LE AFFINITA’ ELETTIVE A 5 STELLE di Giuseppe Puppo
Perché voterò per Beppe Grillo. Quel che mi piace e mi interessa del suo Movimento, con due miei incontri decisivi.
L’attenzione che il mio blog di ieri ha avuto, sia nelle numerose attestazioni di stima in pubblico, sia in alcune reprimende in privato, per cui ringrazio ancora comunque tutti, mi spingono ad allargare e con ciò meglio definire il discorso avviato, in quello che voleva essere un semplice resoconto giornalistico e che invece, per la riflessione finale scappatami dall’intimo, e relativa, maturata, non certo estemporanea, od occasionale decisione, si è trasformata in dichiarata intenzione di voto.
Mi scuso se mi allargherò in alcune nuove invasioni nel personale, che cercherò di limitare allo stretto necessario. Desidero infatti offrire il mio modesto, ma sentito e sincero contributo politico da condividere e discutere con i miei amici di Facebook, e con i miei venticinque lettori del sito, che, come detto, considero la mia grande famiglia allargata.
Politico, sì, nel senso più nobile del termine e in concreto. Non faccio politica a livello militante,né in quel senso intendo più farla, da quando, nel 1994, si compì un ciclo e io decisi di non avere mai più altri partiti, anche da semplice aderente, anche perché decisi che da grande avrei fatto il giornalista e lo scrittore, l’intellettuale, insomma.
Ma so per antica scuola che tutto è politica, anche come ti vesti, a volte, anche cosa mangi; so pure che in ogni nostra azione quotidiana ognuno di noi, volente, o nolente, inconsapevole, o convinto che ne sia, comunque fa politica, perché compie precise scelte politiche, nell’andare al lavoro a piedi, o in bicicletta, anziché in auto, per esempio.
Sempre per antica scuola so che se anche uno non si interessa di politica, tanto la politica si interessa di lui, e, soprattutto, perciò so che è compito e anzi dovere dell’intellettuale – che non deve fare politica, e non deve avere nessuna tessera in tasca, perché possa essere considerato davvero tale, ed esercitare liberamente il ruolo che gli compete, di analisi, di sintesi, di orientamento – schierarsi, quando è il momento e militare in maniera organica, impegnandosi con convinzione e chiarezza.
Quel che nel mio piccolo intendo fare io, insomma. E adesso vi spiego perché.
Appena il tempo di annotare, a proposito di certe candidature registrate in queste ore, che Indro Montanelli dava del tu agli sconosciuti ragazzi che gli chiedevano aiuto nella professione giornalistica, ai quali rispondeva personalmente, di proprio pugno, siglando o correggendo quanto usciva dal pigiare i tasti della sua mitica lettera 22; ma si faceva negare, o faceva rispondere dalla segretaria, e comunque dava loro sempre del Lei e non accettava di andarci insieme neanche al ristorante, nei confronti dei politici, dai quali non solo non accettò mai nessun seggio parlamentare, ma nemmeno la nomina a senatore a vita, pur parlando spesso con i suoi lettori e spiegando loro certe scelte, di politica. Riesco ad esprimere adesso, amici cari, perché Indro Montanelli era un grande uomo, un grande giornalista e un grande intellettuale, e invece professionisti tipo Corradino Mineo, o Augusto Minzolini, sono cosa distinta e distante? E andiamo avanti.
Occupandomi dunque anche di politica, e ci mancherebbe, seguo Beppe Grillo da anni, da quando i suoi spettacoli cominciarono a trasformarsi in precise indicazioni propriamente politiche.
Non gli davo credito superfluo. Non lo facevo capace di passare dalla protesta, alla proposta. Mi prefiguravo per lui un destino analogo, nei corsi e ricorsi di cui ci ha ammaestrato la storia, a quello di Guglielmo Giannini, per di più collega teatrante, che nell’immediato secondo dopoguerra fece fuoco e fiamme e poi, pur suscitando un certo consenso di massa, sparì nel nulla.
Individuavo – ed elencavo- in lui pure alcuni difetti, tipo il protagonismo sterile, o il velleitario qualunquismo, unito ad un’ingenuità sostanziale e pure a un minimo di contraddizioni: ma chi è che non ne ha? Pure Pier Paolo Pasolini, che considero con Ezra Pound i miei modelli mitici, macchiava il suo genio profetico di qualche caduta di stile. Ma di Beppe Grillo mi piacevano molti dei suoi interessi, chiamiamoli così originali.
In questi ultimi anni, soprattutto gli ultimi tre, ho, da un lato, dovuto constatare come il Movimento 5 Stelle abbia saputo proporsi come alternativa credibile per tutti, non solo i delusi, o gli incazzati e ciò al di là della destra e della sinistra, finalmente e non solo a parole rese semplici etichette oramai desuete, quanto inopportune, nella capacità di amalgamare esperienze diverse sotto l’egida di vere e proprie idee – forza; e, dall’altro, come esso abbia saputo articolarsi in una serie di proposte concrete, alcune delle quali addirittura mi entusiasmano.
Perché, credetemi, a lungo le ho cercate in quei partiti, o movimenti, che pure le avevano nelle proprie radici, o potevano agevolmente recuperarle, e attualizzarle; in tanti di quelli uomini – perché le idee camminano con le gambe degli uomini – che in fin dei conti le avevano studiate, o quanto meno ne avevano sentito parlare, dimenticandole quando avrebbero potuto, in posizioni di governo, almeno propagarne un’eco chiara e gradevole.
Salvo poi venirne a darne cenno adesso, in campagna elettorale, senza capire di non essere più credibili in nessuna maniera, senza capire di essere del tutto improponibili e delegittimati, perché non puoi parlare adesso in campagna elettorale di mutuo sociale, o di stop alle banche, quando al governo, o in maggioranza, votavi i provvedimenti di Prodi o di Berlusconi; non puoi adesso criticare la casta, dopo esserne stato parte integrante.
Niente. Quaesivi et non inveni. Invece adesso – e finalmente – ho ritrovato e pure reso credibile in maniera operativa tanto di quanto ho studiato, ho dibattuto, ho sentito mio. Grazie a Beppe Grillo. E ora, se avete ancora la bontà di proseguire nella lettura, vi specifico che cosa, raccontandovi di alcuni miei incontri decisivi. E sorridendo aggiungo: sì, nessuno resti indietro!
Il primo, con un professore, che quando io ero ragazzo girava l’Italia in lungo e in largo, con pochi, ma qualificatissimi seguaci, senza che le sue teorie riuscissero ad andare al di là delle belle lezioni che impartiva, o delle movimentate serate che animava, parlando di stop alle banche, di proprietà di popolo, di sovranità monetaria, di democrazia organica, di partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle imprese, di nazionalizzazione delle aziende strategiche, e di tante altre cose ancora.
Quel professore, morto sette anni fa, era Giacinto Auriti e molte delle sue rivelazioni, alcune semplici intuizioni metapolitiche, gli sono sopravvissute, animando lucide disamine e purtroppo confuse, se non inefficaci proposizioni, su cui o è caduto un impietoso velo, o si è abbattuto il disinteresse generale, perché resosi improponibile, come se parlare di certe cose dovesse essere un’operazione da setta segreta alla caccia di complotti, e non potesse diventare, invece, sia pur piano piano, una vera e propria idea – forza, da riuscire a esprimere prima, e a concretizzare, poi.
Ho sentito l’altra sera con le mie orecchie Beppe Grillo proporre e lanciare con autorevolezza, fra le altre, in maniera dirompente, e credibile, proprio nella sua insostenibile leggerezza dell’essere, l’oscuro oggetto dei miei desideri politici: la democrazia organica, la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, il controllo e la proprietà popolare delle aziende strategiche, banche in primis, e scusate se è poco.
L’altro professore del quale desidero parlare – e poi la smetto, per non abusare della vostra pazienza, per quanto potrei proseguire su altre cose ancora che mi piacciono, del Movimento- si chiama Stephen Coleman, adesso insegna all’università di Leeds, dopo averlo fatto a Oxford ed essere stato pure consulente per le nuove tecnologie del governo inglese di Tony Blair: dopo Marshal Mc Luhan, uno fra i più autorevoli, se non il più autorevole studioso dei mezzi di comunicazione di massa.
Più di dieci anni fa, ebbi la fortuna di intervistarlo. Mi disse cose bellissime, e sottolineo più di dieci anni fa. Parlò da dio visionario, eppure in maniera concreta e credibile: perché aveva aperto un sito, in cui l’agenda di una Camera inglese veniva “dettata” dai cittadini con i loro interventi diretti, in cui parlavo dei loro problemi, su cui sollecitavano interventi legislativi; e un altro, in cui gli eletti avrebbero dovuto interloquire direttamente con gli elettori, in servizio permanente effettivo di controllo, di critica e di stimolo. E quando parlava della democrazia dell’antica Grecia, da dio visionario diceva che non era più un’utopia, la partecipazione e la decisione diretta: più di dieci anni fa diceva che adesso, o da allora in avanti e a breve, si sarebbe potuto realizzarla, dal momento che la rete era la nuova agorà, che avrebbe dovuto sostituire la piazza, concretamente improponibile ai tempo moderni, di nuovo effettivamente realizzabile, sul web. Mi disse tante cose belle, in quell’intervista, che io riportai fedelmente, perché poi i lucidi e folli visionari mi sono sempre piaciuti, per quanto all’epoca lo considerassi poco più di un’ illusione, o una specie di incantatore di serpenti e la frase più bella di tutte fu quando, testualmente – in seguito è diventata la sua citazione più adoperata – esclamò: “I giovani di oggi saranno i veri democratici di domani. Grazie a Internet”.
Qui non ho bisogno davvero di aggiungere altro. Più di dieci anni dopo, Stephen Coleman è sempre il dio visionario, ma Beppe Grillo è adesso il suo profeta.
Category: Costume e società
condivido gran parte del ragionamento ma che la parola destra sia ormai desueta no! quello proprio no che sia in uso a persone o sigle che nulla hanno a che fare con essa questo si che dal 1994 non ci sentiamo in più d’uno di aderire a un partito questo si ma la parola DESTRA per quello che ha significato per anni e anni della mia vita per i ragazzi che ci hanno lasciato la pelle non è desueta non ha più un punto di riferimento non ha più un leader ma esiste in ognuno di noi il fatto stesso che la si cerchi in quello che sembra lo schieramento più innovativo e con la voglia di cambiamento anche se nessuno di noi ne fà parte o ne è candidato anche se da parte di molti si è sollevato una valanga di scudi all’apertura a casa pond sappiamo benisimo che l’unico movimento politico che rispecchia quello che era il pensiero del F.d.G. è proprio m5stelle e magari molti d noi lo voteranno anche se ci tratteranno come i soliti FASCISTI ci siamo abituati siamo cresciuti tra discriminizioni e isolamento ma come dicevano da giovani IL DOMANI APPARTIENE A NOI se poi i miei principi e le mie ide le applica un comunista va bene lostesso Bombacci e morto a paizzale loreto con mussolini