“Quando resta solo il nome”, IL ROCK ALTERNATIVO DI MARCO ANCONA

| 8 Dicembre 2024 | 0 Comments

di Roberto Molle _______

Sabato scorso ero a un concerto dei Diaframma. Sul palco, in poco meno di due ore, Federico Fiumani ha fatto scorrere nella mia testa immagini, bellezza, nostalgie, emozioni. Quarant’anni della vita di chi c’era legati indissolubilmente alle sue canzoni.

Stamattina su Blow Up ho letto una bella intervista di Stefano I. Bianchi a Federico (per la verità, in questo inizio di mese la sua faccia campeggia anche sulle copertine di altre riviste specializzate di musica come Rumore e Rockerilla, in occasioni del quarantennale della pubblicazione di “Siberia”, album pubblicato il 5 dicembre del 1984).

Al tempo, l’irrompere dei Diaframma sulla scena musicale italiana che dopo le ultime fiammate del prog e il canto del cigno del “cantautori”, portò a una svolta: la canzone d’autore resisteva, ma saldandosi a sonorità soffiate da un vento nuovo che arrivava da Oltremanica. Generazioni di musicisti si sono formati su quel disco e Federico Fiumani da sempre, è considerato un autore e chitarrista alternativo con un seguito di fan non indifferente anche se, la dimensione di culto è quella che gli è più naturale. Il successo commerciale non è mai arrivato, forse perché in realtà non gli è mai interessato.

A un certo punto dell’intervista di Blow Up racconta: “L’allora direttore artistico della Ricordi, Mario Ragni, che mi aveva fatto firmare per l’etichetta, dopo un grande entusiasmo iniziale carico di promesse, si raffreddò parecchio quando vide i numeri (delle vendite n.d.r.) di in Perfetta Solitudine, l’album che avevo pubblicato nel ’90 con loro. Per cui seguì prima un periodo di assoluto silenzio, poi mi convocarono a Milano e mi fecero questa proposta: fai il cantautore commerciale, vai a Sanremo altrimenti sei fuori. Andai a trovare il mio produttore artistico Vince Tempera prima di un concerto di Guccini, suonava le tastiere con lui, e mi disse la stessa cosa: a Sanremo con un pezzo commerciale, poi si vedrà. Io di andare a Sanremo non avevo per niente voglia, considerato il concetto di gara e soprattutto il sottobosco che si muoveva attorno al festival. Pure non volli andare al Costanzo show, vai lì, fai un pezzo con la chitarra e per il resto dai sempre e comunque ragione a lui, mi dissero. E così mi scaricarono, con mio sommo gaudio, devo dire”.

Proprio pensando a Federico Fiumani e alla sua vicenda artistica vien da fare un parallelo, non proprio lineare, ma a grandi linee ci può stare. Un altro musicista, proprio un anno fa pubblicava un album che avrebbe sicuramente ottenuto successo immediato se solo, fosse stato addentro a quelle logiche commerciali di cui sopra.

Fatto è che Marco Ancona, questo il suo nome, pur suonando, componendo e pubblicando dischi da anni, si muove (come Federico Fiumani) in quell’ambito cosiddetto alternativo, che per la verità si può tradurre in croce, delizia, libertà e bellezza: una dimensione dove fai la musica che ti piace violando quasi del tutto le regole del music-business.

Leggevo ieri un’intervista di qualche tempo fa a Marco, alla domanda: “Ti veste bene l’etichetta di “rock alternativo” affibbiata al tuo genere? Alternativo a che cosa?”, la sua risposta è stata: “A me sta stretto “rock”, non “alternativo”. Alternativo, per cominciare, vuole esserlo rispetto a tutte quelle produzioni che godono della distribuzione musicale attraverso canali mainstream. Non a caso non mi è mai piaciuto ascoltare la radio, raramente viene passata musica per me interessante. Nel rock alternativo in genere non vengono utilizzati cliché dal facile ascolto”.

Marco Ancona è di Lecce, chitarrista e cantante, negli anni Novanta è stato i tra i fondatori della storica band salentina Bludinvidia, tanti concerti in giro per l’Italia e un’identità pop in continua evoluzione. A seguire, altra esperienza con i Fonokit: si è negli anni duemila e il percorso della band si delinea attraverso sonorità di area indie-rock. Poi il progetto Lotus con Amerigo Verardi (con cui inciderà l’album “Il diavolo è nei dettagli”) e tante altre collaborazioni. Attualmente fa parte del progetto Ninotchka del musicista Mimmo Pesare.

Come dicevo, un anno fa Marco Ancona ha pubblicato un album dal titolo “Quando resta solo il nome”, una sorta di concept-album dove brani completi si alternano a frame che sembrano dover diventare canzoni, ma muoiono quasi sul nascere del brano successivo dentro un gioco seduttivo di suoni.

L’album, uscito per Nos Records è disponibile solo nella versione digitale, ascoltabile sulle diverse piattaforme streaming.

Marco Ancona ha scritto delle canzoni che toccano chiunque abbia un briciolo di sensibilità. Microstorie collegate a un protagonista che cerca di fare i conti con un’introspezione quasi forzata; l’album in larga parte composto durante la pandemia, risente del mancato contatto sociale e si giova della possibilità di sperimentare un dialogo con se stessi in primo luogo, poi di coinvolgere terzi dentro ricordi, constatazioni, stati d’animo.

C’è una perfezione che incanta in “Quando resta solo il nome”. Ogni brano è fascinoso, poetico, struggente. Marco incarna la sensibilità di un dandy gentile insieme all’urgenza di un punker inpantanato dentro le sabbie mobili new romantic degli anni ottanta del secolo scorso. Quello che ne viene fuori è meraviglioso: un’originale ibridazione artistica che personalmente non avevo mai sperimentato.

La chitarra “grattuggiata”, il drumming sincopato, il pathos della voce calda e leggermente graffiante, i testi raffinati e poetici, quel sound capace di evocare nomi innominabili (gli U2 di “Unforgettable fire”, lo Springsteen di “The river”, i “National di Boxer”, gli Other Lives di “Tamer Animals): un mondo altro, lontano anni luce dalla melma sonora che intasa media e radio.

Hanno suonano nel disco, oltre a Marco Ancona: voce, cori, chitarre elettriche, chitarre acustiche 6 e 12 corde, basso, piano, organo, sintetizzatori, campioni, percussioni, batteria), Francesco Pennetta: Batteria, Dario Ancona: Basso, piano Rhodes, sintetizzatore, Francesca Romana Perrotta duetta con Marco in “La rivoluzione” e “Dimenticare un uomo”.

La tracklist di “Quando resta solo il nome”: Quando resta solo il nome, Per le strade di nessuno, 3, La rivoluzione, Dentro lei che dorme, 6, Dimenticare un uomo, 8, Non ascolti più, In fondo.

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Category: Cultura

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