GIOVANI SALENTINI/ “Cosa farò da grande”
LA FUGA DEI CERVELLI ALL’ESTERO
di Sabrina Tommasi
Secondo Piano e vista sul Museo di Bretagna! Libri, luce artificiale e quel silenzio tipico delle biblioteche. Teste chine a cercar di fare i conti con ciò che si ha di fronte, il proprio futuro.
Tra tutti i visi corrugati in un’espressione di massima concentrazione, c’è lui. È arrivato il momento della pausa, sono ore che i suoi occhi incontrano lo schermo del pc con quegli algoritmi e quelle immagini sulla risonanza magnetica sulle quali lavora da mesi. Puccio per gli amici, italiano, anzi come lui stesso tiene a precisare con quel “Forza Napoli” sbandierato di tanto in tanto, napoletano doc. Chi è del Sud Italia ha un legame viscerale con la propria terra, una relazione veramente inspiegabile.
In questo clima così rilassato, ma anche grazie alla stanchezza e alla voglia di staccare la spina, le parole sfuggono, come un fiume in piena e vanno a ricostruire frammenti di vita. Scelte, paure, dubbi si intrecciano a sogni e speranze. Sono tutta orecchie, cercando di pesare ogni parola, ogni gesto, ogni espressione, vorrei che non mi sfuggisse nulla di quel racconto. Dottorato di Ricerca in Fisica Biomedica in Francia, è qui per questo, Rennes (nella foto NdR) è la prima città nella quale è stato chiamato. Con il cuore diviso tra l’Italia e la Francia e con il pensiero fisso verso quegli amici che mancano più di ogni altra cosa, ha lasciato tutto per assecondare la passione per la fisica e la ricerca biomedica. Un 110 e lode e un “Arrivederci e Grazie” tutto italiano, la sua storia è una delle tante che ricordano le enormi pecche del Bel Paese.
Una volta si emigrava al Nord, invece negli ultimi anni migliaia di brillanti laureati sono costretti ad andare all’estero per avere i giusti riconoscimenti. Un vero e proprio esodo, che prevede l’export di cervelli e competenze ed ha inesorabilmente un doppio costo. Da un lato, si ha una perdita di capitale umano, diminuendo le possibilità di sviluppo del territorio. Dall’altro, si ha una perdita da parte dello Stato in termini di costi sostenuti per la formazione. Si è infatti calcolato, che l’Italia, in questo modo, direbbe addio ad un investimento complessivo di circa 175 milioni di euro. Quindi, riassumendo, tutti noi abbiamo contribuito a formare gente capace, che però siamo disposti a lasciar andare altrove, favorendo la crescita di un Paese che non è il nostro.
Sul fenomeno, l’Istat, nel 2012, ha dedicato uno studio, rilevando come più di 14 mila laureati abbiano spostato la propria residenza al di là delle frontiere nazionali. E così alla domanda “Pensi di ritornare in Italia dopo il dottorato?”, una sonora risata accompagna un “Pe’ niente proprio!” con quell’accento così marcatamente meridionale. Una risata che lascia l’amaro in bocca, che sa di beffa. Alla Napoli selvaggia, stupenda e misteriosa ha dovuto farsi andar bene una Rennes efficiente, tranquilla ed ecologica come lui stesso la definisce. Ma qual è quel plus valore che un italiano porta andando all’estero? “Il calore, la conoscenza teorica, la macchinetta del caffè e il caffè italiano!”.
È come se l’Italia avesse regalato gli ultimi, ma indispensabili pezzi del puzzle al quale lavora da anni, al resto del mondo. Chissà quando riuscirà a riprenderseli con gli interessi! Intanto l’unico consiglio che il mio amico Puccio si sente di dare alle nuove generazioni, guardandomi negli occhi, quegli occhi così espressivi e rassegnati ad una vita lontano da casa, è di considerare la possibilità di lavorare o finire la formazione all’estero. Io spero vivamente che l’Italia prima o poi riesca a completare quel dannato puzzle e che possa sfoggiarlo come la più grande ricchezza che ha tirato su in questi anni!
Sabrina Tommasi
Category: Costume e società