Conosciamo meglio Simone Perrone, finalista salentino di Sanremo Giovani
La sua ultima canzone “Scuro” non ce l’ha fatta a essere scelta fra le sei canzoni che concorreranno nella sezione “Giovani” del prossimo festival della canzone italiana. Ma Simone Perrone, nato a Carmiano (LE) 26 anni fa, non si arrende. Lui è deciso a portare avanti la sua musica, per farla conoscere al grande pubblico, sa che ha scelto un percorso non facile ma vuole inseguire questo sogno. L’abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto qualcosa riguardo a questa piccola parentesi sanremese.
Studente laureato con 110 e lode, e cantante: come fai a conciliare il tutto?
Simone Perrone: Basta crederci, e impegnarsi soprattutto: quando c’è voglia, coraggio, e un po’ di sacrificio, le cose si fanno, e alla fine la soddisfazione è amplificata. È come quando si è veramente innamorati: si possono avere tutti gli impegni possibili e immaginabili, ma alla fine si trova sempre il modo di vedere la ragazza dei tuoi sogni.
Finora, a parte essere arrivato ai bootcamp di X-Factor, non hai provato a sfondare nella musica tramite i reality: credi che partecipare a programmi del genere sia sinonimo di creare una musica di scarsa qualità?
S.P.: Dopo l’esperienza di X-Factor non ho più provato la strada dei reality, non perché li denigri (dopo un talent show, se un artista è valido e ha idee può comunque fare musica di qualità), ma perché in base alla mia esperienza ho capito che non sono ambienti in cui una vocalità e una personalità come la mia possono esprimersi al meglio. Ciò non vuol dire che mi reputi migliore di chi partecipa o ha partecipato a un talent: semplicemente ho capito che non fa per me.
Sei stato convocato fra i 60 finalisti per le audizioni di Sanremo Giovani: ci dai un giudizio sui 6 prescelti finali (Il Cile, Nardinocchi, Antonio Maggio, Blastema, Ilaria Porceddu, Paolo Simoni)? Secondo te c’è stato qualcuno che meritava di passare e invece è stato escluso (a parte te ovviamente)?
S.P.: A parte Antonio Maggio, non conosco bene gli altri artisti, li ho ascoltati solo di sfuggita. Il Cile è un prodotto che ultimamente ha funzionato in radio senza l’aiuto di un reality (cosa difficile per un giovane di questi tempi), Nardinocchi mi piace, così come mi piaceva la canzone presentata da Simoni lo scorso anno. Sui Blastema e Ilaria Porceddu non me la sento di dare un giudizio, non li conosco proprio. Antonio Maggio, oltre a essere mio conterraneo, è una persona che conosco bene, per cui ho anche scritto qualcosa per il disco che uscirà dopo Sanremo: la sua maturazione artistica negli ultimi anni credo sia molto interessante.
Chi sono i tuoi modelli musicali dai quali trai ispirazione?
S.P.: Ce ne sono tanti, e tutto dovrebbe essere ispirazione. Per quanto mi riguarda, faccio tre nomi: Beatles, Jeff Buckley e Damon Albarn che ultimamente “mi sta fregando particolarmente la testa”.
Dopo il successo della tua “L’estate di Adelina” è uscito da poco il singolo “Scuro”, scaricabile da iTunes, che parla di una tematica difficile come l’abbandono degli anziani: come mai hai deciso di affrontare questo argomento?
S.P.: “Scuro” è una canzone che ho scritto quando persi i miei nonni paterni, e che è rimasta nel cassetto per un bel po’ di anni, principalmente perché non volevo che il pubblico mi vedesse come un artista che usa una sua esperienza personale per far breccia nei cuori della gente. Durante il mio ultimo viaggio a Lisbona, poco tempo fa, ho incontrato un vecchio musicista di strada: sono stato fermo parecchio tempo ad ascoltarlo, poi mi sono avvicinato per mettere qualche moneta nel cappello che aveva per terra e gli ho chiesto come stesse. L’anziano, sorridendomi, mi ha risposto che fin quando aveva la sua chitarra sarebbe andato tutto bene, perché era l’unica cosa che gli era rimasta. Questa frase ha fatto scattare in me qualcosa, e ho deciso di far conoscere “Scuro”, per parlare di una questione così poco affrontata come l’abbandono degli anziani.
Come ti vedi fra 10 anni?
S.P.: Sarebbe scontato dire che fra 10 anni vorrei vedermi come un artista affermato. Al di là di questo, mi auguro di raggiungere un certo equilibrio, che mi permetta di lavorare, scrivere, comporre e vivere serenamente.
Bianca Chiriatti
Category: Costume e società