Il Lato Creativo delle Nebulose: arte e cultura interagiscono a Lecce a settembre.
L’influsso positivo delle nebulose arriva a Lecce in una forma di creatività orbicolare. OrbicularNebulosae è l’evento internazionale che dal 4 al 29 settembre vedrà il Castello di Carlo V, cornice d’eccezione del capoluogo salentino, esprimere in chiave sonoro-visivo-interattiva due concetti: orbicolare (forma sferica in cui talvolta è possibile riflettere ampie angolazioni di tutto quello che è nel campo orbicolare) e la nebulosa (agglomerato di gas che compongono anelli di stelle in decadenza). Dall’idea di Raffaele Quida – artista concettuale – e Guglielmo Greco Piccolo – art director e intercultural connector, con il patrocinio di Regione Puglia, Provincia di Lecce e la Città di Lecce, candidata Capitale Europea della Cultura 2019, l’evento si muove su linee e parallelismi visivi inediti e proprio per questo affascinanti e coinvolgenti. Come preannuncia Paolo Perrone, primo cittadino di Lecce: “Si tratta di una mostra interculturale che racchiude sensazioni uniche”.
Ma perché un evento che parte dall’Astronomia ha bisogno di tradurre in cifre creative per entrare nell’immaginario collettivo? Vito Caiati, estetologo e critico ufficiale dell’evento dice: “La domanda giusta da farsi di fronte ad eventi artistici non è “che cos’è l’arte” ma piuttosto “quando c’è arte?”. La risposta è: ”quando c’è simbolizzazione” e cioè quando quell’evento e quell’artista ci aprono le porte di incontaminati mondi invisibili”. Sette gli artisti internazionali per lo start-up leccese: Daniel Killeen, (Scozia), Geri Loup Nolan (Scozia), Keith McIntyre (Scozia – Tyne and Wear), Magda Milano + DynaMode (Puglia – Italia – Scozia), M&P – Monticelli&Pagone (Abruzzo – Italia), Raffaele Quida (Puglia – Italia) e Silvia Ranchicchio (Umbria – Italia). Racconta Damian Killeen, Officer of British Empire, ideatore di Big Things onThe Beach, Edinburgh: “Questo progetto, OrbicularNebulosae ci invita a guardare, attraverso gli occhi degli artisti, il cosmo che abitiamo ed il significato della vita che viviamo all’interno di esso per esplorare ciò che significa essere umano in un multiverso sub atomico”.
In collegamento con Demarco European Art Foundation, la consulenza artistica di Ilaria Miccoli per Co61 Arte Contemporanea di Giammichele Arrivo ed Ilaria Caravaglio, la collaborazione con GeoArte per l’area straniera, l’evento si preannuncia un reale esperimento di coinvolgimento pubblico che ridefinisce il concetto di public art in cui arti visive, scenario artificiale ed umano, evento artistico-concettuale e opere, si fondono per dare vita a momenti indimenticabili. È proprio il pubblico infatti, il vero protagonista che, invitato dal gruppo italo-britannico DynaMode, diventa parte attiva della più entusiasmante e divertente esperienza creativa con l’arte. Secondo Andrea Montinari, presidente del gruppo Vestas – Hotels and Resorts, sostenitore e partner della rassegna: “Questo evento rivela un orizzonte di ampio respiro, con il suo carattere itinerante, la selezione di artisti e performer inconsueti, la programmazione e l’aspirazione a sviluppare un network di relazioni concrete tra centri di cultura, aziende, istituzioni.” Un’esperienza da vivere almeno una volta nella vita, per sentirsi parte di quel macrocosmo che non necessita di un telescopio per essere esplorato.
L’astronomia metafora di morte e rinascita
Perché chiamare in causa una nebulosa ed il muscolo che la fa apparire simile ad un occhio per dare un senso ad un evento, ammesso che un senso vi sia? Nihil est sine ratione, sussarava Leibniz. Anche questo titolo, quindi, materializzatosi sotto la spinta di una suggestione ed un transfert per l’opera di uno degli artisti di questo evento, non ne ha fatto una icona solitaria ma uno strumento esegetico per tutte le altre opere di cui replicava in modo eclatante la formula creativa. Anche quando l’arte contemporanea si è impegnata ad inseguire una sorta di escalation di negazioni e di trasgressioni di confini, per riaffermare la libertà dell’artista nell’essere se stesso, senza saperlo ha ceduto all’opera subliminale di immagini archetipiche che pulsano al di sotto della coscienza e vogliono uscire allo scoperto per completare la costruzione dell’uomo che da ameba ha assunto le attuali sembianze. Questo prima ancora di porgersi allo scalpello di questi scultori silenziosi che continuano a modellare l’anima e la materia per dare volto e consistenza attraverso il logos, alla divinità iscritta nella dialettica tra conscio ed inconscio. Proprio questo mondo ctonio, nascosto alla nostra percezione immediata, pulsa al di sotto della superficie visibile di questo evento. Un evento i cui protagonisti, avendo tacitato gli empiti egoici di un uomo narcisista, vogliono offrire le loro opere a questo mondo nascosto di senso che ci insegue in passioni che, ci coinvolgono e ci prendono. Opere che di questa spoliazione egoica si sono fatti una ragione, per coglierne i messaggi, per decrittarne il linguaggio.
Questo evento si incentra infatti su di una suggestione astronomica non tanto per fare sfoggio di competenze scientifiche o conoscenze sorprendenti, che ridurrebbero altresì la poetica dell’artista ad un opaco letteralismo di maniera, ma per proporci messaggi simbolici e suggestioni archetipiche che intessono un dialogo tra la parte cosciente e quella incosciente degli uomini. I messaggi dell’anima del mondo, che si fa visibile attraverso la funzione trascendente e la interpretazione simbolica.
Riecheggiando Nelson Goodman, la domanda giusta da farsi di fronte ad eventi artistici non è “che cos’è l’arte” ma piuttosto “quando c’è arte?”. La risposta è: ”quando c’è simbolizzazione” e cioè quando quell’evento e quell’artista ci aprono le porte di un incontaminato mondo invisibile. E’ il confine che una mostra con al centro il tema astronomico ci consente di superare, per mostrare l’invisibile, è quello tra mondo interno e mondo esterno. Infatti al mondo di fuori corrisponde il mondo di dentro, al microcosmo corrisponde sempre un macrocosmo. Quanto più questo mondo ci viene prospettato nelle sue anse lontane, misteriose e vertiginose, tanto più ci mette in contatto con i nostri mondi e pianeti interiori ancora senza senso e senza volto per dirla con Marsilio Ficino e Thomas Moore. Un evento dunque che parte dall’Astronomia ma che in realtà ci offre opere la cui costruzione è avvenuta all’ombra della suggestione di immagini archetipiche con cui non siamo entrati ancora in contatto. I messaggi sono iscritti al loro interno e servono a renderci consustanziali al mondo che – senza questo recupero di interiorità e di senso – ci appare estraneo, privo di una reazione emotiva al nostro essere. Cosa sono questi messaggi archetipici e perché devono adoperare l’arte per venire alla luce? Perché nell’arte il pensiero razionale è oscurato dalla libera danza dell’immaginazione e ogni pensiero è possibile proprio perché è stato tacitato l’influsso inibitore dell’ego che vive nutrendosi di categorie precostituite censurando tutto quello che si affaccia all’immaginazione con volti e proposte inedite. Qual è allora l’immagine simbolica che l’OrbicularNebulosae ci fa venire in mente? A quale mito ci collega, quali sono le immagini che determinano la nostra reazione estetica? L’orbicular nebulosae richiama prepotentemente quella circolarità primordiale dell’Uroboro il serpente che si morde la coda e che rappresenta la circolarità della vita e della morte, dello stadio primordiale dell’unione dei contrari e della nascita della coscienza. Un processo che non può fare a meno dell’uomo quale essere unico, dotato di capacità simbolica.
L’orbicular nebulosae e i singoli artisti di questo evento
Un siffatto processo coinvolge l’arte e gli artisti di questo atteso evento: tutte le opere sono caratterizzate da una radicalità formale che non appartiene ad un minimalismo o concettualismo espressionista fine a se stesso, ma che nella combinazione di significati collegati tra di loro, vale più per l’intenzionalità che la sorregge e gli conferisce tensione, che per la pur suggestiva struttura formale.
Una intenzionalità che soggiace a tutte le opere di Daniel Killeen, avamposti di quel sacro da cui l’arte contemporanea dall’Impressionismo in poi, ha tentato di scindersi ma che si riaffaccia prepotentemente anche in questa mostra nelle ispirate pennellate di questo artista attraverso nebulose che paiono divinità in incognito e tramonti densi di colore in cui il Cosmo intero diventa ierofania (apparizione della Divinità). E così come l’Orbicular-Uroboro ci trasmette il messaggio della circolarità dell’universo e della sua tensione verso una consapevolezza di sé nei simboli e nelle parole degli uomini, così i corpi vaghi e dolenti di Magda Milano, colti in un processo di liquefazione e dissoluzione, paiono volersi confondere con la vitale circolarità della nebulosa per accedere ad una rinnovata esistenza e ad un risveglio gratificante. Questo stare al confine ed alla periferia di morte e rinascita, affiora nelle opere di Geri Loup Nolan in cui sono scanditi i sovrumani silenzi della chiusura di un ciclo e dell’attesa di un altro, e in cui l’assordante assenza dell’uomo dagli oggetti che lo evocano e che paiono pietrificati nell’attesa di qualcun altro, ci riconducono al focus indistinto e creativo della nebulosa. Quest’ultimo è il luogo in cui si materializzano le misteriose e solenni opere di Raffaele Quida. Messaggi criptati che parlano linguaggi solenni e decifrabili con il pensiero del cuore, forgiati da Efesto e passati per le mani di Persefone, su di un alluminio incorruttibile o carte termiche temprate e resistenti al calore dell’Ade, ridondanti di dispacci trascendenti che solo una libera immaginazione può trasporre e rendere leggibili, nei quali ad una umanità in rotta si stanno rivolgendo gli dei con formule magiche per una irrinunciabile resurrezione. La natura dell’Uroboro e l’indistinzione creativa della nebulosa vengono ancor più rivitalizzate e arricchite, da un piano simbolico ancor più significativo che gorgoglia nelle rotonde sfere di Silvia Ranchicchio, ancora grondanti di materia lavica, pronte ad eruttare una nuova vitalità, inizio di una ontogenesi che riassume la filogenesi del cosmo. Su questa strada si sono incamminati con le loro ultime opere Monticelli&Pagone che, rapiti dallo studio del doppio e dell’ombra hanno saltato il rendez-vous con la parte cosciente che ad essa si contrapponeva nelle altre opere, per curvare i due corpi anneriti dell’ombra e resi bronzei in un’icona circolare che richiama esplicitamente l’Uroboro. La sintesi di queste danze artistiche sul crinale della dialettica tra vita e morte, coscienza ed inconscio ce la offre Keith McIntyre in cui, alle immagini di percorsi geometrici enfatizzati da icone di compassi e squadre contrappone una geometrica rimozione del suo volto, per dimostrare quanto sia gelida ed alienate una razionalità senz’anima. Keith fa del suo volto alterato all’interno di una superficie perfettamente circolare un’icona dionisiaca per celebrare l’unione dei contrari e l’accesso alla feconda esperienza della follia.
Metodo simbolico ed accesso ai mondi paralleli
Ma si potrebbe obiettare: non è arbitrario parlare di eterno ritorno, di tensione intenzionale di messaggi forgiati dagli inferi, di Uroboro, di archetipi e dei? Senz’altro si se noi dovessimo costringere la nostra lettura nelle strettoie di un letteralismo vagamente fenomenologico. Ma la nostra è una lettura simbolica anche nell’invito che essa racchiude per quanti interagiranno con l’evento. E per lettura simbolica si intende quella lettura che, posati gli occhi sul materiale artistico, si impegna a rivolgergli domande, attendendo che la risposta si materializzi in ulteriori immagini che ognuno, senza vincoli razionali, può far lievitare e spingere ad una dilatazione infinita per raggiungere mondi che una lettura letterale ed egoica, che si sovrappone alla fisionomia simbolica delle opere, non ci farebbero mai conoscere.
Vito Caiati
Category: Costume e società