Qualcuno sostiene che se una donna vale realmente, saprà farsi strada da sola. Riuscirà ad emergere nonostante gli ostacoli che incontra lungo il suo cammino, quelli che nel corso della storia ha superato con grande determinazione. Ma come sarebbe la vita della donna se questi ostacoli venissero meno? Quali sarebbero i benefici per la collettività?
C’è chi interpreta negativamente le quote rosa, o qualsiasi tipo di incentivo e sostegno declinato al femminile. Forse con un pizzico di ipocrisia. “Le donne meritevoli conquistano il mondo della politica e il mondo del lavoro senza aiutini” , li chiamano così spregevolmente, nascondendo la questione dietro una maschera di dignità. Ma la parola “dignità”, nella sua reale accezione, merita rispetto.
E’ come dire che “l’Italia è il paese più bello del mondo”, e tanto basta: di conseguenza non servirebbe valorizzarlo, né si dovrebbe intervenire nonostante la crisi che rischia di farlo sprofondare. Da una prospettiva contraria, è come ripetere che i giovani d’oggi sono choosy e bamboccioni: “il lavoro è dappertutto, andassero a cercarlo”. Quante bugie si raccontano pur di avere la coscienza pulita, pur di non prendere consapevolezza delle debolezze della società!
Per crescere, occorrono strumenti ed occasioni, occorrono le possibilità. Questo vale per l’intero paese, vale per le donne e gli uomini, per i giovani in cerca di lavoro, per gli anziani, i bambini e i diversamente abili.
Le abitudini culturali ancorate al passato propongono l’immagine di una donna subalterna, in secondo piano rispetto all’uomo, una donna che ha dovuto sudare e combattere per ottenere, solo per citare un esempio, il sacrosanto diritto al voto.
Dove sarebbero oggi le donne se non avessero lottato? Le battaglie per la parità di genere non sono un capriccio, né una contrapposizione del femminismo al maschilismo. Sono battaglie per la conquista di diritti fondamentali. Come il diritto al lavoro, e di conseguenza la parità retributiva, che ad oggi non esiste, se si considera che in media una donna europea deve lavorare 59 giorni in più per portare a casa lo stesso stipendio di un uomo. Nello specifico, l’Italia ha un differenziale retributivo inferiore (e quindi si dimostra più virtuosa rispetto agli altri paesi dell’Unione), un divario che però è cresciuto negli ultimi anni.
In base a quale criterio il lavoro di una donna vale meno? Il problema, come detto, è culturale: se il sistema è abituato alle disparità tra uomo e donna, è necessario intervenire. Soprattutto quando una presunta superiorità spinge l’uomo a maltrattare la donna verbalmente e fisicamente, ad offenderla e insultarla, tra le mura di casa o tra quelle del Parlamento. A questo servono le leggi: a tutelare e a valorizzare il ruolo della donna, per il bene della società, per il suo stesso sviluppo culturale ed economico.
A questo serve la legge contro il femminicidio, e a questo dovrebbe servire la rappresentanza di genere nell’ambito dell’Italicum. L’auspicio, in tal senso, è che il cammino verso la nuova elegge elettorale riconsideri gli emendamenti sull’alternanza uomo-donna. Non per gentile concessione, né per cavalleria, ma perché ogni cittadino italiano, al di là del sesso, possa avere le stesse opportunità.
L’8 marzo, per noi donne democratiche, oggi rappresenta il desiderio di essere protagoniste di un cambiamento indifferibile, di continuare e di accelerare una battaglia per l’affermazione dei diritti di tutte le donne, nella loro sfera privata e in quella pubblica, nella consapevolezza che il futuro del paese passa anche dal loro protagonismo. E che senza il contributo delle donne italiane ogni idea di cambiamento non può che essere velleitaria.
8 marzo significa anche mobilitazione, attraverso le numerose iniziative che si stanno svolgendo in questi giorni sul territori regionale e nazionale, e che vedono in prima linea le donne del Partito Democratico.
Antonella Vincenti
Coordinatrice regionale Conferenza donne Pd