Acqua rossa dai rubinetti delle case GIOVANNI D’AGATA A DIFESA DEI CITTADINI DI MELENDUGNO

| 9 Novembre 2012 | 0 Comments

A Melendugno, in provincia di Lecce, a fine ottobre, molti utenti dell’acquedotto pugliese si erano auto – ridotti la bolletta, in segno di protesta contro i disservizi che continuavano a ricevere, nonostante segnalazioni e proteste, e ammesso che ricevere dai rubinetti “acqua rossa” possa essere definito semplice “disservizio”, per di più da anni e anni.

Qualche giorno fa, hanno ricevuto una lettera con la quale viene intimato il pagamento integrale delle fatture autoridotte dagli utenti.

Di fronte a questa vera e propria “inadempienza contrattuale” dell’Acquedotto pugliese, gli utenti avevano dapprima denunciato i responsabili dell’acquedotto, dando origine al procedimento penale (la cui ultima udienza è stata celebrata ai primi di ottobre 2012, mentre la  prossima si terrà il 12 febbraio 2013), e successivamente avevano invocato il diritto ad autoridursi il costo addebitato in fattura per acqua potabile perché le analisi effettuate su vari campioni avevano dimostrato la “non conformità” del liquido, prelevato presso diverse utenze.

Il ragionamento degli utenti era ed é chiarissimo: se Aqp eroga acqua rossa, gli utenti devono necessariamente sprecare centinaia di metri cubi ogni anno per schiarirla e renderla accettabile all’occhio umano. Di conseguenza, l’acqua sprecata coinvolge direttamente il costo in fattura in quanto, insieme al consumo di acqua, viene contabilizzato anche lo smaltimento dell’acqua nella fognatura e il connesso trattamento di depurazione (il costo per la fognatura è praticamente analogo a quello per il consumo di acqua; per cui, l’onere in fattura raddoppia). Il danno derivante da questa illegittima fornitura si ripercuote direttamente sul costo finale in quanto, la tariffa agevolata più favorevole per il consumatore, che prevede il limite di 200 lt giornalieri ad utenza,  viene ampiamente superata e di conseguenza il costo dell’acqua arriva subito ad interessare le tariffe T2, T3, T4 e T5, molto più onerose, che aumentano  in modo esponenziale a misura e in ragione dello spreco di acqua che è stato fatto, a seconda  della colorazione dell’acqua fornita, della durata della fornitura e dei periodi interessati al fenomeno. Il costo, poi, praticamente raddoppia per l’addebito dell’uso della fognatura. Tutto ciò, paradossalmente, diventa un vantaggio per AQP (che è responsabile del problema) che introita somme ingenti, e un danno per l’utente (che non è assolutamente responsabile del fenomeno) che, non soltanto rischia la salute, ma deve anche sborsare ingenti somme per il pagamento della fattura richiesta e della cui esosità non ha alcuna colpa.

Di fronte a questo problema come risponde l’Acquedotto Pugliese? Da un lato, grazie all’azione dei cittadini, è costretta a rinnovare le condutture in molte vie dell’abitato di Melendugno, nel tentativo di rendere presentabile l’acqua potabile che, anche se se ne registra un miglioramento in positivo della colorazione, purtroppo, ancora non risulta “sempre” chiara e pulita (ciò che renderebbe necessario il rinnovo delle condutture in altre vie cittadine in cui non è stato effettuato alcun intervento); dall’altro, in contrasto con questo apprezzabile atteggiamento, mette in mora gli utenti e minaccia l’intervento di Equitalia nonostante, peraltro, la pendenza di un processo penale che vede imputati i responsabili!

Una cosa, però, deve essere chiara: i Melendugnesi non si faranno intimorire!

Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, e Franco Candido dello “Sportello dei Diritti” di Melendugno  fanno sapere che l’associazione assicurerà l’assistenza legale tramite gli avvocati Alberto Russi, Francesco D’Agata e Fabrizio D’Errico (già impegnati a difendere le parti civili nel processo penale), agli utenti che vorranno affermare i propri diritti di cittadini rispetto a richieste assurde e non rispettose di precisi impegni contrattuali posti in essere dall’Acquedotto Pugliese che, da un lato, impone agli utenti di pagare il costo dell’acqua fornita (anche quando è colorata!) e dall’altro dimentica che quello stesso contratto obbliga l’Ente a fornire agli utenti acqua potabile, salubre, pulita,  inodore, insapore e, soprattutto, incolore. Quando ciò non si verifica, rispetto agli obblighi contrattuali, AQP risulta inadempiente e, pertanto, non legittimata a pretendere il pagamento integrale del costo addebitato in fattura per quel tipo di “liquido” così come stabilisce l’art. 13 del Provvedimento CIP n. 26 del 1975 il quale stabilisce che in presenza di acqua non potabile (come spesso è quella di Melendugno) il costo della tariffa in fattura non deve superare il 50% del prezzo in vigore.

Category: Costume e società

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