Nord sud ( ovest est ) Usi e costumi d’Italia FESTA DEL SANTO PATRONO di Un Italiano Vero 11
FESTA DEL SANTO PATRONO
Il Santo Patrono di Lecce è Sant’Oronzo, anzi, per essere precisi sono tre, Sant’Oronzo – che appunto nella statua della piazza appare benedicente con le tre dita – San Giusto e San Fortunato, che si festeggiano a fine agosto, 24, 25 e 26.
In quei giorni i leccesi che avevano lasciato la città per lo più per le seconde case per sfuggire alla canicola, o che si erano concessi una vacanza, fanno ritorno in città, o almeno questa era la tradizione; gli emigrati si trattengono apposta, prima di ripartire, mentre i turisti ci sono sempre e comunque, anche se già di meno.
In quei giorni, che sono dunque un po’ lo spartiacque dell’anno solare, dopo il giro di boa di Ferragosto, il serpente che si morde la coda, come un cerchio, dell’anno, un anello, anulus, nell’eterno ritorno, in cui ciò che ha fine, ricomincia, il centro storico e dintorni sono chiusi al traffico, come dovrebbe essere sempre; le strade si riempiono di bancarelle, si accendono le luminarie, si sparano i fuochi d’artificio, si apre il luna-park, insomma, si snoda il solito repertorio di circostanza.
In un progressivo tono minore, però. Lecce è rimasta ferma a queste cose qua, da strapaese anni trenta: le noccioline, la cupeta, bianca e niura ( il torrone ), la sempre più introvabile, quasi mitica oramai scapece ( pesce conservato nelle molliche di pane, con aceto e zafferano ), le sempre meno roboanti bande dei paesi, i giornali satirici dialettali.
Senza andare troppo lontano – e non capirò mai perché non si tenga nel capoluogo – per esempio in quegli stessi giorni c’è un evento che attira centomila persone e viene rilanciato in tutto il mondo: La Notte della Taranta, ma va bene così.
Qui invece ci sono i complessini a fare le cover dei successi, a livello musicale mezzo secolo di ritardo.
Trent’anni di ritardo, le bancarelle che vendono i prodotti promossi dalle televisioni oramai ogni giorno a tutte le ore, anche e soprattutto notturne.
I Leccesi sono sostanzialmente indifferenti a tutto questo ambaradan, lo considerano più congeniale ai “poppeti” della provincia, in pratica lo subiscono.
Sarebbe opportuno ripensare radicalmente tutto quanto.
Unica eccezione, per i credenti, la solenne processione del 24 a sera, che continua
a perpetuare la tradizione religiosa.
Nel caldo afoso della sera, con la temperatura di solito uguale a quella del giorno e acuita dall’ammasso di gente nelle stradine del centro storico, i fedeli vanno appresso alle statue dei santi, portate a spalla da veri e propri eroi e seguono tutto il percorso, con il sindaco, chiunque sia, sempre dietro, con la fascia tricolore.
“San’oronzu nesciu, fanni la grazia” – pensano, vedendolo, perché ognuno ogni anno ha sempre qualcosa da chiedere e in cui sperare.
A Torino la festa del Santo Patrono, San Giovanni, è il 24 giugno.
La processione è più laica, con costumi storici, che religiosa; in una piazza del centro storico, viene acceso un falò, per trarre auspici dal modo in cui alla fine ne cade a terra la sommità, i caffè storici sono gremiti di “madamin” col tagliando di messa a punto per la festa, per il resto siamo sempre al repertorio abituale di simili ricorrenze.
Ma lo spettacolo pirotecnico – il vero e proprio momento clou delle manifestazioni – è sempre eccezionale, anche perché, nella notte fresca, ha lo sfondo del Po, lungo le cui rive, per chilometri, si siedono sempre in tantissimi con naso all’insù.
A Milano il Santo Patrono è sant’Ambrogio, talmente legato alla storia della città, da risultare ancora per tanti versi come vivo e operante. Il 7 dicembre a Milano fa già freddo, va bene se è ancora sopportabile, comunque si inaugura la stagione della Scala, le signore bene sfoggiano le loro pellicce e si va a fare acquisti ai mercatini già di Natale: infatti, si assaggia pure per la prima volta il panettone, che farà compagnia fino all’Epifania.
Arrivare a mangiare il panettone, arrivare al 7 di dicembre, è per i tanti che gravitano da non residenti sulla metropoli lombarda durante l’anno una meta ambita, non solo un modo di dire.
La Milano col cuore in mano si ricorda sempre dei suoi figli più poveri, sempre di più, con opere di carità tangibili.
Si ricorda pure, nella circostanza, dei suoi figli che hanno fatto qualcosa di bello, o di utile, nelle loro professioni, o attività, anche se sono fuori, o all’estero, e li premia con un’apposita cerimonia, con un riconoscimento ambitissimo, l’ambrogino d’ro.
Lecce di solito li dimentica, abitualmente li ignora, al massimo li menziona nei giornaletti dialettali per prenderli in giro.
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