COME SONO CAMBIATI I TEMPI/“Intervista generazionale” sulla Befana Salentina PER RISCOPRIRE TUTTO L’ANNO L’ESSENZA AUTENTICA DELLE TRADIZIONI
Al termine dell’ultima giornata del periodo di festa, un’utile e positiva riflessione su come sono cambiati i tempi. Alla ripresa della normale attività, all’inizio dell’anno, per tutto l’anno, la nostra Maria Vittoria Vernaleone, dopo aver sentito i bambini del passato, ci invita a riscoprire in maniera creativa l’essenza delle tradizioni. E buona ripresa, cari lettori, veri protagonisti della nostra community!
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Di storie su come sia nato il mito della befana ce ne sono tante. Da wikipedia al sito carabefana.it troverete informazioni sul perché della dominazione, sulle festività dell’antica Roma e su quelle medievali, su come probabilmente la Chiesa Cattolica delle origini ci abbia messo lo zampino, utilizzandola per ostacolare il culto pagano di Madre Natura e perciò raffigurandola simile ad una strega, eccetera eccetera.
In nessun sito, però, vi sarà data la possibilità di recuperare i ricordi della festa del 6 febbraio di chi fu bambino tanti anni fa.
Per questo mi sono presa la briga di “intervistare” parenti e conoscenti, per ricostruire l’evoluzione del mito della befana negli ultimi novanta anni.
Non tutti sanno, ad esempio, che solo negli ultimi anni la signora sulla scopa volante ha condiviso l’onere di distribuire regali a tutti i bambini del mondo con il simpatico vecchio del Nord conosciuto originariamente come San Nicola, ad oggi Babbo Natale.
I figli della nostra terra meridionale, fino a poche decine di anni fa, erano ignari dell’esistenza di questo personaggio, e la slitta magica del Polo Nord, trainata dalle Renne Volanti dal naso rosso, sorvolava la Puglia senza che nessuno cercasse di scrutarla nel cielo nella Santa Notte.
Solo la Befana aveva il permesso di scorrazzare in piena libertà fra le stelle, sempre vecchia e bruttissima e sempre inforcando la scopa antenata della Nimbus 2000.
Ma i bambini di cento anni fa non ricevevano calze confezionate con befane fluorescenti, contenenti centinaia di cioccolatini per tutti i gusti, rosa per le femmine ed azzurre per i maschi, con super sorpresa giocattolo (nel caso in cui quelli ricevuti a Natale non fossero stati sufficientemente appaganti).
Qui al sud faceva freddo e si soffriva la fame. Così le calze appese al letto vuote dai bambini erano 2calze vere”, le stesse che venivano usate tutto l’anno per proteggere i piedini dai geloni .
La befana, silenziosa, entrava di notte e le riempiva.
I doni erano molto semplici: arance, mandarini, confetti, mandorle ricce, ed un po’ di vero e nerissimo carbone per ricordare che non si è mai completamente buoni. Niente di più. Ma i bambini erano contenti, eccome se lo erano! Un dolcetto era molto prezioso, non si mangiava certo tutti i giorni.
Sorprendentemente, neanche mia madre conosceva Babbo Natale, ma la sua Befana era certamente più generosa e ne svolgeva magistralmente le veci.
I bambini della sua età le scrivevano la letterina, esprimendo le loro preferenze per qualche giocattolo ed assicurando di essere stati più buoni e più dolci dei purceddhruzzi.
Mi racconta di aver sempre avuto una sorta di “timore reverenziale” per quella vecchia dall’aspetto terribile e dai modi immaginati burberi e sbrigativi, un po’ come se fosse una sorta di “Belfagor” dal cuore tenero.
Così, per ingraziarsela ed al contempo ringraziarla per i suoi doni, le preparava uno spuntino che la ristorasse: un panino con un bicchiere di vino e qualche mandarino (dono, quest’ultimo, elargito a parti invertite rispetto ai bambini della precedente generazione).
La mattina del sei gennaio, al risveglio, trovava cioccolate, carbone di zucchero e regali: una conclusione delle festività “col botto”. Il pasto di commiato era stato consumato e la Befana le lasciava qualche rigo di ringraziamento vicino al piatto vuoto.
Io invece, sono figlia della “Generazione Babbo Natale”, una generazione terribilmente viziata, devo ammetterlo.
Le martellanti pubblicità su cosa chiedere al pancione vestito di rosso, i film e le serie tv Sullo spirito del Natale, con tanto di antagonisti come l’ineguagliabile Grinch e di aiutanti imbranati, hanno sradicato con la forza di uragani la povera Befana dal ruolo di protagonista assoluta delle festività natalizie, relegandola a quello di “comparsa” cui spetta l’ultimo malinconico atto dello spettacolo.
I bambini del Duemila ricevono calze più accessoriate di coltellini svizzeri, ma non sono affezionati alla Befana, non possono esserlo.
I loro costosi desideri sono già stati saziati dieci giorni prima, e non sentono più il fremito dell’attesa, sia anche di un mandarino, come la sentivano i nostri nonni.
E, se i regali sono stati già scartati, la cioccolata c’è tutti i giorni nella credenza di ogni famiglia, non è certo questa grande novità.
Raccogliendo queste vecchie storie profumate di agrumi, non nascondo di aver provato una profonda invidia per i bambini di un tempo.
L’invidia di un sentimento che leggo ancora nei loro occhi stanchi di vecchi che si accendono al racconto di quanto assaporassero con gusto quei doni che ai nostri occhi appaiono incredibilmente miseri.
Nonostante la crisi, la nostra è una società del benessere che ci da la possibilità di vivere un’esistenza dignitosissima. Non dobbiamo permettere però che il benessere cancelli il bene della semplicità.
Raccontate ai vostri figli quanto fosse povera la Befana di tanti anni fa, o, meglio ancora, fateglielo raccontare dai loro nonni: i vecchi ed i bambini sono i grado di comprendersi con molta più facilità da soli che attraverso l’intermediazione concreta di un adulto.
Fate si che anche loro leggano in quegli occhi tutta l’emozione modesta e disarmante di quelle lontane mattine.
Sono sicura che, scartando il primo cioccolatino estratto dalla calza, lo assaporeranno in un modo nuovo e sarà uno dei cioccolatini più buoni mai mangiati in tutta la loro vita .
Maria Vittoria Vernaleone
Category: Costume e società