo significative, lasciando per ultima indubbiamente la più importante.

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C’è una vera e propria fioritura di scrittura del Salento negli ultimissimi anni, ci sono tanti autori, giovani e meno giovani, che hanno dimostrato di avere talento e qualità. Purtroppo ognuno pensa a sé stesso, e nessuno pensa ad essi, per esempio a porre le premesse culturali per una specie di “nouvelle vague” narrativa salentina, che sarebbe da proporre, come stile, come scuola, come atmosfera, all’attenzione generale, con i mezzi appropriati (critici, mass media, intellettuali) per cui se cresce uno crescono tutti, e se crescono tutti cresce ognuno di essi.

Invece, gli autori della “nuova ondata” sono colpevolmente lasciati a sé stessi, al loro disagio e al disagio che esprimono, all’improvvisazione continua, alla ricerca dell’attenzione, alla estenuante promozione, e infine, come detto, essi ci mettono del loro, auto – relegandosi nel proprio orticello, ben isolato e opportunamente recintato, dai muretti a secco.

Dei tanti nomi che in un modo o nell’altro hanno pubblicato negli ultimissimi anni, dimostrando talento e qualità, Nandu Popu ha avuto i mezzi maggiori. Pubblicare per la Laterza è di solito un punto di arrivo, non di partenza, toccato in sorte all’autore, al secolo Fernando Blasi, all’esordio, perché già famoso quale componente dei Sud Sound System, gruppo che per primo ha portato il Salento all’attenzione generale e che da oramai oltre venti anni rappresenta una consolidata realtà, insieme a quelle che nel frattempo sono maturate e fiorite, dai Negramaro, agli Apres La Classe, dalla Notte della Taranta, ad “Amici”. Ecco, per la letteratura salentina, ci vorrebbe quello che è avvenuto per la musica dei Salentini. Invece…

Benché pubblicato da una delle grandi case editrici italiane, come detto, a differenza degli altri scrittori salentini, come tutti gli altri scrittori salentini, anche Nandu Popu ha avuto poche e poco significative recensioni, e si è dovuto “sbattere” di persona, aiutato anche dalle associazioni di volontariato, nelle loro varie manifestazioni, per “promuovere” il suo libro. Operazioni di marginalità culturale, insomma, che non hanno inciso nella considerazione ufficiale, quella dettata, purtroppo, nei tempi e mei modi dai grandi gruppi e dai grandi mezzi che sono in grado di assicurare il così detto, mitico “successo”.

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Eppure, oggettivamente, è uno splendido esordio letterario. “Salento fuoco e fumo” è un romanzo breve, o un racconto lungo che dir si voglia, che si fa leggere volentieri, con diletto e trasporto e lascia, pagina dopo pagina, aromi di profumi e freschezza di sapori. A me ha ricordato “Chi rimane”, il romanzo breve, o racconto lungo, che apriva “Provincia difficile” di Giovanni Bernardini, a proposito di scrittori salentini, delle generazioni precedenti, nella fattispecie. Ma ha ricordato pure, per l’espressività delle dimensioni dei quadretti nei racconti, la Sicilia di Giovanni Verga e, per l’efficacia nella leggerezza della scrittura, quella di Elio Vittorini.

Anche Popu, come Bernardini, Vittorini e, ovviamente, Verga, si rifà, consapevolmente, o, magari pure inconsapevolmente, ma, anche se così fosse, con maggiore rilevanza, al neorealismo, e dopo altri decenni applica un metodo di scrittura che esprime la realtà dell’ambientazione su piani molteplici. La semplicità dei costrutti giova all’armonia dell’insieme, in cui l’autore, oltre a fotografare il Salento, ne registra le voci e i suoni, ne cattura i profumi e i sapori, ne fissa personaggi memorabili, ne esprime le sofferenze e quelli che non sono neppure più problemi, ma vere e proprie emergenze. Ambientali.

Tutto questo dispiego di sensi conferisce al neorealismo della scrittura di Nando Popu una sua propria caratteristica, una originale e riuscitissima identità, fascinosa e multi dimensionata.

Inoltre, l’autore sa far diventare la materia autobiografica oggetto di considerazione generale, come sempre deve fare un bravo scrittore e come non mi stancherò mai di ripetere a chi scrive i propri dolori da non più giovane Werther e le sue ultime lettere da Jacopo Ortis, credendo con ciò di essere diventato uno scrittore.

In “Salento fuoco e fumo” le vicende narrate scrivono la storia degli ultimi decenni di questa “provincia difficile”, i personaggi descritti ne evocano le trasformazioni e il lessico famigliare ne racconta il vissuto quotidiano.

Infine, l’impegno civile, lodevolissimo, che questo racconto lungo sottende. Perché Nando Popu è impegnato attivamente, come gli altri dei Sud Sound System, contro le minacce dell’inquinamento e in difesa dell’ambiente. Attenzione, nota i lettori non di qui: le minacce dell’inquinamento sono nel Salento tangibili, hanno prodotto già effetti devastanti, di proporzioni bibliche, dal mostro dell’Ilva di Taranto, all’orco della centrale a carbone di Cerano; la difesa dell’ambiente è una priorità drammatica, in termini di tradizioni, identità, cultura, e pure economia, vista la vocazione artistica e turistica, mentre, dopo discariche e altri eco – attentati, stanno tentando di costruire qui il punto d’arrivo del gasdotto transoceanico, che sarebbe pure, ove realizzato, il punto di arrivo della distruzione di questa terra.

Quindi non di impegno da salotti radical chic, né di vezzo ambientalista, si tratta, ma di una consapevole battaglia di civiltà in una vera e propria guerra epocale.

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E bravo Nandu Popu, allora? Sì, ma c’è nel suo libro, anche nel suo libro, come nella sua musica, come nelle sue canzoni, come negli altri componenti dei Sud Sound System, quella che non è neanche una scivolata su una buccia di banana, ma una grave e nefasta, rovinosa caduta, di stile e di sostanza: un’insana e consapevole libidine nell’ esaltazione dell’ uso della marijuana.

In alcune delle pagine di questo romanzo si respira – è proprio il caso di dirlo – un’apologia del “fumo”, un’ affascinazione per le sostanze, una sudditanza psicologica per il consumo; allo stesso modo in cui in alcune canzoni dei Sud Sound System di tutto questo si fa una vera e propria, esplicita, dichiarata e anzi cantata esaltazione.

Ora, a me sembra che comportamenti simili siano pericolosissimi. Un arista, un cantante, è un esempio, un modello. Che esempio, che modello danno i Sud Sound System alle giovani generazioni, ai minori, spesso ai ragazzini veri e propri, parlando, cantando e scrivendo di queste cose, con tale, approssimativa impostazione mentale, con tale leggerezza culturale e con una simile, distruttrice, apodittica assunzione di irresponsabilità?

Aggiungerei, di chiedere loro, visto che essi hanno oramai la loro età, se non è il caso di “piantarla”, non l’erba, ma con codeste manifestazioni di tardo, ma assai tardo giovanilismo. Perché lo spinello a quindici, venti anni è una cosa, ma a trenta-quaranta è proprio un’ altra.

Un po’ di maturità, no, eh?

Qualche parola sugli effetti perniciosi per la salute psicofisica pure delle così dette droghe “leggere”, niente? Eppure, c’è una vasta letteratura scientifica in proposito.

Sui pericoli che esse prima o poi non bastino più e inducano all’uso e all’abuso di altre , dagli effetti ancora più perniciosi, sostanze stupefacenti, ancora niente di niente? Eppure, c’è una sterminata casistica al riguardo.

Questo, intanto, per mettere qualche puntino sulle u.

Ma poi, senza voler fare moralismo da maionese, o sociologia all’acqua di garofano, Mando Popu e gli altri Sud Sound System si sono mai interrogati sui casi che la cronaca quotidiana, e leccecronaca.it appresso a essa, documenta, di ragazzi che le piantine se le coltivano davvero, sul balcone di casa, nell’orto del nonno o nei giardini pubblici e privati, e perciò finiscono in guai seri, grandi come montagne?

Hanno mai riflettuto sulle scene di ordinaria disperazione che si incontrano nei lati oscuri dei paesi della nostra provincia, sui drammi personali e sociali che l’uso di sostanze stupefacenti comporta, causa e infligge?

Hanno ragionato o fatto ragionare sulle implicazioni criminali che il fenomeno determina? E sulle conseguenze sull’equilibrio vitale di chi le assume?

Sanno, ancora, che per le strade di Lecce – città si fumano spinelli oramai senza ritegno, come se fossero sigarette “normali”, con ostentato menefreghismo e scioccante disinvoltura?

Infine, vorrei sapere che cosa avrebbero da dire, se a loro volessero rivolgersi, ai ragazzi, molti minorenni, alle ragazzine di tredici anni, che con regolarità vedo dalle finestre di casa mia, diuturnamente spinellarsi alle panchine dei giardinetti del quartiere popolare in cui abito.

Quante domande! Sarei onorato di poter avere almeno qualche risposta.

Giuseppe Puppo

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Category: Costume e società

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