LE CITTA’ INVISIBILI DI INES FACCHIN – Ai Teatini, dal 14 al 22 settembre
Si intitola “Le città invisibili” la mostra dell’architetto-fotografa Ines Facchin che sarà inaugurata alle ore 19,30 di venerdì 14 settembre 2012 presso il salone delle Feste ex Monastero ai Teatini. Presenta l’artista il critico d’arte Toti Carpentieri curatore della mostra. L’evento, organizzato da Il Raggio Verde eventi d’arte in collaborazione con la rivista telematica “Arte e Luoghi” e l’associazione culturale E20Cult, è patrocinato da Amministrazione comunale di Lecce.
Strutturata nell’evocazione del celebre capolavoro dello scrittore Italo Calvino, la mostra regala allo sguardo dello spettatore un insolito percorso: cinquantacinque fotogrammi per attraversare e riscoprire tra undici tipologie di città l’Europa. È un viaggio che si ricompone, come pezzi di un puzzle, per ricostruire la memoria dei luoghi e delle forme…cinquantacinque città per raccontare, suggerire, evocare, racchiudere emozioni senza tempo.
Nata a Roma, Ines Facchin dopo il conseguimento del diploma di Liceo Artistico ha seguito il corso di disegno del nudo presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, i corsi di studio delle tecniche di restauro in pittura e dell’iconografia nell’immagine femminile in pittura presso l’Università delle Donne di Roma, e si è laureata in Architettura.
Ha la passione per la costruzione del disegno e del progetto architettonico, sempre presente quando poggia il suo sguardo su un qualsiasi dettaglio del mondo reale, che risulta trasfigurato, indecifrabile. Questo fa di lei un’artista dotata di spiccato talento e di grande sensibilità, capace di vedere ciò che sfugge all’occhio comune e di studiare una nuova visione del reale. Amante dei viaggi, in compagnia della sua inseparabile Leica, ha fermato nei suoi scatti particolari intriganti dei più disparati paesaggi urbani: New York, Amsterdam, Madrid, Barcellona, Vienna, Praga, Lisbona, Bilbao…senza tralasciare le splendide città italiane Roma in primis, e poi Venezia, Trani, Lecce, Siracusa, Cagliari.
Parallela all’attività di architetto ha mantenuto un interesse per la fotografia che negli ultimi anni è divenuta la sua attività principale. La sua ricerca è focalizzata nell’individuare il particolare incontro tra natura ed artificio, nei luoghi, nei tempi, nel tempo. Ines Facchin gioca con la luce che cambia al passaggio nelle diverse latitudini del mondo e, come un nuovo Marco Polo prova a regalarci la visione della materia che incontra e che cattura nella luce. Messa da parte la fotografia documentaristica, i suoi scatti vanno oltre il reale, oltre l’immaginario possibile alla ricerca delle architetture del colore di quei particolarissimi accostamenti e combinazioni cromatiche che rivelano un oggetto come una porzione di questa meraviglia che si chiama Terra.
“(…) Gli sguardi sulle città di Ines Facchin (fermandosi, in piena adesione al pensiero di Maurice Merleau-Ponty, sul visibile e sul percepibile) – scrive il curatore Toti Carpentieri nel catalogo editato da Il Raggio Verde edizioni – indirizzano la nostra mente e il nostro sguardo sul non visibile di cui il visibile è intessuto, consentendo alla sua fida Leica V-Lux 2 di scoprire sempre qualcosa di nuovo, di fermare stabilmente (rifiutando ogni successiva manipolazione digitale) ciò che l’occhio non ha ancora percepito, guardando, tra analogie e diversità, modalità cromatiche nuove ed antiche, osmosi di forme e di colori, al dettaglio (il segno, il colore, la forma, l’insieme e la texture) come la parte per il tutto. Fino ad identificare il corpus del luogo ben oltre la sua irriconoscibilità, e conferendogli la dimensione del concetto. Non è quindi casuale che, al pari delle città metaforiche di Calvino, le cinquantacinque foto degli altrettanti luoghi di Ines Facchin (una che, per dirla con Marcovaldo, avendo l’occhio “trova quel che cerca anche a occhi chiusi”) con cui abbiamo voluto costruire questa mostra e i loro undici percorsi, ci portino con immediatezza e semplicità nel territorio dell’invisibile e del fantastico, lasciando alla intangibile concretezza dell’immagine urbana – il suo essere la tessera di un puzzle di ricordi e di desideri – la possibilità di ritrovare quelle dimensioni nascoste che ci appartengono, godendo di essa, nel segno di Marco Polo, non “le sette o settantasette meraviglie ma la risposta che da` ad una tua domanda”. Fino alla riconquista della memoria smarrita, e quindi dell’essenza delle cose e della pura emozione”.
Category: Cultura