“Per un’ agricoltura rigorosamente naturale” ECCO IL PRIMO VIVAIO DELLA BIODIVERSITA’ CHE SI INAUGURA DOMANI A CASTIGLIONE D’ OTRANTO
Dalla ‘Casa delle agricolture’ Tullia e Gino riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente comunicato, per segnalare una pregevole iniziativa, che prenderà il via domani______
E’ quello che non c’era: un luogo unico in cui la biodiversità agricola si studia, si recupera, si riproduce, diventa leva di riscatto per la comunità locale, attraverso un’agricoltura rigorosamente naturale. E’ il primo vivaio della biodiversità della Puglia e non ha eguali in tutta Italia. Nasce dal basso, dall’esperienza di volontari.
Sarà inaugurato sabato 4 giugno, alle ore 19, a Castiglione d’Otranto, in zona Curteddhra, su via Vecchia Lecce, alla presenza di Paolo Cacciari, nome di punta in Italia nella riflessione sui beni comuni. L’evento coincide con la giornata di apertura della rassegna “La Terra del ritorno”.
Il vivaio. Dallo zafferano locale all’anguria gialla del Salento, dai pomodori Regina di Torre Guaceto a quelli di Leverano, dai Fiaschetto del signor Quintino al pomodoro invernale giallo con il pizzo di Carpignano Salentino, dal peperone ruggianese dolce alla zucchina San Pasquale, dal “meloncello” alla lenticchia di Altamura, alla canapa e molto altro. Poi ci sono i cereali: farro monococco e dicocco, grano Cappelli, grano Gentil Rosso, Miscuglio di Ceccarelli etc.
Sono decine e decine le antiche varietà orticole, cerealicole e leguminose coltivate all’interno del primo vivaio della biodiversità della Puglia, frutto di un lungo lavoro di ricerca sul campo, di contatti con contadini che di quei semi sono stati custodi nel tempo, di recupero di sementi bio certificate. È una biodiversità cresciuta nei semenzai dell’associazione Casa delle Agriculture Tullia e Gino di Castiglione d’Otranto. Il progetto, nato in collaborazione con Salento Km0 e il Parco naturale regionale Otranto-S.M.di Leuca-Bosco di Tricase, è la punta di diamante del piano portato avanti dal basso per il recupero delle terre abbandonate del Salento (guarda il video: https://vimeo.com/165540647).
La sfida: “strappare i contadini alla schiavitù dell’agrofarmacia”
Il vivaio non è un museo dell’arte contadina, ma un luogo di nuova vita che cresce e si riproduce. Agli inizi di maggio, in soli tre giorni, sono state distribuite 8mila piantine ai contadini che ne hanno fatto richiesta, provenienti non solo dal Salento ma anche dalla Calabria e dal nord della Puglia. «L’obiettivo – dicono da Casa delle Agriculture – è dare risposta concreta alla necessità di sviluppo sostenibile delle pratiche agricole naturali, organiche e biologiche, strappando i coltivatori al monopolio delle farmacie agricole. Per chi coltiva naturale, infatti, è difficile reperire informazioni, semi, piante, tecniche e strumenti, perché i canali di distribuzione sono quelli convenzionali, che propongono ibridi creati dalle grandi multinazionali, con conseguente necessità di utilizzo di concimi, fitofarmaci e diserbanti. Noi lavoriamo per creare un modello agricolo completamente differente da quello in atto, che ha portato all’abbandono e all’avvelenamento progressivo delle nostre terre».
“La Terra del ritorno”. L’inaugurazione del vivaio si terrà sabato 4 giugno alle ore 19, in zona Curteddhra a Castiglione d’Otranto, con una riflessione sul tema della biodiversità agricola come patrimonio da difendere, rivalutare e ricoltivare. Ospite d’onore sarà Paolo Cacciari, ex vicesindaco di Venezia, attivista nei movimenti sociali, ambientalisti e per la decrescita, autore di numerosi saggi sui temi dell’economia solidale, tra cui “Decrescita o barbarie”, “Viaggio nell’Italia dei beni comuni”, “Vie di fuga” e, da ultimo, “101 piccole rivoluzioni”.
Con lui dialogheranno Francesco Minonne, direttore del Parco Otranto-S.M.di Leuca; Raffaele Colluto, assessore all’Agricoltura del Comune di Andrano; Donato Nuzzo, presidente dell’associazione.
È il primo appuntamento della rassegna “La Terra del ritorno”, che è sostenuta dal Csv Salento e continuerà con altri tre appuntamenti: il “Riscatto del pomodoro”, sabato 11 giugno, con Salento Km0, Karadrà e Diritti a Sud; “Zona non avvelenata”, giovedì 23 giugno, con Isde Italia e Csv; “Il pane e le rose”, sabato 9 luglio, alla presenza del poeta paesologo Franco Arminio.
Casa delle Agriculture Tullia e Gino contro lo spopolamento dei centri rurali.
Il contesto di riferimento in cui opera Casa delle Agriculture Tullia e Gino non è semplice. Castiglione d’Otranto, frazione di Andrano, è un paese in via d’estinzione, segnato da poche nascite (quest’anno, ad esempio, nasceranno solo due bimbi) con conseguente chiusura delle scuole, invecchiamento della popolazione e un tasso di emigrazione elevato. La prima ripercussione è nelle campagne: moltissimi i terreni incolti, spesso preda di incendi; tanti i campi che, per praticità, vengono trattati con potenti diserbanti, con relativo rischio ambientale e sanitario; la mancata produzione agricola ha fatto scomparire antiche cultivar e ha spezzato il circuito virtuoso autoproduzione-scambio-economia di vicinato.
L’associazione, intitolata a Tullia e Gino Girolomoni, pionieri del biologico italiano, prima informalmente dal 2011 e poi formalmente dal 2013, cerca di invertire la rotta: sui dieci ettari concessi in comodato d’uso gratuito da privati, ha reintrodotto storiche colture (farro, grani antichi, canapa, varietà locali di ortaggi e legumi), portate avanti con metodi naturali. Ha avviato la prima petizione italiana contro l’abuso di chimica in agricoltura, consegnata al presidente della Regione Puglia nel dicembre 2014. Grazie alla sinergia con istituzioni e altre associazioni, ha creato il Parco Comune dei frutti minori, bonificando dai rifiuti i tratturi, lungo i quali sono stati piantati alberi da frutto dimenticati. Inoltre, organizza incontri con esperti ed eventi legati alla promozione della biodiversità (es. Notte Verde).
Info: Tiziana Colluto, attivista Casa delle Agriculture Tullia e Gino
348/5649772 tizianacolluto@gmail.com
Category: Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Chissà il mio povero nonno se fosse ancora vivo e gli leggessi quest’articolo quante risate si farebbe.
Tanti nomi altisonanti, Direttore dell’associazione x, attivista della casa y, portavoce della biologia zeta, sigle e contro sigle, per dire semplicemente coltivare la terra come si faceva una volta. Quando dopo aver zappato l’orto, si spianava la terra con il rastrello si faceva una buca dove si metteva ” nna francata te rumatu”, ossia una manciata di letame. Dopodiché si interrava la piantina presa dalla “ruddha”.
Se invece si trattava della campagna, allora si arava col cavallo o col trattore, poi si ripassava attaccando dietro l’animale o il mezzo meccanico la “tragghia” che serviva a rendere uniforme il terreno e poi si seminava.
Mio aveva imparato e leggere durante il militare, per una vita ci ha fatto mangiare, i cavoli, le rape, “li mugnuli”, le angurie gialle e rosse, ” le melunceddhe”, i pomodori, i meloni, e le squisite “mine te monache” ecc.
Ricordo anche quando da ragazzino mi portò a mietere a mano, un pezzo di terra dove aveva seminato del grano e i mezzi meccanici non riuscirono ad entrare nel fondo.
Oggi per fare ciò che i nostro nonni ignoranti facevano, abbiamo bisogno di professori e di fare tante chiacchiere?