MA PENSA TE…FINIRA’ COSI ANCHE PER L’ ILVA? LE CENE DI GALA TUTTE DIGERITE, FINISCE IN BURLETTA LO SCANDALO DELLA SANITA’ PUGLIESE DELLA GIUNTA VENDOLA
(Rdl)_____Nel processo sulla presunta mala gestione della sanità pugliese in cui è imputato l’ex senatore Pd Alberto Tedesco sono oramai prescritti ventitré dei venticinque capi d’imputazione contestati.
Lo ha detto oggi in udienza il presidente del collegio dei giudici dinanzi al quale si celebra il processo a diciotto imputati.
Il Tribunale non ha tuttavia formalmente dichiarato il non luogo a procedere per prescrizione, riservandosi di farlo alla prossima udienza del 10 gennaio 2017.
Gli unici due reati che resterebbero in piedi sono l’associazione per delinquere e un episodio di concussione risalente al gennaio 2009, contestati a dieci imputati.
Tedesco, all’epoca assessore regionale, è accusato di avere fatto parte della presunta ‘cupola’ che fra il 2005 e il 2009 “che controllava forniture e appalti pilotati verso imprese collegate ai referenti politici e che erano in grado di controllare rilevanti pacchetti di voti elettorali da dirottare verso Tedesco”.
In un’ intervista del 2012, così parlò Tedesco: “La diversità pugliese di cui parla Vendola? Qui il confine tra imprenditoria e politica non esiste. Gli imprenditori sono sempre stati in politica e, dunque, aspetto che la politica decida di affrontare il tema del conflitto di interessi”.
Noi di leccecronaca.it continuiamo a chiedere perché Michele Emiliano continui a fare pure l’ assessore alla Sanità.
E nell’ occasione odierna, ricordiamo l’ episodio più celebre della vicenda finita in prescrizione.
Una memorabile cena di gala ‘offerta’ da Giampaolo Tarantini, dal versante di affari della sanità, quella che sarebbe stata da lì a poco presto travolta da un disastroso scandalo, coinvolti in primis gli esponenti del Pd nella giunta Vendola Frisullo e Tedesco, coi quali però egli era in rapporti conflittuali.
E’ il 28 marzo 2008. Siamo a Bari, ristorante ‘La Pignata’, il più raffinato ed esclusivo della città. Ai tavoli, una settantina di persone, conto sui tremila euro, pagato dai sui collaboratori, per l’ organizzazione di Giampaolo Tarantini, con la collaborazione di Roberto De Santis (e dagli, sono sempre loro): ci sono tutti i manager e gli imprenditori che contano della sanità pugliese. Con la partecipazione straordinaria di Massimo D’ Alema, all’ epoca ministro degli esteri. E – aggiungi un posto a tavola, che c’è un amico in più – di Michele Emiliano, che “arrivò puntualissimo, e andò via per ultimo“.
Gli esiti recenti di alcuni procedimenti penali concernenti imputati ‘eccellenti’, tanto in ambito nazionale, che locale, hanno per un verso destato sconcerto nell’opinione pubblica, per altro suscitato un vivace dibattito nel mondo della politica e delle istituzioni circa il ruolo dei pubblici ministeri.
Nella confusione generale può forse risultare utile il contributo di chi, come lo scrivente, dirige un ufficio di procura tra i più oberati ed impegnati del Paese, allo scopo di chiarire alcuni principi cardine del sistema giustizia, orientando così la pubblica opinione in una lettura degli eventi che prescinda da interessate strumentalizzazioni.
Le assoluzioni, eccellente o meno che sia il rango dell’ imputato, non possano e non devono suscitare scandalo.
Scandalosi, piuttosto, sono i tempi con i quali si perviene alle sentenze ( e qui mi riferisco particolarmente a quanto si verifica a Bari ), ammesso che a sentenza nel merito e non a dichiarazioni di prescrizioni si giunga, dopo anni da quando le indagini sono state avviate, sovente con risonanza mediatica importante. Il problema vero è dunque altro.
La procura barese iscrive annualmente in totale oltre cinquantamila procedimenti penali ( si ricordi che ha anche competenza distrettuale per reati di particolare gravità, forieri di indagini complesse, soprattutto in terra di Capitanata ) ed è impegnata assai attivamente nel contrasto alla criminalità organizzata.
Con esiti giudicati per lo più positivamente. Tanto, che se purtroppo oggi sparano i minorenni è perché, grazie anche all’ impegno delle forze di polizia, i boss ed i loro adepti sono quasi tutti ristretti in carcere.
A fronteggiare l’emergenza vi è una squadra di magistrati e personale amministrativo quotidianamente impegnata in un superlavoro che ha consentito di portare a giudizio imputati in poco più di un anno, mentre funziona a pieno regime il pool ‘pronta definizione affari semplici’ di recente istituzione.
Continuano a pesare tuttavia i vecchi procedimenti ereditati dal passato. L’impegno – massimo – di ciascuno a livello locale si scontra tuttavia con il disimpegno del governo centrale.
L’organico dei magistrati proprio per la consistenza del carico di processi è stato nel tempo aumentato ( da 27 unità nel 2003 a 37 nel prossimo anno, con l’ aggiunta di 66 vice procuratori onorari ) ma, paradossalmente, quello del personale è sceso, nel medesimo arco temporale, da 149 a 133 ( peraltro solo parzialmente coperto ) per effetto di una serie di decreti ministeriali risultati assai ingiustificatamente penalizzanti.
La procura di Bari è oggi sinanche priva di un dirigente amministrativo, pur risultando tra le prime sei, sette in Italia per dimensioni. Né si intravedono concrete ed efficaci iniziative governative per il ripristino delle 9mila unità di personale amministrativo mancanti nel Paese, mentre da venti anni non venivano banditi concorsi per l’ assunzione di un numero adeguato di giovani, soltanto di recente essendosene varato uno per un numero assai limitato di posti.
Il risultato è che il lavoro celermente smaltito dai magistrati si blocca sulle scrivanie in gran parte vuote dei nostri collaboratori. Non viene ottemperato, dunque, il disposto dell’ articolo 110 della Costituzione, che assegna al ministro della giustizia l’ organizzazione e il funzionamento dei servizi della giustizia.
Si delegano anzi ai capi di Corte compiti di squisita competenza ministeriale, per la stipulazione di contratti ed altre incombenze tipicamente amministrative, così distraendoli dalle funzioni istituzionali proprie.
Per restare sul terreno esclusivamente locale va evidenziata l’ enorme sproporzione esistente tra l’ organico dei magistrati di procura e quelli della magistratura giudicante ( e relativi servizi di cancelleria).
L’ imbuto che si crea dopo il rinvio a giudizio impedisce la celere definizione dei processi in quella che dovrebbe essere la sede propria, dinanzi ai giudici, in tempi celeri, come prescrive la Carta costituzionale. Né può celebrarsi maggior numero di processi, perché mancano le aule d’udienza (ma quello dell’edilizia giudiziaria da terzo mondo a Bari è altro tema che qui solo si sfiora!) e non ci sono fondi per retribuire gli assistenti d’udienza per gli straordinari (l’orario normale di lavoro si esaurisce alle ore 14,00).
Il tema dell’urgenza di un intervento governativo volto a ripianare i vuoti negli organici del personale amministrativo è stato oggetto di una riunione del comitato direttivo dell’ associazione dei magistrati, estesa alla partecipazione dei capi degli uffici giudiziari, tenutasi presso la Corte di cassazione il primo ottobre.
Essa ha visto i capi di uffici grandi e piccoli tutti ugualmente dolersi per le gravissime difficoltà che li vedono costretti ormai a tagliare servizi ai cittadini.
Per parte mia ho evidenziato che lo sparuto numero di impiegati della nostra procura è destinato nei prossimi diciotto-ventiquattro mesi a ridursi ancora di ben ventiquattro unità, che saranno poste in quiescenza.
Ho anche pubblicamente ringraziato il consiglio dell’ordine degli avvocati di Bari che ci ha messo a disposizione alcuni impiegati, da noi utilizzati nei settori di attività per i quali non vige il segreto investigativo.
Ai lavori romani, risultati di drammatico rilievo per la rappresentazione unanime delle conseguenze gravi determinate dalle diffuse carenze di personale amministrativo, hanno assistito integralmente, e fino al pomeriggio inviati delle maggiori testate giornalistiche e delle televisioni.
Amarissimo è stato constatare all’ indomani che ad un problema di così grande rilievo per i cittadini erano state dedicate sui giornali poche righe, in qualche caso anche con caratteri particolarmente piccoli.
“Gli appelli del Procuratore di Bari, Dr. Giusppe Volpe e il mio pressing in Aula verso il Ministro Andrea Orlando non sembrano ricevere alcun feedback. Pertanto, Le chiedo di farsi diretta tramite per favorire la ricerca di una soluzione ad una vicenda drammatica come quella in cui versa il Tribunale di Bari”. E’ quanto si legge in una lettera che il senatore Dario Stefàno ha inviato oggi a Maria Elena Boschi, confidando in un intervento fattivo del Ministro, nella sua funzione di rapporto tra Esecutivo e Parlamento.
“A maggio – prosegue Stefàno – ho presentato un atto di sindacato ispettivo e sono tornato a sollecitare una risposta con un intervento di fine seduta, richiesta che poi ho dovuto replicare, non più di tardi di una settimana fa, a seguito della notizia relativa all’impiego di barellieri della Croce Rossa Italiana per sopperire alla carenza di personale amministrativo negli uffici giudiziari.
I solleciti sono rimasti tuttora inevasi, nonostante la vicenda sia stata denunciata senza troppi giri di parole dal Procuratore Volpe in persona”.
“A stratificarsi su queste evidenti criticità sono giunti anche gli esiti di alcuni procedimenti penali concernenti imputati “eccellenti” che hanno, per un verso, destato sconcerto nell’opinione pubblica, suscitando anche dibattiti sul ruolo dei pubblici ministeri tant’è che, in un recente nuovo intervento pubblico, il Procuratore Volpe ha messo in allerta sul rischio di corto circuito del sistema giustizia”.
“Con il passare dei giorni e l’incalzare degli eventi – ricorda Stefàno a Boschi – diventa sempre più stringente ricercare una soluzione alla condizione emergenziale che non permette più di assicurare ai cittadini pugliesi il servizio che una Procura dovrebbe garantire sul territorio”.