XYLELLA: LA CORTE DI GIUSTIZIA ACCELERA. SARA’ GIUSTIZIA?
di Eleonora Ciminiello______Succede in Lussemburgo.
Il Presidente della Corte di Giustizia europea ha deciso di accelerare il procedimento che vede protagonista il ricorso pregiudiziale presentato dal Tar Lazio alla stessa Corte, sulla vicenda della Xylella fastidiosa. L’accelerazione, imposta dal Presidente della Corte di Giustizia, viene spiegata con una nota del servizio stampa della medesima Corte, che spiega la decisione con questa laconica frase “visto il presumibile rischio di danni irreversibili all’ecosistema e all’agricoltura del territorio pugliese che un prolungamento eccessivo di questa sospensione potrebbe produrre”.
Dall’analisi, i risvolti che si prospettano non preannunciano nulla di buono. Ma andiamo per gradi.
Tutto ha avuto inizio con un ricorso presentato da alcuni agricoltori pugliesi al Tar Lazio, attraverso il quale questi proprietari si sono voluti opporre al decreto n. 2180 del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali del 19 giugno 2015. L’opposizione è dovuta all’obbligo, previsto nel decreto, dell’abbattimento di tutti gli ulivi infetti e contestualmente di tutte le piante ospiti di Xylella (anche se sane) presenti nel raggio di 100 metri calcolati a partire dall’ulivo ritenuto infetto. Tale disposizione doveva essere messa in atto sia nella fascia “infetta” della provincia di Lecce che nei nuovi focolai rinvenuti al di fuori di essa.
Chiamato in causa, il Tar Lazio si è pronunciato sospendendo l’esecuzione di queste misure e rimandando alla Corte europea di Giustizia, ponendo in essere una “questione pregiudiziale” sulla possibile contraddittorietà del decreto italiano con la normativa UE. Infatti, gli agricoltori ricorrenti avevano messo in luce come la Direttiva della Commissione Europea 2000/29 dell’8 maggio 2000, cui il decreto italiano rimanda, “non prevede alcun obbligo di rimozione delle piante sane, quando non vi sia stata alcuna indagine scientifica preventiva che abbia motivato questa misura drastica come l’unica idonea a fermare la diffusione del batterio”.
La Corte europea di Giustizia europea aveva quindi, in prima battuta, rinviato il pronunciamento al 5 maggio 2016.
Ma torniamo un po’ indietro. Il 4 aprile 2016 scadevano per le parti i termini per presentare le osservazioni presso la Corte europea di Giustizia. A tale scopo, la Commissione europea chiamata in causa dai rinvii imposti dalla Corte di giustizia europea, ha chiesto ad Efsa, l’ente privato di riferimento, un parere scientifico sulla questione xylella. In particolar modo la Commissione ha posto a Efsa sei quesiti, due dei quali (1: nella zona infetta è presente un solo tipo di Xylella? 2: Le sperimentazioni portate avanti dai ricercatori Mario Scortichini, Antonia Carlucci e Francesco Lops stanno dando risultati?), attualmente ancora senza risposta.
Efsa risponde all’Europa con un lavoro commissionato al CNR di Bari, un lavoro non ancora concluso, ma passato al grande pubblico come una “PROVA”. Efsa pubblica, il 29 marzo 2016, in tutta fretta e nonostante non sia ancora conclusa, la relazione (non si può chiamare altrimenti) redatta dal CNR di Bari. Il giorno dopo la pubblicazione ci chiedevamo il perché, oggi lo supponiamo: non sarà che l’urgenza della pubblicazione fosse necessaria per essere usata nel contraddittorio della Corte europea di Giustizia? Sarà che proprio quel documento, nonostante sia incompleto, incompiuto, e non costituisca prova certa di nulla, è stato prontamente presentato come Osservazione da chi sostiene le tesi delle eradicazioni?
A questa “manovra”, di Efsa, CNR e Commissione Europea, ne corrisponde un’altra a data 8 aprile 2016: la pubblicazione delle misure fitosanitarie emanate dalla Regione Puglia. Nelle misure previste dalla Regione per tutti i nuovi focolai, ritroviamo ” Tuttavia, nelle more della pronuncia da parte della Corte di Giustizia Europea, in applicazione del D. Lgs 214/05, deve essere obbligatoriamente eseguita almeno la rimozione delle piante infette da parte dei proprietari/conduttori” e inoltre “È obbligatorio abbattere tempestivamente tutte le specie ospiti presenti nel raggio di 100 metri attorno alle piante accertate infette, ad eccezione delle piante di olivo”. Vi ricorda qualcosa?
È come se la Commissione Europea, dopo 3 anni, si ricordasse quanto sia inaccettabile non avere ancora in mano nemmeno un documento “buono” per giustificare la tesi delle eradicazioni proposta dagli “scienziati” di Bari.
È come se Efsa avesse accelerato per produrre un documento indispensabile per consentire ai medesimi “scienziati” di portare qualcosa alla Corte europea.
È come se la Regione avesse dato il suo beneplacito alla tesi delle eradicazioni, anche nel raggio dei 100 metri, attraverso un piano approvato l’8 aprile e pubblicato dopo giorni non direttamente sull’URP, ma sulla pagina emergenzaxylella.it
Pensare che una somma di poteri si muova in modo da “liberare” il Salento e la Puglia dal rischio di danno irreversibile dell’ecosistema prodotto da un microscopico batterio è inquietante, grottesco, inverosimile.
Come possono ancora alcuni credere che il danno sia un piccolo batterio, quando per altri il vero danno è quello di veder sparire l’unico polmone verde esistente in questa piccola terra fra i due mari?
Per molti distruggere l’ecosistema significa sovvertire microcosmi, far spazio “all’innovazione” ai danni di un mondo che è lì da sempre. Distruggere per molti è l’azione che si compie quando NON SI VUOLE cercare di andare al nocciolo della questione, NON SI VUOLE puntare all’unico vero problema della terra salentina: l’avvelenamento.
Il Salento suda veleno, dalla terra, dalla falda, dall’aria, dal mare. Gli ulivi consentono ai salentini ancora di sopravvivere: ma forse è proprio questo il problema.
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