‘DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA’, SINDACO E GIUNTA COMUNALE QUERELANO IL GIORNALISTA DANILO LUPO PER UN POST SUL SUO DIARIO DI ‘FACEBOOK’
(g.p.)______La giunta comunale di Lecce querela per diffamazione il giornalista Danilo Lupo (nella foto), 40 anni, di Casarano, ora residente a Milano. Autore negli anni scorsi di tante inchieste di denuncia su Telerama, attualmente in servizio presso la redazione della televisione La7, Danilo Lupo aveva scritto nei giorni sorsi un post sul suo diario ‘Facebook’ di commento alla vicenda dell’ asilo comunale ‘Angeli di Beslan’ occupato dal ‘Collettivo Terra Rossa’, e successivamente sgomberato, in cui, fra le altre considerazioni, aveva affermato: “Perché a quanto pare nel Comune di Lecce puoi fare tutto. Puoi occupare abusivamente una casa popolare. Basta avere il permesso dell’ assessore. Puoi comprarti i pezzi migliori del patrimonio comunale. Basta avere il permesso del sindaco”.
Sono precisamente queste le frasi oggetto della querela, che la giunta comunale di martedì 17 ha deciso di presentare. La relativa delibera, “immediatamente esecutiva”, è stata resa nota oggi, con la pubblicazione sull’ albo pretorio comunale.
Su relazione dell’ assessore Luigi Coclite, e su istruttoria del settore avvocatura, la giunta ha dato mandato all’ avvocato Tiziana Bello, legale comunale, di presentare querela per diffamazione a mezzo stampa nei confronti di Danilo Lupo, ritenendo che le frasi citate “sono gravemente lesive dell’ immagine di questa Amministrazione, e della reputazione del Sindaco e della Giunta tutta”.
In serata, sempre via ‘Facebook’, il commento del giornalista, in cui, fra l’ altro, dice: “…Credo di aver detto la verità. E comunque di aver espresso un’opinione basata sulle inchieste della procura e sugli atti politici di una giunta, atti per i quali non è obbligatorio il battimani o lo srotolalingua. Siamo cittadini. Anche se a qualcuno può non piacere. Non sudditi, ma cittadini“.
Category: Cronaca
L’Altra Puglia nasce per praticare il conflitto, sociale e politico, e per questo si schiera al fianco delle 46 donne e uomini indagati per il blocco dei binari a San Pietro Vernotico, del 10 novembre scorso.
Quel giorno c’erano casalinghe, contadini, famiglie, associazioni, pensionati, artisti. Erano tutti lì, uniti, per bloccare un piano scellerato che prevedeva la distruzione di un milione di ulivi e l’utilizzo di veleni deleteri per la salute e per l’ambiente.
Lo stesso piano che oggi è oggetto di indagine da parte della Procura di Lecce.
Per lo stesso motivo siamo al fianco dei 3 indagati del Collettivo Terra Rossa di Lecce, “accusati” di aver sottratto un bene pubblico al degrado per restituirlo alla fruibilità della collettività. Così come siamo al fianco di chi è stato diffidato per l’organizzazione di una iniziativa di approfondimento sulla realtà politica sudamericana.
E siamo oggi al fianco di chi viene querelato da una amministrazione comunale, solo per aver espresso la propria opinione in un post su un social network.
In tutti questi casi quel che si è cercato di fare è stato reprimere ogni prospettiva di conflitto o dissenso. Come è sempre successo nella storia, c’è un potere dominante che prova in tutti i modi, con le buone o con le cattive, ad annullare ogni spazio di riflessione critica. Ma proprio la storia ci insegna che è stato il pensiero critico a garantire, in ogni epoca, il progresso dell’umanità.
La repressione può scrivere al massimo qualche pagina di cronaca, ma è il conflitto che scrive i capitoli di storia. Allora ognuno è chiamato a scegliere se assopirsi nella cronaca o agitarsi nella storia. Le donne e gli uomini che hanno dato vita a L’Altra Puglia hanno fatto, sin da subito, una scelta chiara e precisa, quella di praticare il conflitto, tanto sul piano delle idee e dei valori, quanto su quello delle relazioni sociali e degli equilibri politici.
Noi siamo convinti, però, che non sia più tempo di solidarietà passiva. Non è più possibile limitarsi all’indignazione estemporanea per ogni episodio di repressione, qualunque forma essa assuma. È invece il momento per praticare la solidarietà attiva: condividere gli stati d’animo, socializzare le opinioni, popolare gli spazi di mutualismo, elaborare visioni alternative al sistema di potere dominante. In altre parole occorre agitarsi e organizzarsi, perché lassù invece sono abilissimi nel capitalizzare il nostro isolamento e campare della nostra rassegnazione quaggiù.