D’ Agata avverte: Consumatori fate bene attenzione quando comprate quei bei gamberi grossi e sgusciati messi in fila e già pronti, è lo scarto del pesce che viene macinato, il cosiddetto surimi.
Il surimi è un prodotto di origine giapponese e nasce dalla secolare esperienza di questo popolo nella conservazione dei prodotti ittici e come tale viene identificato come esotico. Ma questa credenza molto diffusa e radicata è profondamente errata. Il surimi in realtà è solamente “pesce macinato” e pressato, per imitare i granchi ed i gamberi, con una colorazione esterna arancione e bianca all’interno, formato da sfoglie di pesce arrotolate ed è piuttosto insapore.
Si tratta di una lavorazione così diffusa che, come è stato calcolato, circa il 2% del pescato mondiale viene trasformato in surimi.
Il surimi può essere composto da scarti di merluzzo e di merlano, sgombro o pesci asiatici come l’Atka o il suri. Non si tratta di polpa o tagli scelti, ma solamente di scarti o ritagli industriali che subiscono diverse lavorazioni, come avviene per i preparati di carne (wurstel e insaccati). Quando è il momento di “camuffarli” in un determinato alimento essi vengono tritati, si elimina il grasso, i pigmenti ed i sapori. Si essiccano parzialmente per eliminare l’acqua in eccesso e poi congelati per i posteri. il surimi viene separato in fibre, si aggiunge l’uovo, l’olio, amido, in questo modo prende la consistenza della polpa di granchio. L’impasto viene poi scaldato per stabilizzarlo. Forma e aroma hanno un ruolo determinante. Il surimi viene proposto in forma di bastoncini, a forma di chela di granchio, e persino come “affettato di mare”. Fondamentali gli aromi: il più utilizzato è quello al sapore di granchio che si associa in modo ideale al colore arancione.
Attenzione però alla reale presenza di pesce: il surimi è in realtà un semilavorato con in contenuto in pesce pari al 30 – 40%, a cui viene aggiunta farina o fecola di patate, grassi vegetali (come l’olio di colza o palma), albume d’uovo e spezie. Non mancano neppure additivi come coloranti ed esaltatori di sapidità (glutammato monosodico).
Non si tratta quindi di un prodotto pregiato, ma di un mix di carboidrati, poche proteine, grassi e molto sodio. Facendo bene i conti il surimi non è neppure un cibo economico, ma forma e colore hanno spesso la meglio sul valore nutrizionale, come insegnano le patatine fritte.
Giovanni D’Agata, si appella a tutti i ristoratori e gestori di trattorie affinché eliminino dall’insalata di mare il fastidiosissimo surimi dal gusto dolciastro, che nulla ha a che fare con i sapori del nostro mare!
Inoltre invita i consumatori quando comprano il surimi di porre attenzione ad alcuni dati riportati sull’etichetta: talvolta, purtroppo, viene addizionato con conservanti e/o altri additivi pericolosi.
Alcune marche aggiungono stabilizzanti innocui o al limite una piccola quantità di glutammato, altre invece usano polifosfati che se usati in grandi quantità sottraggono calcio all’organismo diventando assai pericolosi per la salute. L’importante è sapere che quel granchio non è un granchio!
Preparazione dell’alimento
La polpa di pesce viene pulita, tritata e pressata e successivamente addizionata con sostanze quali stabilizzanti, polifosfati e zuccheri, e congelato a -20 °C. Il prodotto che si ottiene è piuttosto insapore, con un tenore idrico elevato (72-80%), l’8-13% di proteine e lo 0,1% circa di grassi. Nei paesi occidentali, il surimi normalmente viene utilizzato per imitare la polpa di crostacei, ma attualmente è presente sui mercati in diverse forme (a bastoncino, a sfoglia arrotolata, etc…) e diversi sapori (il più diffuso è quello aromatizzato al granchio). Una delle caratteristiche del surimi è di essere un alimento particolarmente ricco di proteine e povero di grassi. Viene spesso addizionato con considerevoli quantità di sale, che può renderlo controindicato per gli ipertesi o per chi soffre di patologie renali. Causa ulteriore della controindicazione può essere il grande quantitativo di polifosfati utilizzato in alcune preparazioni.
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