XYLELLA / MUST LECCE: POCHE DOMANDE SENZA DIRITTO DI REPLICA. LE RISPOSTE SONO IN DIFFERITA
di Eleonora Ciminiello______
Sull’incontro avvenuto ieri al MUST di Lecce, organizzato dall’Accademia dell’Olio e dell’Olivo e da Coldiretti Lecce, c’è poco da dire, o forse anche troppo. Sebbene l’incontro sia durato quasi cinque ore, infatti, le teorie proposte, a parte il progetto presentato dal professor Ciccarella dell’Università del Salento, sono sempre le medesime. Pertanto sorvolerò, offrendo ai lettori solo l’ultima parte, quella relativa allo spazio riservato alle domande che il pubblico ha rivolto ai relatori.
Quello che segue è, se così si può chiamare, il dialogo fra i relatori e la sottoscritta.
Prof. Giovanni Martelli: «Ah…. Dov’è Eleonora Ciminiello?»
Rispondo: «Sono io»
Il professor Giovanni Martelli legge la mia domanda, con delle piccole aggiunte e qualche tentennamento: «Secondo quanto richiesto, detto, rilevato dalla Procura di Lecce… La Procura di Lecce contesta agli studiosi diversi errori. In particolare si è evidenziato che i risultati del sequenziamento inserito nel database di Genebank sono stati più volte corretti dagli stessi studiosi. Gli avvocati (degli studiosi indagati) hanno sostenuto che i ricercatori si sono sbagliati. Come è possibile? Non crede che questo errore abbia danneggiato il lavoro anche di altri? E soprattutto, abbia bloccato la ricerca e le potenziali soluzioni?»
Poi il professore risponde: «È’ normale che quando si fanno delle sequenze, molte sequenze, soprattutto se sono parziali, possano esserci delle delle… degli errori, degli errori di interpretazione di lettura. Quindi queste sequenze vanno “registrate”. Dopo la verifica, aver controllato etc., queste sequenze normalmente si mandano alle banche dati. Nel caso specifico purtroppo questo non è stato fatto, la rivisitazione è stata fatta dopo, non tante volte ma una volta soltanto, perché sono state riviste e si è visto che avevano degli errori. Questo è un pochettino quello che è l’effetto cerniera: se lei c’ha una cerniera lampo e compagnia bella, e c’ha un dente che salta, la cerniera si blocca, quindi c’è bisogno che tutti i denti siano a posto e che combacino altrimenti la cosa non funziona. Questo è il discorso. Quindi sì, è vero sono state corrette delle sequenze perché bisognava farlo, perché in effetti erano sballate. Pensa lei che questo possa aver influito sulla ricerca? E DI CHI?»
Non comprendo perché il professor Martelli si agita, ed alza la voce.
Lui continua: «No, no DI CHI?».
Provo a parlare ma sono sopraffatta dal volume della sua voce: «No, lei mi deve dire chi ha lavorato su questo. Chi è stato che ad un certo punto ha sollevato le magnanime terga su cui era seduto, si è rimboccato le maniche è andato in campo, ha preso i campioni ed ha cominciato a lavorare su questo? Io so della gente qui che ha pianto “Ahhh il Monopolio della Ricerca Barese”. Eh? C’è stato qualcheduno che ha impedito a queste persone di fare qualche cosa? Oggi abbiamo avuto la dimostrazione: il professor Ciccarella ha parlato oggi. Con chi sta collaborando il professore? Con Bari!»
Vorrei dire: «Appunto!», ma lui continua nel suo innervosito discorso: «Quindi, quindi queste sono delle fandonie, nel modo più assoluto. Sono delle fandonie».
A quanto pare la mia domanda ha prodotto un moto di rabbia non calcolato, e ad accorgersene è anche il moderatore.
Il giornalista Tonio Tondo, interviene: «Professore, si attenga, si attenga alla domanda. Evitiamo la polemica, lei non può fare una relazione perché non è una scienziata la signora!».
Il professor Martelli, con il sorriso sulle labbra risponde: «No non è una scienziata però parla come se fosse una scienziata».
Applauso in sala. Poco meno di una trentina persone applaudono a non si sa bene quale battuta.
A quel punto sono costretta ad alzare la voce, visto che il moderatore non consente diritto di replica, né tanto meno di risposta a domande che mi erano state poste: «Mi scusi, posso? Mi scusi visto che sono stata interpellata posso? A me piace leggere e documentarmi prima di scrivere a differenza di qualcun altro. È quella la differenza: io quando scrivo e parlo prima di documento, altri non lo fanno. Andiamo avanti. Possiamo andare avanti adesso».
Ovviamente questa breve frase è stata quasi urlata, perché tra le risa del professor Martelli e gli ammonimenti al silenzio del moderatore Tonio Tondo non si poteva davvero fare altrimenti.
Durante la sua risposta il professor Martelli mi ha posto delle domande, ma visto il divieto di replica imposto non si sa bene secondo quale visione del confronto democratico, mi ritrovo costretta a rispondere qui.
Gli studiosi danneggiati sono tutti quelli che si son visti privati della possibilità di fare ricerca. Ricordiamo che con la delibera 1842 del 25 settembre 2014, la giunta regionale ha autorizzato “l’Osservatorio Fitosanitario regionale a predisporre, ai sensi dell’art. 15 della legge 241/90, accordi con le pubbliche amministrazioni che dispongono di personale idoneo e qualificato per l’espletamento di alcune delle attività previste nel piano di azione, che sono accreditate dall’Ufficio Osservatorio fitosanitario ai sensi dei DD.MM. 14/4/1997 per le analisi di laboratorio e che hanno sede operativa nella Regione Puglia allo scopo di evitare il rischio di trasportare il materiale infetto in altre regioni, individuando specificatamente gli Enti e le rispettive attività di competenza, tra i quali il CNR ”Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante” (ex Istituto di Virologia Vegetale UOS di Bari), per effettuare le analisi di conferma, la validazione di tecniche diagnostiche”.
Rammento quindi al prof. Martelli che gli unici a poter fare ricerca dal lontano 2013 sono stati solo il CNR IPSP di Bari, l’Università di Bari e il CRFSA “Basile -Caramia”. Chiunque avesse voluto analizzare direttamente i campioni non poteva farlo: l’unica soluzione era rivolgersi alle banche dati di Genebank le quali, per circa un anno e mezzo, hanno conservato una sequenza errata.
Il professor Martelli passa alla lettura della seconda domanda che ho voluto sottoporre alla sua attenzione: «Lo studio prodotto per EFSA è una pubblicazione ufficiale o possiede solo il titolo di progetto pilota?».
Il professore, tornato pacato e in sé, risponde: «Allora, che cosa ha fatto EFSA. Ad un certo punto visto che c’era tanta gente che diceva che xylella non esiste, forse esiste e se esiste non ci sono prove di patogenicità e compagnia bella… ha voluto vederci chiaro. Ha voluto verificare. Che cosa ha fatto. Ha commissionato al CNR perché si facessero le famose prove di patogenicità, che sono state fatte. Il lavoro è stato presentato come RELAZIONE alla EFSA. C’è un panel fitosanitario che è formato da 20 ricercatori di tutto il mondo, un solo italiano dentro, non è neanche un virologo ma è un patologo dell’università di Piacenza, quindi neanche meridionale».
Il docente continua: «(EFSA) ha detto che cosa? Ha detto che le cose sono state fatte bene, le prove di patogenicità sono convincenti, i postulati di Koch sono stati rispettati. Abbiamo detto ad EFSA possiamo pubblicare questi dati? No! Finché non vi diamo il permesso di farlo. Non possediamo il copyright, nel momento in cui avremo questo permesso, scriveremo un lavoro e questo andrà pubblicato sulla rivista internazionale, se ce lo accettano, se non ce lo accettano …D’accordo? Quindi, non c’è…»
A questo punto affermo: «L’ufficialità non c’è».
Lui continua: «Se si ritiene che la pubblicazione su una rivista ISI sia l’unico modo e l’unica cosa giusta esatta e compagnia bella, questo non c’è ancora, tenga peraltro conto che ci sono dei lavori eccezionali che sono stati pubblicati su quelli che gli anglosassoni chiamano obscure journal, ovvero su riviste apparentemente di secondo piano».
In buona sostanza la relazione, come la definisce il professor Martelli e come l’abbiamo definita noi dall’inizio, non è una pubblicazione ufficiale. Mi permetto di fare un piccolo appunto: come mai il professor Porcelli e la dottoressa Percoco dicevano il contrario durante un incontro ad Ostuni?
E se EFSA avesse ritenuto il lavoro completo, non sarebbe stata la prima a voler veder ufficializzato questo studio? Non è che per caso, come abbiamo più volte sostenuto, essendo un lavoro incompiuto ed incompleto non è stato possibile richiedere l’ufficializzazione dei dati?
Ultima risposta che ritengo interessante per il pubblico, soprattutto per comprendere lo stato di “confusione” degli ospiti della giornata, è stata quella rivolta al dottor Salvatore Camposeo. Raggiungendo il palco il dottor Camposeo ha mutato la domanda che avevo sottoposto alla sua attenzione, rendendola così: «L’inviata di leccecronaca chiede se sia stata brevettata una specie di ulivo denominata lecciana».
La sua risposta: «No». Secondo: «Le risulta sia esente da xylella?» La risposta: «Non mi risulta».
Camposeo lascia il microfono ed io ovviamente non ho potuto replicare in virtù del NON DIRITTO di replica, quindi anche per lui rimando non alle mie parole bensì al documento, che allego, verbalizzato dalla sua università (pag.83-91) e per la nuova specie d’ulivo Lecciana, alla rivista Olint n. 27 (pag.10).
Magari a mente fresca, il dottor Salvatore Camposeo la prossima volta riuscirà a ricordare particolari in più, e se così non fosse può sempre chiedere: disponibile a fornire tutto il necessario per recuperare quel settore della memoria svanito nel nulla.
Category: Costume e società, Cronaca, Politica, reportage
salve,
sono uno studente di chimica farmaceutica, pugliese dell’università di Siena e vi dò atto che abbiamo cominciato con la mia tesi un progetto bioinformatico sulla predizione di bersagli farmacologici per la terapia sulla xylella…dunque vi posso assicurare che chi si sta occupando di questa tematica c’è…e abbiamo già utilizzato il sequenziamento pubblicato dall’uni Bari..spero non sia sbagliato dunque o che i geni che abbiamo estrapolato per le nostre proteine bersaglio non siano comprese nell’errore.
Giuseppe Lupoli
I due link riportati in cosa d’articolo sulla “Lecciana” non dicono alcunché sulla resistenza della varietà alla Xylella, la varietà viene unicamente descritta come “nuove selezioni di olivo da olio a bassa vigoria”, ossia olivi che fruttificano pur rimanendo bassi.
Da quale pubblicazione/articolo è stato desunto il dato sulla resistenza della Lecciana alla Xylella?
Gentile Valentino Traversa,
da cosa desume lei che nell’articolo si affermi che Lecciana sia resistente a Xylella?
L’articolo sostiene “«L’inviata di leccecronaca chiede se sia stata brevettata una specie di ulivo denominata lecciana».
La sua risposta: «No».”
Alla dimenticanza del dott. Camposeo sulla sottoscrizione di un contratto per la produzione di un ibrido Leccino/arbosana rispondo allegando il verbale dell’università di Bari, in cui si evince chiaramente che è il dott. Camposeo il responsabile dei rapporti con la società Agromillora, e la rivista Olint che dimostra che l’ibrido è stato realizzato.
Alla seconda domanda: “«Le risulta sia esente da xylella?» La risposta: «Non mi risulta».” Il dott. Camposeo non ha risposto, anzi ha risposto con tono sbeffeggiante. Per conoscere la risposta, quindi, dovremo attendere ancora un po’, sia io che lei.
Buona Giornata
Eleonora Ciminiello