MENSA A SCUOLA O PANINO DA CASA? / – 2 / SULLA QUESTIONE CHE STA DIVIDENDO LE FAMIGLIE ITALIANE, LECCESI OVVIAMENTE COMPRESE, UN COMMENTO DA LECCE CITTA’ DEL NOSTRO AVVOCATO
di Stefania Isola * (avvocato – per leccecronaca.it )______
La “questione mensa scolastica”, sorta in Piemonte a seguito di un ricorso presentato da numerosi genitori che avevano rivendicato il diritto di poter far consumare il panino portato da casa ai propri figli, è giunta ormai al termine di un primo percorso giuridico con la vittoria dei genitori (non solo quelli ricorrenti), grazie alla sentenza della Corte d’Appello Tribunale di Torino e ad una successiva ordinanza dello stesso tribunale, la n. 20988 del 13 agosto 2016.
I giudici d’appello torinesi hanno condiviso le ragioni portate all’attenzione della magistratura da parte di alcune famiglie che avevano sostenuto il diritto delle stesse a far consumare ai propri figli, durante l’ora di mensa, il pasto portato da casa.
Il problema del cosìdetto “pranzo al sacco” poi, in questo periodo, assume ancora maggiore rilievo se si considera che, come ogni anno, anche a Lecce il servizio mensa non è stato ancora avviato, nonostante l’anno scolastico sia già iniziato.
Tale ritardo, pur in considerazione del fatto che lo stesso servizio, per consuetudine, non inizia mai prima di metà Ottobre, sembrerebbe essere legato alla farraginosa burocrazia dei bandi pubblici con ciò comportando uno slittamento, non valutabile in termini temporali.
Questa curiosa concatenazione di eventi rende doveroso, dopo un breve excursus cronologico, per i pochi che ancora non conoscono il problema, analizzarne i pro ed i contro.
Come detto la Corte d’Appello ed il tribunale di Torino, hanno affermato che gli studenti hanno diritto a consumare a scuola un pasto portato da casa, ribadendo che il diritto allo studio, tutelato dalla Costituzione, obbligatorio e gratuito nel livello di istruzione inferiore per almeno otto anni, non possa essere negato né subordinato all’adesione a un servizio a pagamento, come quello di refezione (motivazioni, quindi, che aprirebbero la strada a chiunque lo desideri di poter rifiutare il servizio mensa).
Nel provvedimento del magistrato, la scuola è stata invitata a stabilire regole di convivenza, visto anche l’utilizzo dello stesso refettorio che accoglie, durante la pausa pranzo, ragazzi che utilizzano il servizio di refezione e quelli che consumano il “pasto domestico”.
Dal Miur hanno annunciato ricorso in Cassazione ma intanto in altre città d’Italia – tra cui anche Venezia e Lucca – il pranzo da casa è diventato un tema che divide i presidi dai genitori, gli amministratori da mamme e papà che vogliono portare il panino in mensa. E intanto le aziende di ristorazione minacciano di aumentare le tariffe.
Ed è proprio da Firenze che arriva una richiesta al ministro dell’istruzione Stefania Giannini e alla collega del ministero della Salute, Beatrice Lorenzin, per avere una volta per tutte una risposta definitiva e precisa sulla questione. “Chiediamo come comportarci rispetto alle linee guida sull’organizzazione del servizio mensa. Nella missiva sottolineiamo – ha spiegato Giachi, vice Sindaco di Firenze, al termine della riunione della commissione – il nostro dispiacere, perché la mensa a scuola è un servizio che ha funzione educativa, prendendosi cura del benessere dei piccoli cittadini: per questo la ferma intenzione dei Comuni è provvedervi e semmai migliorarlo. Prendiamo atto della decisione di alcune famiglie e della legittimazione loro offerta dal giudice ma chiediamo di stabilire quali siano le competenze e le responsabilità di ciascuno degli attori istituzionali coinvolti, perché i Comuni sono tenuti ad offrire un servizio di supporto alla scuola, organizzando la refezione, mentre spetta alle amministrazioni scolastiche organizzare il tempo scuola”.
A parere di chi scrive comunque l’intera vicenda lascia forti dubbi e perplessità.
Pur sorvolando su come una sentenza possa rivoluzionare un intero sistema e su quale peso poi possa realmente avere, ragioniamo per un momento su che cosa potrebbe accadere e quali sarebbero gli scenari nel caso in cui i bambini dovessero portarsi da casa il cosiddetto “panierino”.
Secondo la sentenza è sacrosanto il diritto del “pranzo da casa”, ma come la mettiamo con l’altrettanto sacrosanto diritto di chi invece vuole usufruire del servizio mensa? Ovvero quali sono i diritti di chi ha sottoscritto con la scuola, pagando, un servizio di refettorio a determinate condizioni economiche e poi improvvisamente vede che queste vengono modificate perché le ditte appaltatrici aumentano il costo del servizio viste le scarse adesioni?
Senza parlare poi del fatto che la stessa sentenza ha sottolineato come spetti agli operatori della scuola vigilare che i bambini non si scambino il cibo. Ma vi sembra possibile? Ma soprattutto su chi deve gravare questo potere di vigilanza? Sulle maestre, sui collaboratori scolastici o su nuovo personale a ciò preposto? E su chi grava la responsabilità se un bambino sta male a causa del cibo, magari “rubato” da piatto di un compagno?
Altra questione di non poco conto poi è quella sollevata, anch’essa, in via indiretta dalla sentenza, ovvero delle modalità di consumo del pasto portato da casa.
Senza voler arrivare all’ormai noto caso verificatosi a Milano dove una bambina è stata allontanata dalla mensa e lasciata sola a mangiare perché aveva il panino preparato da mamma e papà, l’effetto domino di Torino ha creato problemi anche a Genova dove il Comune ha preso tempo per approfondire il profilo legale della questione coinvolgendo anche l’Asl.
Ma a tale proposito non si vociferava che nelle scuole pubbliche non potesse essere introdotto cibo preparato da casa in quanto contro il regolamento?
Troppi dubbi, troppe domande gravitano intorno a questa vicenda e forse sarebbe meglio, prima di sbandierare diritti e sentenze di verificare quale impatto dirompente questo potrebbe creare in un sistema già fortemente martoriato come il mondo della scuola, ma soprattutto dovrebbe essere necessario vigilare con maggiore attenzione su appalti e aziende specializzate, affinchè non si permetta che i nostri figli soffrano le conseguenze di un sistema malato.______
L’ APPROFONDIMENTO nel nostro articolo immediatamente precedente