DUE GIORNI A MILANO, LE MIE CONSIDERAZIONI SU “EATALY” E LA MIA VISITA ALL’ EXPO, GRANDE CONTENITORE DI CONTRADDIZIONI E DI MISTIFICAZIONI
di Cristian Casili * (agronomo – consigliere regionale del M5S)______
A Milano ho visitato in primo luogo lo “store” Eataly di piazza XXV Aprile, dell’ ex imprenditore di elettrodomestici Oscar Farinetti.
Un’attenta analisi può aprire subito a spunti interessanti e farci riflettere su un agroalimentare locale stritolato dai prezzi di prodotto proveniente dai Paesi extraUE e che qui, invece, trova una “zona franca” dove imporsi a prezzi molto spesso proibitivi.
I prodotti dell’eccellenza italiana e dei presidi locali ci sono, ma un occhio attento si accorge immediatamente come tra questi, che svettano nei punti più strategici dello store, ve ne sono tanti altri dozzinali, però anche questi ultimi venduti a prezzi incredibili!
Insomma il Farinetti ha capito come fare i soldi senza però abbandonare i paradigmi di un’agricoltura industriale che sta depauperando biodiversità e impoverendo le comunità locali. Intanto, qui in Puglia, regione con la più alta agro biodiversità nazionale, non siamo capaci di riprenderci la nostra sovranità alimentare, insieme al potere evocativo delle nostre eccellenze. E la mistificazione continua schiacciata da immagini e spot….”La vita è troppo breve per non vivere italiano“, recita una scritta sulle scale mobili dello store.
Expo un grande contenitore senza contenuti. Ed eccomi a raccontarvi in poche righe le mie impressioni su questa grande esposizione mondiale del cibo e della nutrizione. Troppo facile criticare l’Expo, è come sparare alla croce rossa.
Così lascio scivolare alcune mie considerazioni senza pensieri precostituiti, senza ideologiche prese di posizione, senza demonizzazione, ma lascio parlare i sentimenti e le percezioni che pervadono chiunque cerchi nella vita di calarsi al contesto di “luogo” senza farsi rapire dalla decontestualizzazione di questi “non luoghi”.
Iniziamo.
Arrivati all’ingresso principale, superati i metal detector, si è difronte al grande viale centrale che taglia longitudinalmente tutto l’Expo, il viale del DECUMANO lungo 1.5 km e ai cui lati sono presenti altri viali e i padiglioni in rappresentanza di oltre cento Paesi.
Chilometri di asfalto pitturato di rosso o colori chiari che danno subito la percezione di quanta superficie sia stata impermeabilizzata.
I padiglioni sono un concentrato di architettura e tecnologia, praticamente una competizione a suon di milioni di euro tra i Paesi ospiti.
Il padiglione Italia, tanto per citare un esempio, è costato oltre novanta milioni di euro, ma ve ne sono tantissimi altri che lo superano in grandezza e tecnologia, per un ammontare complessivo di 1 miliardo di euro. Milioni di tonnellate di cemento, acciaio, legno, vetro che si sviluppano su una superficie di 110 ettari. Pazzesco pensare che solo una parte di tutto ciò verrà recuperata dopo soli cinque mesi di utilizzo, la durata effimera dell’Expo.
Indubbiamente l’opulenza delle architetture ti lascia senza fiato, le forme ingegneristiche sfidano la fisica. L’involucro c’è tutto, ma il contenuto?
E allora via a visitare il Brasile, la Corea, la Cina, il Vietnam, l’Italia e via scorrendo. Dentro grandi schermi in alta definizione passano le immagini più disparate sulla malnutrizione, il cibo, i rifiuti, le bellezze paesaggistiche e artistiche, sono presenti ricostruzioni o plastici alla Bruno Vespa dei paesaggi e del cibo.
Insomma strutture sfarzose in cui va di scena l’ipocrisia e quello che questa società malata vuole vedere ma non vuole sentire, o meglio percepire. E allora vedi scene come quella mamma con il bambino che mangia le patatine del Mcdonald’s di fronte ad un’immagine 3D molto forte, quasi realistica di un bambino africano pelle ed ossa che accovacciato cerca di spiluccare qualcosa nella terra arida e la stessa madre gli sussurra: “Vedi Marco questa è la fame nel mondo“.
Ma vaffanculo!!!!!! Non l’ho detto ma l’ho gridato forte dentro di me.
Questa è forse l’immagine più forte che porto via dall’Expo.
E poi quanto verde!! Quanta acqua in giro tra fontane che sparano ad altezze siderali e a ritmo di musica sotto la spinta di chissà quali infernali pompe di sollevamento. Eppure nei padiglioni si parla di risparmio di risorse idriche ed energetiche!
Insomma in contraddizioni l’Expo vince e non ha eguali.
Il padiglione dell’Inghilterra è emblematico. Paesaggisticamente ben fatto, e dedicato alle api, tante specie vegetali “vere” impiantate e fiorite, ma mancano gli attori principali, le api!!!!
All’interno di tutto l’Expo troviamo le piantagioni più incredibili, risaie in miniatura, lavandeti, campi di grano, migliaia di alberature di tutti i tipi, graminacee a profusione, aromatiche, insomma si è cercato di stemperare le milioni di cubature con tanto verde, ma stranamente mancano gli insetti: non c’è natura. La natura si è opposta. Tanto è vero che gli espositori sono stati costretti a inserire un sofisticato sistema audio all’esterno che riproduceva il ronzio delle api e dei bombi.
Dopo circa sei ore di Expo è arrivata l’ora di congedarmi da questa ipocrita mistificazione della fame del mondo, del cibo e della nutrizione.
Non ci sono i contadini, non ci sono i pescatori, non ci sono i piccoli produttori.
Non ci sono i giovani.
Abbiamo perso l’occasione di dimostrare, noi Italiani, di guardare alla cultura locale, all’arte, alla biodiversità che stiamo distruggendo e con essa paesaggi, saperi, tradizioni, usi, ricette, sapori. Avremmo potuto coniugare le due cose, tecnologia e tradizione, invece come al solito hanno vinto coloro che ad ottobre se ne andranno lasciando le esuvie di una metamorfosi industriale che toglie dignità alle popolazioni locali.
Category: Cronaca