ALLA SCOPERTA DELL’ITALIA DI SERIE C
9 SETTEMBRE 2012: CUNEO
di Un Italiano Vero
“Granda”. “La granda”: la grande, la provincia grande. Si chiama così, ovvio, perché è grande, proprio grande, geograficamente: si estende da sotto le Alpi, penetrando nel territorio francese, fino alle montagne che sovrastano il mar Ligure.
Ricca. Stanno, anzi, stavano – la crisi si è fatta sentire pure qui – tutti abbastanza bene. Industria avviata, consolidata, affermata. Agricoltura a impresa familiare, con contributi a pioggia. Allevamenti. Prodotti tipici: frutta, nocciole, ortaggi, per non dire dei tanto osannati tartufi. Turismo residenziale, con i cascinali ricercati in tutti il mondo, fino a qualche anno fa: ma ora la tendenza è finita, e dal mondo cercano le masserie del Salento. Fiere e sagre, alcune vere prelibatezze, come quella della carne del particolare tipo di vitello piemontese allevato in zona, la Fiera del Bue grasso di Carrù, con tutta la enogastronomia a fare da volano economico per l’intera provincia, in virtù di una politica di valorizzazione e di promozione del territorio che per il grande Salento rimane un modello da imitare, se lo saprà fare, al di là dei primi e sterili finora sforzi fatti in tal senso negli ultimi anni.
Le banche legate alle zone della provincia, le antiche casse di risparmio, al servizio degli abitanti, delle loro iniziative, con tutti i limiti di quelle che sono pur sempre banche, però qui di un valore prezioso, antico: ecco l’altra fortuna della “Granda”, anche questa al Salento negata finora, e al momento utopica.
Le Langhe, il Monferrato, il Roero, vere e proprie micro – regioni – gli antichi percorsi verso il mare, la luna e i falò, le colline di Cesare Pavese, i vigneti del Barolo, del Nebiolo, della Barbera, le montagne altissime, alcune con la antica lingua doc, mentre tutto intorno parlano un dialetto piemontese stretto e duro, che serve anche quale segnale di appartenenza, a segnare un solco con gli immigrati, quelli italiani degli anni Cinquanta e Sessanta, quelli extracomunitari degli ultimi decenni, dalla difficile integrazione, problematica sia per gli uni, sia per gli altri, tanti grossi centri, e prestigiosi: Alba, Saluzzo, Savigliano, Mondovì e tanti altri ancora, a parte i tantissimi, di piccole dimensioni.
Di tutto questi aspetti sociali ed economici, Cuneo, il capoluogo, è il crocevia intenso.
Poco più di cinquantamila abitanti, una cittadina storica, medioevale, di stampo e foggia militare, che nella storia militare ha attraversato i secoli e dalla storia militare ha traccia fisica nella sua pianta.
Ci aveva fatto il militare Totò, e se ne vantava, per citare una delle sue frasi più famose. Battute da avanspettacolo a parte, questa è Cuneo: soldati, accampamenti, alloggiamenti, piazze d’armi, reggimenti e caserme.
Una seconda guerra mondiale durissima, che per decenni ha connotato politicamente a sinistra – quella più rigida, sovietica – l’intera provincia, che però oramai è stata conquistata in pianta stabile dall’imprenditoria berlusconiana.
A Cuneo non c’è niente altro.
Ma sì, il super – carcere…Dai!
Gli eventi mondani, sono i mercati e i mercatini che si susseguono a cadenza settimanale, o mensile.
Piazza Garimberti, lunga ed estesa, di foggia neoclassica, tardo – sabauda, la compendia per intero.
Settembre, quando l’afa estiva, spossante, appiccicosa, snervante addirittura, si è già dissolta è il mese buono per andarci, quando le proposte enogastronomiche sono all’apice, e ai bar sulla via Roma si possono ancora gustare i gelati artigianali chissà come mai buonissimi, prelibati, ben prima e ben di più delle catene specializzate. Va bene ancora ottobre, non oltre, se no poi comincia il lungo inverno, che arriva fino a tutto aprile, con neve, gelo e una rigidità frantuma – ossa nell’aria, la stessa dei suoi abitanti, scarni e duri, come i vitigni stroncati dall’inverno.
Gli orari della vita quotidiana scanditi dai turni della fabbrica; la spesa famigliare settimanale, a divertirsi a ballare il liscio, o in discoteca, in famiglia sì, o in comitiva, tutti insieme, sempre una volta a settimana.
C’ pure l’aeroporto, abbastanza vicino: fa i voli a basso costo, per La Romania, per l’Albania e per il Marocco, e questo spiega meglio di un trattato e di un censimento le modifiche sociologiche sopravvenute negli ultimi anni.
Del Cuneo – calcio, per quanto la società sia antica, a Cuneo sostanzialmente se ne fregano. In città e in provincia tifano per il Toro, al limite per i grandi club storici di serie A. Molti seguono la pallavolo, o la pallacanestro.
Negli ultimi anni, rilevata da imprenditori locali, la squadra della città ha fatto passi da gigante. Rimane da cambiare lo stadio, il “Fratelli Paschiero”, scarno, spelacchiato e scheletrico, sempre come i vitigni d’inverno, che ai Leccesi sembrerà un incubo.
Un Italiano Vero ( 1 – continua )
Category: Costume e società