DARIO FO CANTA BELLA CIAO…MA EMERGE UN PASSATO FASCISTA
L ‘attrice Franca Rame se n’e’ andata accompagnata da bandiere rosse, pugni chiusi, canti partigiani. A commemorala il marito Dario Fo ed il figlio Jacopo.
Appresa la notizia siamo andati ad informarci per dare qualche informazione in piu’ dell’attrice di cui era noto l’impegno politico. Insieme al marito Dario Fo, comunisti entrambi, sono spesso stati bandiera della sinistra nostrana.
I telegiornali nel ricordare l’attrice hanno ricordato in particolare lo stupro subito per opera di fascisti.
Fascista e’ in italia un termine che ormai è privo di significato, essendo stato utilizzato da tutti come arma per attaccare l’avversario. Questo termine non ha piu’ un significato preciso ma è divenuta una generica offesa da sbattere in faccia all’ interlocutore che dissente dal nostro pensiero. La sinistra ne ha fatto un uso smodato sopratutto negli anni ’70.
E così abbiamo cercato su internet notizie relative a Franca Rame e ai fascisti.
Per cui figuratevi lo stupore quando abbiamo scoperto che il marito di Franca Rame, l’attore premiato con un nobel, che ora commemora la moglie, con a fianco il figlio con tanto di sciarpa rossa al collo, circondato da una folla che la saluta con i pugni chiusi e le bandiere rosse, e’ stato un FASCISTA che ha aderito alla Repubblica Sociale Italiana, ha giurato fedeltà a Mussolini, ed ha partecipato ai rastrellamenti contro i partigiani.
Il nome di Dario Fo era insieme a tanti altri nomi di personaggi illustri, come per esempio quello di Walter Chiari, ma tutti sappiamo come gliela abbiano fatta pagare a Chiari per non aver rinnegato il suo passato, e solo oggi si comincia a raccontare questa pubblicamente questa verità’ da parte degli stessi protagonisti dell’ostracismo di cui Chiari fu vittima.
Ma torniamo a Dario Fo fascista.
La notizia non ci sembrava potesse essere vera. Ma come poteva essere che il campione dell’antifascismo era stato un truce fascista, addirittura dopo che il regime fascista era caduto?
E così siamo andati su un sito “prudente” come Wikipedia, ed ecco cosa abbiamo trovato.
Da Wikipedia:
“Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, a seguito della chiamata alle armi della neonata Repubblica Sociale Italiana si arruola giovanissimo volontario[3] nelle file dell’esercito fascista, prima nel ruolo di addetto alla contraerea a Varese e successivamente comeparacadutista nelle file del “Battaglione Azzurro” di Tradate, partecipando anche ad azioni di rastrellamento contro i partigiani.
La scoperta di questa militanza, emersa per la prima volta negli anni ’70, provocherà smentite, polemiche, querele e processi da parte di Dario Fo – all’epoca attivo rappresentante in campo artistico della cultura della sinistra italiana – che si trascineranno per alcuni decenni. ” Dario Fo, per anni nega e cerca di nascondere il suo passato, ma alla fine in tribunale vengono portati documenti che dimostrano senza ombra di dubbio che Dario Fo ha fatto parte della Repubblica Sociale di Mussolini. Non potendo piu’ negare- “L’attore, infine, ha giustificato questa scelta con motivazioni di vario tipo, invocando l’incoscienza della giovane età, lo stato di necessità, la volontà di fornire un alibi al padre antifascista.”
Sconcertati per la scoperta ci domandiamo, se personaggi come Fo, che un giorno si e l’altro pure dalla televisione di stato, fanno la morale agli italiani, dando lezioni di libertà democrazia e antifascismo e di coerenza, ci possiamo meravigliare se oggi abbiamo una nazione priva di valori, che non crede nella politica, e diciamo lo pure, neanche nella cultura imperante?
Infine ci chiediamo quanto l’antifascismo al servizio della sinistra aiuti a far carriera nel mondo dello spettacolo.
Category: Cultura
Dario Fo, in gioventù, è stato fascista….e allora? Non è possibile che, nel corso degli anni, una persona prenda coscienza dei propri errori e si corregga? Consideriamo anche il contesto storico nel quale il giovane Fo è cresciuto. Non voglio giustificare nessuno, ma la storia è piena di personaggi che sono diventati “grandi” proprio grazie ad una “conversione” di vita. Inoltre, non credo che Fo faccia la morale agli italiani, piuttosto esprime il suo pensiero con chiarezza e semplicità (cosa rara, oggigiorno!!!!).
Riguardo l’ultima affermazione dell’articolo….”Infine ci chiediamo quanto l’antifascismo al servizio della sinistra aiuti a far carriera nel mondo dello spettacolo”…credo che si, possa aiutare, tanto quanto può aiutare fare gli anticomunisti alla corte di Berlusconi & c. (Minetti, Ruby e tante altre povere ragazze, che hanno anteposto il guadagno e la carriera alla dignità personale).
Saluti
Per non parlare del Nobel che si è beccato grazie al sostegno dell’internazionale comunista. Ma fatemi il piacere!
La Repubblica Sociale era una Stato che combatteva una guerra ed arruolava giovani per poter costituire i suoi eserciti. In molti stavano invadendo l’Italia e c’era da contrastarli sparandogli addosso: qualsiasi Nazione avrebbe fatto così. Dario Fo era uno di quei giovani italiani che doveva difendere la sua patria, fascista o no. Questa è la semplice verità ed è sciocco che proprio lui non l’abbia spiegata in questa maniera.
Edoardo Fantini
La notizia e’, come sempre, pompata cercando di infangare l’operato di Dario, ma c’e’ un fondamento di verita’. Copio quanto scritto sul sito http://www.francarame.it. riguardo alla biografia di FO:
Nel 1940 va a Milano (pendolare da Luino) per studiare all’Accademia di Brera. In seguito (dopo la guerra) si iscrive ad Architettura al Politecnico. Durante la guerra, Dario, richiamato sotto le armi nella Repubblica di Salò, Al proposito esiste una testimonianza del partigiano medaglia d’oro della Resistenza, Leo Wachter, partigiano, ebreo perseguitato che ricorda come durante la guerra più volte si sia rifugiato presso la famiglia Fo a Porto Valtravaglia.
Una volta, ferito gravemente ad una gamba, venne medicato e assistito dalla madre di Dario. riesce a fuggire e trascorre gli ultimi mesi prima della liberazione nascosto in un sottotetto.
I genitori partecipano alla Resistenza, il padre, responsabile del CLN della zona, organizzava il passaggio clandestino in Svizzera di ricercati ebrei e prigionieri inglesi fuggiti; la madre curando i partigiani e i gappisti feriti.
(Da “Il paese dei Mezaràt”, 2002)
“Quando penso a quel periodo fra il ’44 e il 45 mi sembra incredibile di aver vissuto tante storie, tutte ammucchiate in così breve tempo. Situazioni grottesche, tragiche, spesso vissute come dentro un incubo. Ancora oggi nel sonno mi capita di ritrovarmi a ripetere a tormentone lo sconquasso dei bombardamenti. Mi riappaiono le tradotte con i carri-merce dentro i quali mi sono richiuso, le fughe, le diserzioni, la polizia che mi viene a ricercare al paese… e ogni volta vivo l’angoscia di venir catturato e sbattuto in galera. (…) I quaranta giorni di scuola trascorrono a una velocità incredibile. Aspettiamo con ansia e trepidazione il giorno del lancio, ma all’improvviso il capitano ci avverte che ql campo d’aviazione di Vengono non ci sono più aerei disponibili (…) ci restano pochi gironi e poi verremo spediti chissà dove, forse al fronte, forse costretti a partecipare al rastrellamento dalle parti di Cirié, in Piemonte. La sera stessa con Marco decidiamo che è tempo di sloggiare immediatamente. Approfittiamo della libera uscita, corriamo alla stazione ferroviaria e montiamo sull’ultimo treno che raggiunge il lago e lo costeggia. Mi sono fabbricato altri due permessi falsi. Arrivati a Laveno ci salutiamo… io scendo a Porto. A casa trovo tutta la famiglia; espongo subito la mia situazione: sono di nuovo disertore, ma stavolta rischio di più. Mio padre ha un amico che abita a Caldé, un collega con il quale ha organizzato la fuga di molti perseguitati; è già d’accordo con lui: il ferroviere mi ospiterà nel sottotetto di una vecchia casa semi abbandonata di sua proprietà. E’ un mezzo rudere infroppato quasi completamente dentro un bosco nell’entrovalle. Per raggiungere il solaio c’è solo una scala a pioli; una volta lassù la dovrò ritirare e nasconderla nel sottotetto. Nessuno, nemmeno mia madre, sa di quel nascondiglio. (…) Trascorsi più di un mese là dentro, senza mai uscire. (…) Credo fosse un martedì, c’era un sole davvero splendente, in tutta la valle le piante a perdita d’occhio erano fiorite. Sento dei botti lontani, una dietro l’altra cominciano a suonare le campane di tutti i campanili intorno. Il vento è a mio vantaggio, mi arrivano gli sbattoni di campana fin da oltre il lago. Mi infilo nel lucernario e salgo in piedi sul tetto, da cui scorgo la piazza di Caldé: c’è una banda che spernacchia a perdifiato e ragazzi, donne e bambini che corrono di qua e di là. Sento urla festose di gente che sale verso il rudere, riconosco subito Alba con le sue amiche, il ferroviere e altri abitanti della valle. “E’ finita!” ripetono a gran voce. “La guerra è finita” Dopo la liberazione Dario riprende gli studi all’Accademia di Brera a Milano, sempre facendo il pendolare dal Lago Maggiore, e frequenta contemporaneamente la facoltà d’architettura del Politecnico che più tardi abbandonerà a pochi esami dalla laurea.
Insomma, si, Dario si presento’ volontario per i Paracadutisti perche’ questo avrebbe cancellato automaticamente le sue precedenti ‘digressioni’ ma soprattutto perche’ aveva saputo che non c’erano aerei disponibili, per cui nessun lancio e nessun combattimento ma scagionamento sicuro dalla precedente diserzione e una cena sicura. Puntualmente si cerca di infangare il suo passato ma mi viene spontaneo guardare alla sua eta’, al suo carattere, alla sua famiglia e capire che non era proprio un volontario ‘convinto’, si e’ trattata piuttosto una decisione creduta innocua (se non addirittura positiva perche’ sviava l’attenzione dalle pericolose attivita’ di suo padre che ha aiutato molte persone ad arrivare in Svizzera). Quanto vorrei che la gente smettesse di guardare alle pagliuzze negli occhi degli altri…