E’ POSSIBILE UNA RIPARTENZA DEL CENTRO DESTRA? “Non possiamo più attendere” – IL CONTRIBUTO DI GIANNI ALEMANNO
Riceviamo e volentieri pubblichiamo ( chi è interessato può trovare nella sezione “storia di copertina”, oppure col motore di ricerca interno tutti i contributi arrivati da Lecce e dall’ Italia nelle scorse settimane)
Scrive oggi il sindaco di Roma e leader del Pdl:
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NON POSSIAMO PIU’ ATTENDERE: dopo le elezione siciliane del 28 ottobre avremo tempi strettissimi per realizzare il processo di “azzeramento” del Popolo della Libertà e per promuovere un nuovo progetto politico per il centrodestra. E’ necessario sottrarsi al procedere inerziale e alla tendenza al rinvio che sembrano caratterizzare tutto il nostro Partito e i suoi potenziali alleati.
La sinistra ha imboccato con decisione una strada stretta ma precisa, delineata dalle alleanze con Sel e Idv e dalla sfida Renzi-Bersani nelle primarie. Al contrario il centrodestra, terzo polo compreso, si limita a lanciare estemporanee proposte di aggregazione verso esponenti della società civile e ad offrire letture contraddittorie del proprio appoggio al Governo Monti. Tutto questo avviene sotto la pressione di scandali ed inchieste giudiziarie che stanno mettendo a sempre più dura prova la credibilità del mondo politico nel suo complesso, aprendo varchi crescenti all’astensionismo e ai movimenti dell’anti-politica.
Per questo motivo è necessario definire con chiarezza un programma immediato che scandisca i passaggi di una profonda e radicale trasformazione nell’area del centrodestra, un programma in cui i cambiamenti programmatici, comportamentali ed organizzativi siano strettamente collegati tra loro. Tutti riconosciamo ad Angelino Alfano il ruolo di leader e a Silvio Berlusconi – dopo la sua generosa decisione di fare un passo indietro per favorire la riunificazione del centrodestra – quello di un punto di riferimento imprescindibile, ma è necessario che questi ruoli si dispieghino in un deciso impulso al rinnovamento e alla trasformazione del nostro Partito.
1. L‘ufficio di presidenza del PdL in data 8 giugno 2012 ha votato all’unanimità un Ordine del Giorno per indire in autunno le elezioni primarie per la scelta del candidato premier. Successivamente quest’ipotesi è stata accantonata – senza nessuna votazione in organi ufficiali di partito – di fronte alla disponibilità di Silvio Berlusconi a candidarsi in prima persona come Presidente del Consiglio. Più di recente questa disponibilità è stata rimessa in discussione da Berlusconi stesso, per perseguire il progetto di una più ampia ricomposizione del centrodestra, in grado di coinvolgere l’Udc ed esponenti della società civile. Torna quindi pienamente valido quell’Ordine del Giorno che impegna tutto il nostro mondo ad un confronto diretto con i cittadini per individuare la premiership: non eludere ulteriormente questo impegno è un’imprescindibile condizione di credibilità per intraprendere qualsiasi nuovo percorso.
2. Di fronte alla crisi politica ed organizzativa del Popolo della Libertà sono fiorite molteplici ipotesi di scissione del partito, di cui quella prevalente è una divisione tra la ”destra” degli ex-AN e il “centro” degli ex-FI. Queste ipotesi, comunque formulate, rimangono comunque secondarie e perdenti rispetto a quella di una rigenerazione unitaria di un soggetto politico trainante per il centrodestra, perché le motivazioni che ci hanno portato a dare vita al PdL sono tuttora valide e fondanti. Se si sposta la nostra attenzione dalla vita quotidiana di partito alle elaborazioni culturali e alle grandi scelte strategiche di governo, è evidente che all’interno del PdL si è creata una grande unitarietà ed osmosi tra le diverse posizioni politico-culturali. Ottimi documenti come “Il Manifesto per il Bene comune della Nazione” sottoscritto da fondazioni di diversa origine culturale, dimostrano quanto forte e trasversale sia l’unità di valori presente nel PdL.
3. Separare il centro dalla destra è problematico e pericoloso perché, nella cornice comune del popolarismo europeo ispirato dai valori della dottrina sociale della Chiesa, qualsiasi frattura rende meno credibile ed equilibrata la sintesi politica e programmatica da offrire alla comunità nazionale. In particolare un partito che si dovesse caratterizzare solo come una forza di destra rischierebbe di accumulare al proprio interno le propaggini più estreme e contradditorie di filoni culturali presenti trasversalmente in tutto il centrodestra: questo partito si troverebbe ad essere la sommatoria paralizzante tra una destra ”legge ed ordine”, una destra liberal-liberista e una destra sociale. Le contraddizioni ed i conflitti ideologici spesso dilanianti che hanno attraversato la storia dei partiti di destra, dal Msi ad Alleanza Nazionale, dovrebbero ammonire rispetto ai rischi di un simile percorso.
4. Vi è poi un’altra “scissione” da evitare all’interno del centrodestra, quella tra un istanza di radicamento popolare e un approccio di realismo e governabilità, che fanno entrambi parte del Dna del centrodestra. Queste due anime sono entrate oggi in profonda tensione di fronte alle difficili scelte economiche e sociali che ci vengono imposte dall’Unione Europea per fronteggiare la crisi economica. Questa contraddizione ha già fatto in Europa una vittima illustre: Nicolas Sarkozy che ha perso la sfida per il rinnovo del suo mandato presidenziale, per aver sacrificato l’orgoglio e il reddito dei francesi sull’altare del rapporto privilegiato con la Signora Merkel.
Dopo la caduta del governo Berlusconi uno dei motivi della paralisi politica del PdL è stata l’oscillazione tra il sostegno al Governo Monti, dovuto ad un atteggiamento responsabile di fronte alla crisi economica, e la necessità di tenere conto della protesta del ceto medio contro i sacrifici, spesso insostenibili e iniqui, imposti dalle politiche di rigore di questo Governo. Quindi qualsiasi speranza di rilanciare il centrodestra, in Italia come in Europa, è legata alla capacità di riunire radicamento popolare e governabilità in un grande e credibile progetto politico. Soprattutto non bisogna inseguire le pulsioni demagogiche e protestatarie dei partiti e dei movimenti che oggi si contrappongono scompostamente alle politiche dell’Esecutivo tecnico: il programma della maggioranza che uscirà vincente dalle prossime elezioni, se non vuole portare l’Italia alla rovina, dovrà rappresentare non un ribaltamento ma un’evoluzione delle azioni dell’attuale Governo.
Se Mario Monti è riuscito ad assicurare il rigore dei conti e quindi la credibilità internazionale, il futuro governo di centrodestra dovrà basarsi su un programma in grado di produrre simultaneamente rigore, equità e sviluppo. Dobbiamo parlare all’anima e all’identità del popolo Italiano, garantire la coesione sociale e il rispetto dei valori della dignità delle persone, abbassare la pressione fiscale sulle imprese e le famiglie per rilanciare l’economia, senza uscire dai vincoli stringenti delle compatibilità europee e della competitività nell’economia globale. In più è necessario aprire una vera e propria “fase costituente” che rinnovi le nostre istituzioni e la vita politica ed amministrativa italiana, rimettendo ordine tra le tante agende di riforma che si sono contraddittoriamente sovrapposte in questi anni. Questo è il compito che si può assumere un nuovo centrodestra per dare uno sbocco alla interminabile transizione della seconda Repubblica e per portare l’Italia fuori dalla crisi economica, senza ricadere nei vecchi schemi ideologici che ancora condizionano la sinistra.
5. Ulteriore conseguenza di questo ragionamento è lo schieramento con cui il centrodestra si deve presentare alle prossime elezioni politiche. Il repentino ribaltamento di posizioni attuato dalla Lega Nord nel contesto della crisi della Regione Lombardia, è l’ennesima prova dell’inaffidabilità politica di questo partito che non è ancora uscito dalle derive populiste e separatiste ereditate dal “bossismo”. Tutto questo dovrebbe far escludere, almeno nel breve periodo, ogni ipotesi di considerare la Lega come il principale alleato nel nostro centrodestra. La nostra attenzione si sposta inevitabilmente verso l’Udc di Casini e verso quelle forze della società civile e del mondo cattolico che hanno in vario modo manifestato la volontà di scendere in campo. Sono forze da non sopravalutare nelle loro capacità aggregativa ed elettorale, ma sicuramente alternative ad un Partito Democratico sempre più spostato a sinistra. Il centrodestra del futuro, anche prossimo, non può non aggregarsi intorno all’asse principale costituito da ciò che nascerà dal PdL, dall’Udc e dalle forze della società civile non subalterne alla sinistra. Attorno a quest’asse si potranno aggregare anche altre forze, ma questa non può non essere la colonna vertebrale di un centrodestra realmente in grado di battersi per essere la maggioranza dal paese.
6. Occorre quindi tentare di procedere ad una rigenerazione unitaria del centro destra che non risulti come un operazione di facciata, recuperando l’impegno a svolgere le elezioni primarie di cui parlavamo al primo punto. Questo potrebbe essere un cronogramma credibile per attuare questo progetto:
a. Convocare entro novembre una grande convention per azzerare il Popolo della Libertà e per avviare la costituzione di un nuovo soggetto politico che lo sostituisca integralmente. In tale convention si dovranno compiere una serie di scelte propedeutiche all’indizione delle primarie: lanciare un manifesto di valori e di obbiettivi politici per la fondazione del nuovo partito; approvare un regolamento per organizzare le elezioni primarie a livello nazionale e locale; individuare precise regole di rinnovamento etico e comportamentale per scegliere le persone che possono aderire al nuovo soggetto politico e candidarsi alle elezioni; selezionare una rosa di nomi e di simboli da sottoporre al vaglio popolare per individuare la nuova immagine del partito da lanciare fin dalle elezione regionali del Lazio e della Lombardia.
b. Aprire un confronto pubblico trasparente per promuovere la più vasta alleanza possibile alternativa alla sinistra, con tutte le forze politiche e i gruppi parlamentari, i movimenti e le associazione della società civile, gli esponenti della cultura e dello stesso Governo tecnico a cominciare da Mario Monti, per vagliare le decisioni prese nella convention di novembre su basi metodologiche, organizzative e politiche condivise, senza fughe in avanti e polemiche pregiudiziali.
c. Indire entro la fine dell’anno una giornata di elezioni primarie in tutta Italia, per scegliere il nome e il simbolo del nuovo partito, la classe dirigente, i candidati a Sindaco, a Presidente di Regione e a Presidente del Consiglio. In particolare la scelta della premiership potrà essere accompagnata da un mandato a trattare con altre forze politiche la scelta di candidature in grado di garantire schieramenti più ampi. In un successivo turno di primarie da svolgersi più vicino alle elezioni politiche potrebbero essere messe ai voti le principali scelte programmatiche e i candidati da inserire in eventuali liste bloccate ancora presenti nella legge elettorale.
Category: Costume e società