LE SANZIONI AI TRASGRESSORI PER LA RACCOLTA DIFFERENZIATA: COME SI DOVREBBE PROCEDERE?
di Stefania Isola * (avvocato – per leccecronaca.it)______
Mi si è stato spesso chiesto, prima come avvocato e poi come rappresentante di associazioni di consumatori, se fosse possibile identificare (e quindi, eventualmente, sanzionare) il responsabile di deposito irregolare di rifiuti a seguito di ispezione sul contenuto non conforme, e se sia possibile ricostruire le generalità del trasgressore con l’utilizzo di documenti personali ivi rinvenuti.
La problematica, molte volte in passato, è stata esaminata ed affrontata soprattutto riguardo alla tutela dei dati personali, e, come tale, sottoposta al vaglio del Garante della Privacy.
Tale Autorità, con provvedimento n. 1149822 del 14 luglio 2005, ha stabilito che “agli organi addetti al controllo è riconosciuta la possibilità di procedere a ispezioni di cose e luoghi diversi dalla privata dimora per accertare le violazioni di rispettiva competenza (art. 13, l. 24 novembre 1981, n. 689). Tale facoltà deve essere esercitata selettivamente nei soli casi in cui il soggetto, che abbia conferito i rifiuti con modalità difformi da quelle consentite, non sia in altro modo identificabile.
Risulterebbe, quindi, invasiva la pratica di ispezioni generalizzate, da parte del personale incaricato (agenti di polizia municipale, dipendenti di aziende municipalizzate), del contenuto dei sacchetti al fine di trovare elementi informativi in grado di identificare, presuntivamente, il conferente. Qualora siano utilizzati sacchetti dotati di microchip, di codici a barre o, eventualmente, di “RFID”, (dispositivo Radio frequency identification) non è quindi necessario procedere ad ispezioni al fine di individuare il conferente.
La modalità di accertamento descritta può poi rivelarsi lesiva di situazioni giuridicamente tutelate come la libertà e la segretezza della corrispondenza lasciata nei rifiuti. L’attività di ispezione non costituisce, peraltro, strumento di per sé risolutivo per accertare l’identità del soggetto produttore, dal momento che non sempre risulta agevole provare che il medesimo sacchetto, avente un contenuto difforme da quello per il quale il sacchetto è utilizzabile, provenga proprio dalla persona individuata mediante una ricerca di elementi presenti nel medesimo. Tale considerazione induce a ritenere che il trasgressore non dovrebbe essere individuato sempre ed esclusivamente attraverso una ricerca nel sacchetto dei rifiuti di elementi (corrispondenza o altri documenti) a lui riconducibili, e che quindi una eventuale sanzione amministrativa irrogata ad un soggetto così individuato potrebbe risultare erroneamente comminata.
Alle stesse conclusioni si deve pervenire nella diversa ipotesi in cui la violazione consista nel mancato rispetto dell’orario di conferimento”.
Non possiamo non riportare poi che in molti casi i Giudici, in sede di opposizione, hanno preso posizioni forti escludendo la responsabilità, dall’accusa di abbandono di rifiuti, del soggetto identificato esclusivamente a mezzo di documenti rilevati nel sacchetto di immondizia.
Sulla base di tali logiche considerazioni, possiamo quindi affermare che l’organo accertatore dovrebbe porre in essere ulteriori attività, quali l’assunzione di testimonianze, riscontri dei dati rilevati, documentare le fonti di prova in reperti fotografici, ecc., e trasferire il tutto in atti di accertamenti per far si che la contestazione della violazione amministrativa possa reggere ai successivi sviluppi dovuti al vaglio dell’autorità amministrativa prima e quella giurisdizionale poi.
Sicuramente un aiuto per risolvere il problema degli abbandoni dei rifiuti (che può essere complementare all’ispezione dei sacchetti di immondizia) può arrivare dalla tecnologia mediante utilizzo di sistemi di video sorveglianza (oggi sono in commercio apparati singoli che hanno costi irrisori e che si rilevano preziosissimi alleati per la lotta agli abbandoni).
Ulteriore questione riguarda poi l’utilizzo, o meglio l’obbligo di utilizzo, di sacchetti “conformi”.
A tale proposito il Garante per la Privacy ha ritenuto non proporzionata l’imposizione dell’obbligo di conferimento dei rifiuti urbani per mezzo di un sacchetto trasparente, nella raccolta porta a porta, in quanto ciò renderebbe palese a chiunque, nell’area antistante l’abitazione del singolo cittadino, il contenuto del medesimo sacchetto, invitando l’autorità comunale a provvedere nel senso di fornire alla cittadinanza contenitori più “anonimi”.
Invero, l’Autorità per la Privacy ha chiarito più volte che il suo intervento è diretto a bilanciare l’esigenza di rispetto della disciplina sulla raccolta differenziata con il diritto degli interessati a non subire violazioni ingiustificate della propria sfera di riservatezza.
Il fine del suddetto intervento, se riferito alle diverse tipologie di sacchetti (siano essi opachi, trasparenti, semi-trasparenti o translucidi), vuole evitare che essi permettano di mostrare il proprio contenuto, rendendo conoscibili a terzi non autorizzati informazioni vietate in tema di effetti personali o addirittura concernenti la sfera della salute o di natura politica, religiosa o sindacale degli utenti del servizio ambientale.
In conclusione, e riportandosi alle parole del Garante, si può affermare che “le lettere d’amore, le bollette, gli estratti conto, le confezioni di medicinali che decidiamo di buttare nei nostri rifiuti non devono finire nelle mani di chiunque o essere esposti a sguardi indiscreti perché sono tutte informazioni che fanno parte di noi, della nostra identità. Da esse si può capire molto dei nostri gusti, delle nostre preferenze, dei nostri stili di vita, del nostro stato di salute. Quindi, sì ai controlli per sanzionare chi non rispetta la raccolta differenziata, no a indebite invasioni nella nostra privacy.”