Gli Usa muovono guerra in centotrentaquattro Stati
Autore Nick Turse – Fonte: effedieffe.com ( traduzione di Massimo Frulla )
Sul Washington Post di sabato Craig Whitlock scrive sullo stabilirsi di poco meno di due dozzine di «consiglieri militari» USA in Somalia. Salta fuori che sono lì da tre mesi e che il loro compito è «consigliare e coordinare le operazioni con le truppe africane che combattono per strappare il controllo del Paese dalle mani della milizia di al-Shabab».
Se lasciamo da parte la CIA «militarizzata» (quella che da tempo ha nel Paese una base ed una prigione segrete), tali consiglieri costituiscono il primo «piede militare americano» su quel suolo dai tempi del deprecato incidente del 1993 noto come «Black Hawk Down».
Ora, la storia recente insegna che ogni qualvolta gli Americani hanno iniziato a invadere ed occupare una nazione, intervenire in una ribellione contro un dittatore, o in una guerra civile, lanciare una campagna di droni contro postazioni terroristiche, appoggiare ed addestrare personale armato contro gruppi «sgraditi», beh, già sappiamo che una qualsiasi versione delle suddette cose si è ripetutamente tradotta in una disfatta od in una serie di disastri, uno dopo l’altro.
Ma a Washington non c’è nessuno che voglia capire. Cambiano le tattiche, ma quel parto disgraziato che è la Guerra Globale al Terrore, che da tempo è andata ben oltre al proprio nome, prosegue senza fine, senza il minimo successo duraturo e senza la minima seria riconsiderazione.
Nel frattempo, al-Qaeda – che era una organizzazione di modeste dimensioni in grado solo di compiere un qualche attentato ogni due anni e priva di una cellula dormiente negli USA (alla faccia dei deliri della Homeland e di Fox News) – è riuscita, anche con l’aiuto di Washington, a diventare una organizzazione con affiliate a livello mondiale. Più le amministrazioni Bush ed Obama si sono accanite contro, più sono sorte in tutto il Medio Oriente ed il Nord Africa, come funghi dopo la pioggia, delle organizzazioni che aspiravano ad entrare in al-Qaeda.
I primi sostenitori della Guerra al Terrore ritenevano che gli USA avrebbero governato il mondo fino alla notte dei tempi. Gente che riteneva una battuta di spirito il dire: «Tutti vogliono andare a Baghdad… i veri uomini vogliono andare a Teheran» e che amava riferirsi all’intero Medio Oriente chiamandolo «l’arco dell’instabilità». Questo accadeva, ricordatevelo, prima che inviassero i militari. Oggi, a dodici anni di distanza, quel mondo così lontano appare invece un arco di stabilità, mentre gli USA hanno ridotto l’intero Medio Oriente ad una palude che ribolle di catastrofi, conflitti, rifugiati, morte e distruzione. Dato quello che è successo, le vere armi di distruzione di massa sono state le invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq, che potrebbero poi produrre la più grande guerra di religione dei tempi moderni.
E quali sono le lezioni tratte? Come suggerisce Nick Turse (autore di Kill Anything That Moves: The Real American War in Vietnam [Uccidete tutto quello che si muove: la vera storia dell’America nella Guerra del Vietnam]), nell’articolo che state per leggere, l’amministrazione Obama ha gestito la riorganizzazione della Guerra Globale al Terrore facendola diventare un’operazione segreta di proporzioni senza precedenti. Controlla attualmente una rete planetaria di sorveglianza di dimensioni e penetrazione sconcertanti (la cosa di per sé porterà a conseguenzeepocali) ed ha portato alla diffusione del segreto militare, insinuandolo ovunque nell’esercito USA; una diffusione che sta attraversando attualmente una tipica fase di espansione incontrollata su scala galattica.
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Operano con la luce verde dei visori notturni nell’Asia del sudovest e si imboscano nelle giungle del Sud America. Strappano fuori dalle loro case uomini nel Maghreb e li fucilano con armi pesanti in dotazione ai militanti del Corno d’Africa. Sentono gli spruzzi dell’acqua salata mentre filano veloci sopra le onde dei mari dei Caraibi o del Pacifico. Conducono missioni nel caldo insopportabile dei deserti del Medio Oriente e nel gelo inimmaginabile della Scandinavia. L’amministrazione Obama sta scatenando una guerra segreta in tutto il pianeta. Una guerra la cui estensione completa non è mai stata rivelata a nessuno, almeno fino ad ora.
A far corso dall’11 settembre 2001, le forze USA per le Operazioni Speciali sono cresciute in tutti i modi possibili sia per numero che per finanziamenti a disposizione. ;a la cosa più rivelatrice è l’esplosione esponenziale del numero delle operazioni speciali e del loro dislocamento nei più svariati luoghi del pianeta. Una presenza – attualmente in quasi il 70% delle nazioni del pianeta – che fornisce una prova chiara della dimensione e dello scopo di questa guerra che spazia dall’America Latina alle terre più nascoste dell’Afghanistan, dalle missioni di addestramento degli alleati in Africa alle operazioni informatiche lanciate nel cyberspazio.
Sul finire della presidenza Bush, le forze impegnate nelle Operazioni Speciali furono dislocate in circa 60 Paesi nel mondo. Alla volta del 2010 – stando a Karen DeYoung e Greg Jaffe del Washington Post – il numero aveva superato quota 75. Nel 2011, il Colonnello Colonel Tim Nye, portavoce dello Special Operations Command (SOCOM), riferì aTomDispatch che il numero era salito a 120. Oggi tale valore è ulteriormente aumentato.
In base a dichiarazioni del Maggiore Matthew Robert Bockholt del SOCOM Public Affairs, nel 2013, forze USA d’élite sono state dislocate in 134 nazioni su tutto il pianeta. È un aumento del 123% negli anni di Obama, che dimostra come gli USA siano impegnati – oltre che nelle guerre convenzionali, nelle campagne coi droni CIA, nella diplomazia ufficiale e nell’intensivo spionaggio elettronico – in un’altra forma, importante ed in crescita, di dispiegamento di forze all’estero. La gran parte di queste missioni, condotte eminentemente nell’ombra da truppe di’élite, si svolge ben lontano da occhi «indiscreti», dall’attenzione dei media e da qualsiasi tipo di osservazione da parte di «estranei», il che aumenta considerevolmente di rischio di conseguenze catastrofiche.
Creato ufficialmente nel 1987, lo Special Operations Command è significativamente cresciuto a partire dall’11 settembre, ed ora il SOCOM punta a raggiungere, nel 2014, le 72.000 unità contro le 33.000 del 2001. Anche i finanziamenti sono cresciuti esponenzialmente: rispetto allo standard di 2,3 miliardi di dollari del 2001, si è passati a 6,9 nel 2013 ( in realtà 10,4 calcolando gli ulteriori finanziamenti ). Ovviamente è esploso anche il volume dei militari dislocati all’estero: dai 4.900 «uomini-anno» del 2001 siamo passati agli 11.500 del 2013.
Una recente indagine condotta da TomDispatch su documenti governativi accessibili al pubblico e su notizie tratte dai media, ha evidenziato le prove che nel biennio 2012-2013 le forze USA impiegate nelle Special Operations erano state dislocate, od utilizzate insieme a forze militari, in 106 nazioni di tutto il pianeta. Nel mese occorso per la preparazione del suddetto articolo, comunque, il SOCOM non è «riuscito» a fornire statistiche accurate sul numero totale delle nazioni nelle quali questi «operatori speciali» – berretti verdi ai Rangers, Navy SEALs, Delta Force commandos, squadre speciali di elicotteristi, equipaggi speciali navali e personale per affari civili – erano stati dislocati. Bockholt, del SOCOM, ci ha spiegato in una intervista telefonica: «Non abbiamo i dati a portata di mano… dobbiamo andarli a cercare in mezzo alle carte…e ci vuole molto tempo per trovarli».
Solo poche ore prima della pubblicazione, via email, Bockholt ci spiegava: «durante l’anno fiscale 2013, le SOF [Special Operations forces] erano state dislocate in centotrentaquatro nazioni», rispondendo così ad una domanda posta mesi e mesi prima.
Nick Turse
Category: Costume e società