GUERRA E PACE – ancora sul “costruire la cultura della pace”, dopo la morte di Manuele Braj e le riflessioni della nostra community avviate il 28 giugno scorso con l’articolo così intitolato
GUERRA E PACE – ancora sul “costruire la cultura della pace”, dopo la morte di Manuele Braj e le riflessioni della nostra community avviate il 28 giugno scorso con l’articolo così intitolato
di Rdl
Di tutti i tagli di spesa e le manovre varate dal nostro governo, nemmeno una è stata indirizzata a ridurre le spese militari correnti, specialmente quelle per le così dette “missioni umanitarie”, che in realtà sono vere e proprie guerre al servizio degli Stati Uniti. Così, mentre in Italia la crisi viene fatta pagare ai più deboli e ai ceti medi sempre più poveri, all’estero le criminali campagne militari statunitensi non hanno risolto proprio niente di quello che a parole avrebbero dovuto risolvere, esportando, a suon di bombe micidiali, la così detta democrazia, ma anzi hanno aggravato la situazione, gettando quei Paesi nel terrore, nella disperazione, nella povertà.
Fra l’altro, continuano a fare vittime civili, su vittime civili. Soltanto gli industriali e i mercanti di armi si fregano le mani: quelli che sostengono il presidente Obama e gli interessi neoimperialisti degli Americani.
Il guaio è che più o meno direttamente con loro ci siamo anche noi Italiani. Berlusconi e Fini, Prodi e D’Alema, Monti e Draghi: non è cambiato niente. Che la smettano almeno di raccontarci la favoletta ipocrita dei nostri soldati che sono andati al fronte a distribuire le caramelle e i cioccolatini ai bambini.
I nostri soldati sono andati in Iraq e in Afghanistan ad aiutare le truppe di occupazione americane. Sono andati a fare la guerra.
Una guerra assurda, senza motivo. Una guerra degli Americani che uccide donne e bambini vittime innocenti. Questa è la guerra.
Non ci sono guerre giuste.
L’unica certezza, l’ultima speranza è che si affermi la cultura della pace. Una cultura che consideri la guerra un tabù, qualcosa di esecrando, da estirpare senza se e senza ma, da considerare come oggi si considera la schiavitù, la legge della jungla, l’incesto.
E’ un processo lungo: in fin dei conti, per esempio, la schiavitù ha dominato incontrastata per millenni e per secoli e relativamente da pochissimo, da pochi decenni, essa è stata almeno legalmente bandita.
Ora, tocca alla guerra: è la sfida del nuovo secolo e del nuovo millennio. Le nuove generazioni dovranno impegnarsi e riuscirci. Ma noi, pure noi, dobbiamo pur cominciare in qualche modo.
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Inventing Peace Another focus in my lab is what we call “peace innovation.” We’re investigating how technology can help change attitudes and behaviors in ways that bring about global harmony. We know this is an idealistic project and we may fail. But given the state of the world, choosing not to pursue this line of research would be irrational. I created a Stanford course on Peace Innovation, and I was pleased with how the students performed. We’ve starting solving a big piece of the puzzle: creating simple and reliable methods to measure peace-related outcomes. ( da: www.bjfogg.com )
Sono parole di BJ Fogg, studioso dei nuovi mass media e delle tecnologie della persuasione contemporanee, fra i cui strumenti ci sono, come è noto, i social network, fra cui Facebook e un po’ tutti i blog. Ne mette in risalto le straordinarie potenzialità di comunicazione di idee e di diffusione di ideali. Ne ha uno anch’egli, lanciato con l’ Università di Stanford. Costruire la pace nel mondo e, fedele ai propri insegnamenti, sui grandi traguardo da raggiungere a piccoli passi, costruire la pace nel mondo entro i prossimi trenta anni.
Noi di leccecronaca.it pensiamo che trenta anni siano pochi, che ne servano almeno trecento. Però è vero. Le grandi rivoluzioni non avvengono da un giorno all’altro, le grandi rivoluzioni avvengono nell’arco di molti e molti anni prima e dopo le date – simbolo. Ci sono voluti secoli per, per esempio, abolire la schiavitù e le leggi razziali: nei tanto additati a campioni di libertà Stati Uniti d’America – giova ricordarlo – le ultime leggi razziali sono state abolite negli anni sessanta, appena quaranta anni fa.
Vogliamo dire questo: ci sono i contesti storici e i processi storici che hanno i loro modi e i loro tempi, di cui bisogna sempre avere lucida consapevolezza, storicizzando quello che ci si trova ad affrontare.
E vogliamo dire soprattutto quest’altro: è a gente come BJ Fogg che vanno dati i Nobel per la pace, perché hanno avviato una grande rivoluzione epocale, di cui sono e saranno protagonisti attivi tutti coloro che, soprattutto nelle giovani generazioni, questa grande rivoluzione epocale, di costruire la cultura della pace, giorno per giorno si fanno artefici, anche semplicemente scrivendo, o leggendo, o diffondendo, qualche notizia, o qualche commento, su un qualche sito web.
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Quanto ci sia ancora da fare per costruire una diffusa e condivisa cultura della pace viene quotidianamente testimoniato dal silenzio assordante con cui l’informazione ufficiale copre quanto continua ad avvenire in Afghanistan, dove, come è noto, con il pretesto di scovare presunti terroristi, gli Stati Uniti d’America e i loro servi alleati hanno esportato una lunga e sanguinosissima occupazione militare, al fine consolidare i propri interessi economici e strategici e soddisfare le industrie di armi, oltre che quelle del petrolio, che sorreggono il potere e l’intero sistema, esattamente come avevano fatto in Iraq.
Una guerra dai costi ingenti, che però ha fatto la fortuna dei mercanti di morte e dell’alta finanza internazionale, a danno del popolo americano, la cui soglia di povertà continua quotidianamente ad innalzarsi, come del resto in Italia.
Gli stessi costi in termini di vite umane sono paurosi, pagati dai figli del popolo povero, da cui provengono i soldati americani mandati a morire in oriente, in termini di migliaia; e pagati soprattutto dal popolo iracheno, in special modo civili innocenti, vecchi, donne e bambini, in termini di centinaia di migliaia di morti, dalle seicentomila al milione di vittime.
Fra Afghanistan e Iraq non c’è differenza. Col pretesto della lotta al terrorismo, IN REALTA’ PER ESPORTARE IL LORO PREDOMINIO E PER USARE LE ARMI DELLE LORO INDUSTRIE, gli Americani hanno fatto migliaia di morti e decine di migliaia di feriti fra la popolazione civile, hanno aggredito e distrutto Stati sovrani, hanno aperto conflitti civili sociali inenarrabili e hanno provocato un’instabilità senza rimedio.
Come hanno fatto gli Israeliani in Medio-Oriente..
Sempre col pretesto della lotta al terrorismo.
Come ha detto qualcuno, state anche voi qualche anno senza casa, senza terra, senza vestiti, senza cibo e senza prospettive e poi vedete se non diventate anche voi terroristi.
Non ci sono guerre giuste. Ci vorranno decenni, forse secoli, perché l’umanità conquisti la cultura della pace, che la parola guerra diventi tabù.
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Fa paura la guerra.
Sarebbe bastato anche un solo morto per gli effetti indiretti delle armi all’uranio usate dagli Americani, accanto ai quali sono dieci anni che i soldati italiani combattono, al servizio dei loro interessi economici e strategici, dalla Serbia, al Kossovo, dall’Iraq all’ Afghanistan.
Secondo il ministro della difesa Arturo Parisi, che ne riferì in Parlamento, nell’ormai lontano 2007 – ma è l’unico dato ufficiale esistente – sono “appena” 37 e 255 gli ammalati di gravissime patologie.
Secondo i famigliari, 170 e 2000.
Questo, per dire soltanto dei militari italiani.
Ma quelli delle altre Nazioni son forse meno importanti?
E le popolazioni civili colpite direttamente?
Bisogna costruire la cultura della pace, che consideri la guerra una ipotesi inverosimile, il massimo della disumanità: il prossimo traguardo, nel nuovo secolo e nel nuovo millennio, di civiltà per l’umanità.
Category: Costume e società