RESOCONTO CONVEGNO COLDIRETTI. ALCUNE RISPOSTE ARRIVANO, PER LE ALTRE NON C’E’ SPERANZA
di Eleonora Ciminiello_____Puntualmente, ci è appena giunto il comunicato stampa di Coldiretti Lecce in merito al convegno formativo organizzato dalla stessa Coldiretti, dalla Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca e dal Gal Capo S. Maria di Leuca, dal titolo “La misericordia del Signore per ogni essere vivente. La biodiversità e gli innesti: segni di speranza”, svoltosi ieri, sabato 24 settembre, nell’Auditorium comunale di Gagliano del Capo.
Nel dovere di cronaca di riportare esattamente quanto scritto nel comunicato, aggiungeremo il nostro diritto di porgere alcuni appunti e qualche domanda.
Ad aprire i lavori il direttore di Coldiretti Lecce, Giuseppe Brillante che sostiene: “Gli innesti sono una speranza concreta per il futuro della nostra olivicoltura e la dobbiamo percorre sino in fondo con l’aiuto della scienza”.
Cominciamo a capire quindi il nesso tra innesti e misericordia.
Alle parole di Brillante seguono quelle di Monsignor Vito Angiuli, vescovo della Diocesi Ugento-Santa Maria di Leuca: “Abbiamo perso troppo tempo. I problemi quanto più seri sono tanto più hanno bisogno di una convergenza – ha detto l’alto prelato – inutile tirare la corda ciascuno nella propria direzione. L’appello è che tutte le forze, scienziati, coltivatori, imprenditori, si mettano insieme a lavorare per il territorio”.
Il messaggio di monsignor Angiuli potrebbe anche essere condivisibile, ma le sue parole, nella nostra mente producono un cortocircuito che genera un flash back: l’immagine è quella di una nota conferenza, svoltasi presso l’Hotel Hilton a Lecce il 29 luglio scorso.
I personaggi che richiamavano all’unione erano allora Benedetto Accogli, presidente di APOL, Giulio Sparascio, presidente della Confederazione Italiana Agricoltori A Lecce e Marcello Seclì, presidente Italia Nostra Sezione Sud Salento. Esattamente come allora, anche durante il convegno formativo tenutosi ieri, 24 settembre a Gagliano, è presente Paolo De Castro, coordinatore di S&D nella Commissione Parlamentare Agricoltura della Ue, il quale ha ricordato l’apprensione dell’Ue per la fitopatologia devastante in atto nel Salento.
“I controlli vanno fatti con maggiore capillarità e l’Italia deve dimostrare di essere in grado di contenere il batterio – ha detto all’assemblea – garanzia che non abbiamo dato sinora. Rischiamo l’embargo su qualsiasi prodotto agricolo. Solo facendo il nostro dovere possiamo sperare nella revoca del divieto di impianto delle specie ospiti, tra cui l’ulivo”.
Questa volta parla di possibili embarghi su qualsiasi prodotto agricolo salentino e di monitoraggi. Paura e terrore insomma: una tecnica che ultimamente va molto di moda. Paolo De Castro utilizza un linguaggio assolutamente imperativo: “i controlli VANNO fatti, l’Italia DEVE dimostrare”, e se i contadini faranno i compiti a casa, forse, e diciamo SOLO forse, possono sperare di vedersi revocare il divieto di impianto di specie ospiti.
Si è poi passati alla parte tecnico-scientifica del convegno. “È il momento di passare dalle chiacchiere ai fatti, affidandoci agli scienziati che sono gli unici che possano aiutarci a venir fuori da questo problema epocale”, ha detto l’olivicoltore Giovanni Melcarne, presidente del Consorzio Dop Terra d’Otranto. Un’affermazione che davvero ci fa sorridere questa, visto che son già tre anni che ci si affida alla “scienza” di Bari, ma andiamo avanti.
“È lui tra i principali fautori del campo sperimentale, per la cui realizzazione ha messo a disposizione 12 ettari di sua proprietà ed ha finanziato gli innesti. Abbiamo lavorato ininterrottamente per 4 mesi assieme ai ricercatori e ai tecnici che si sono spesi volontariamente per questa iniziativa”. Sono 250 le varietà di tutta Italia utilizzate per gli innesti nel campo sperimentale presentato a Presicce, un progetto targato Coldiretti Lecce con la regia scientifica di Cnr Ipsp, Università di Bari e centro studi “Basile Caramia”.
Ad una delle domande che ci ponevamo nel nostro articolo approfondimento di ieri risponde oggi Pierfederico La Notte, ricercatore dell’Istituto per la protezione sostenibile delle Piante del Cnr di Bari: «Le abbiamo recuperate da quindici regioni, praticamente tutte quelle olivicole, compreso il Veneto e il Friuli.
Una trentina di varietà utilizzate invece, sono straniere, originarie di Malta, Francia, Iran, Israele, Libano, Croazia.
La tecnica utilizzata nel campo di Presicce è quella detta «a pezza»: si crea una sorta di finestrella in cui si inserisce l’innesto. Il test iniziale per effettuare l’innesto è stato eseguito il 10 aprile scorso, per valutare se gli ulivi erano in vegetazione, e poi il primo innesto, ha spiegato il ricercatore, è stato effettuato il 24 aprile.
Tanti i vantaggi del tipo di innesti effettuati, definiti sovrainnesti. Primo tra tutti: la reversibilità dell’operazione. Qualora infatti dovesse essere trovata la cura per sconfiggere xyella fastidiosa si può effettuare una sorta di «rewind» vegetale e ripristinare la varietà iniziale dell’ulivo innestato. E poi la velocità con cui a partire dalla gemma innestata l’albero può «rifarsi la chioma», ovvero in quattro, cinque anni, ed ancora la relativa economicità dell’operazione. Abbiamo fatto un calcolo – ha detto ancora il ricercatore del Cnr – ed abbiamo valutato che per innestare un ettaro di uliveto, in media tre innesti su 60 piante, si spendono dalle 300 alle 400 euro. Una spesa relativamente bassa che potrebbe consentire di portarsi avanti con il lavoro, per così dire, qualora si dovessero effettivamente trovare altre varietà tolleranti, oltre al già conclamato leccino”.
Sulla tolleranza del leccino avremmo qualcosa da ridire ma poniamo solo una domanda: i risultati dello studio commissionato da Efsa all’Università di Bari non confermano che alla fine tre piante di leccino su sette dissecano? In che modo si definisce quindi il leccino tollerante? La difesa spasmodica a questa varietà a cosa è dovuta? È il caso di dire: misteri (e neppure troppo) della fede!
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