ANTONIO GABELLONE SUCCEDE A SE’ STESSO A PRESIDENTE DELLA “NUOVA”PROVINCIA/ Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?
di Giuseppe Puppo____________
Antonio Gabellone che succede a sé stesso è il “nuovo” presidente della “nuova” Provincia di Lecce. Non lo hanno eletto i cittadini, ma i consiglieri comunali dei comuni del territorio provinciale. Così, come la mitologica Araba Fenice, da oggi la Provincia, che era data per morta e doveva essere soppressa, risorge a nuova e peggiore vita, con poteri e competenze di tutto peso, che vanno dalle strade, alla pianificazione territoriale, all’ambiente, oltre alla ordinaria, vergognosa pratica delle consulenze, delle deleghe, delle rappresentanze, delle nomine, del gestione dei consigli di amministrazioni di enti e società, il tutto a loro uso e consumo, con relativi costi a carico di tutti noi, in una specie di quintessenza della partitocrazia, dal sottobosco della politica, dai funghi, dai tartufi, dai cespugli della casta: meno consiglieri di numero, ma rafforzati dal dover rispondere soltanto ai propri referenti capi cordata e capi bastone dei partiti di provenienza.
Per non dire poi delle “aree metropolitane” dotate di poteri straordinari, a esclusivo tornaconto degli interessi particolari e a danno di quelli del bene comune.
Diciamo la verità: a modo loro, dal loro punto di vista, hanno fatto un capolavoro. Centro – destra e centro – sinistra, tutti d’accordo, uniti nella lotta, di abolire le province e risparmiare soldi da investire per fini migliori, così, almeno, avevano fatto credere. Ricordate? Pagine e pagine di spiegazioni, dichiarazioni di nobili intenti, commosse disponibilità. Poi, piano piano, prima hanno cominciato a dire che non si potevano abolire, poi le volevano ristrutturare e poi ancora accorpare, generando stagioni di “tavoli tecnici” e mesi di tavole quadrate. Infine la genialata del decreto Del Rio, del governo di Matteo Renzi.
Eccola qua, la sua riforma: così sono le riforme del governo Renzi, adesso non si tratta di ipotesi e malvagità, adesso è un dato di fatto.
Nella fattispecie, fingendo di voler abolire le province, in un festival inscenato per mesi sul teatrino della politica, la kermesse della sfacciata ipocrisia, le hanno risistemate a uso e consumo del loro regime.
Diciamo la verità: a modo nostro, dal nostro punto di vista, di cittadini, hanno fatto una schifezza.
Io lavoro con le parole, ne ho un gran rispetto, so che a volte pesano più di macigni, ma proprio per questo non trovo vocabolo migliore per definire quanto è successo in questi mesi e si è consumato alla fine ieri in tutta la sua vergognosa compiutezza.
Questo è quanto ho capito, e se mi sbaglio, sottopongo la mia valutazione – come mio dovere – al giudizio dei lettori, i quali avranno le loro autonome capacità, per comprendere e giudicare.
Ma sono un giornalista, non un passacarte. Per questo, adesso, più che elencare i consiglieri eletti, vi racconto come sono stati eletti.
Da chi, l’ho già detto: i consiglieri comunali dei nostri comuni, per di più in base ad astruse percentuali di peso numerico, per cui alcuni sono meglio degli altri, e ora si sa come spesso sono eletti i consiglieri dei nostri comuni, specie quelli più piccoli: clan di riferimento, famiglie di appartenenza, diritti scambiati per favori, piaceri, raccomandazioni, promesse e banconote da cinquanta euro a scheda.
Come, ve lo racconto io adesso. Cominciando dai dieci della maggioranza vincente: indicazioni precise, indiscutibili e inderogabili della regia occulta di Forza Italia di Raffaele Fitto, ai “piccoli” elettori, che, essendo parte integrante del sistema, sono usi a obbedir tacendo, per continuare a far parte, anche se ognuno nel loro piccolo, della nomenclatura del regime. E così per forza – alla faccia del popolo della libertà, ma quale popolo? ma quale libertà? – sono stati eletti i designati dal cerchio magico che da decenni si stringe intorno a Fitto figlio, erede di Fitto padre.
Quanto a quelli che saranno opposizione: pizzini dei capi corrente del Pd, e dei così detti “centristi”, a uso e consumo delle loro “primarie” interne prima e poi in vista delle elezioni regionali vere e proprie, una specie di prova preliminare, una sorta di pole position delle competizioni reali dei prossimi mesi. In più, le solite, feroci polemiche di correnti contrapposte.
Già: pure, ma quale opposizione? Daranno e avranno, in proporzione, sempre fra di loro, così come sarà il processo inverso negli altri enti provinciali dove i ruoli si invertono, ma la sostanza non cambia.
Questo è quanto, per la “nuova”/ vecchissima Provincia di Lecce, che doveva essere, nell’iconografia ufficiale della partitocrazia, volano di sviluppo e di cultura – ma quale cultura? Ancora con la Simona Manca nel “cerchio magico”? – e che invece sarà la celebrazione dei fatti e misfatti operati dalla casta che sopravvive a sé stessa e lotta per sé stessa a nostro danno, anche grazie alle miracolose riforme operate dal sistema secondo Matteo. Questo, esattamente questo.
Category: Costume e società