IL MIO TEATRO DI POESIA /”Sono abbastanza grande adesso per diventarti amico”: ECCO COME E’ NATO QUESTO SPETTACOLO DI INCONTRI DECISIVI
di Giuseppe Puppo _______ Io, ecco, questo copione l’avevo scritto per lui, per Giorgio Albertazzi: cioè, lui non ne sapeva niente, me l’ero immaginato da solo, nei panni di Ezra Pound in quanto pensavo, mi immaginavo appunto, che gli avrebbe fatto piacere interpretarlo, ma tutto qui.
Comunque, finito il lungo lavoro di documentazione, di cui dirò poi, doverosamente, per svelare da dove vengano tutti i riferimenti, tutti veri e precisi, che sono alla base del testo, e finito di scrivere, feci un bel pacco postale e lo spedii al suo indirizzo, col cuore in gola.
Partivo dalla memorabile intervista televisiva del 1967 fatta a Ezra Pound da Pier Paolo Pasolini, l’altro dei miei numi ispiratori, vera e propria mia guida intellettuale, un corto circuito che aveva scatenato in me una sequela di suggestioni feconde, e poi sviluppavo tutta una serie di incontri, decisivi, che ebbero per protagonisti in due nel corso degli anni. “Scene di incontri decisivi”, avevo intitolato infatti il copione, cui, inutile dirlo, ma lo dico lo stesso, tenevo molto, come è facilmente intuibile.
Lo spedii, e poi dimenticai completamente di averlo fatto.
Giorgio Albertazzi non aveva nemmeno risposto, come era prevedibile
Alla bene e meglio, allora, insieme a uno o due-tre amici, di volta in volta, organizzai una serie di serate, una dozzina, alla fine, in tutto il Piemonte, in cui questo spettacolo fu raccontato scenicamente, più che rappresentato veramente, data la limitatezza dei mezzi a disposizione e la mancanza di organizzazione artistica, o comunque l’inadeguatezza, necessaria per una rappresentazione teatrale tanto prestigiosa, quanto impegnativa.
Bene, passarono così alcuni anni, Adesso non mi ricordo esattamente quanti, forse, due o tre, o quattro, non ricordo, comunque anni.
Poi, successe l’incredibile. Ci facciamo trovare spesso impreparati di fronte agli eventi, anche quelli che più speriamo che accadano, specie quelli importanti, o, se vogliamo, decisivi.
Come quando successe questo, tragicomico, che ho il piacere di raccontare.
In quel periodo, in quei giorni, cominciò a telefonarmi, sempre alla stessa ora del pomeriggio, evidentemente prima della chiusura, un tal Giacomazzi, della banca in cui avevo il conto, nella filiale vicino casa mia, in piazza Adriano, a Torino. Numero sconosciuto e alla risposta lui che attaccava: “Sono Giacomazzi, della banca…” e via con la di volta in volta sempre più pressante richiesta, di cui Giacomazzi, il cognome me lo ricordo, in quanto si chiamava così un calciatore del Lecce, si faceva carico a nome del direttore. Era successo che il mio conto era andato in rosso di 70 euro, dico: 70 euro e basta, e il direttore aveva disposto che dovessi rientrare immediatamente.
Ora, non era nemmeno per somma, del resto esigua assai, ripeto, parlavamo di 70 euro, mica di altro; era che c’ero rimasto male, a questa mancanza di fiducia, anzi cattiveria vera e propria, dal momento che avevo là l’accredito dello stipendio e a capo di pochi giorni il conto sarebbe ritornato a posto; che bisogno c’era, di farmi andare a parlare dal direttore e di farmi andare a ripianare il debito seduta stante, anche perché per me, che uscivo di casa di mattina assai presto e tornavo a casa di sera assai tardi, era questo il problema?
Quindi feci per un po’ orecchi di mercante, poi provai un po’ a spiegare, ma niente, Giacomazzi, sempre alla stessa ora, non voleva sentire ragioni e continuava a telefonare col suo numero anonimo della banca. E una volta, e due, e tre e quattro, quando quel pomeriggio mi squillò, sempre alla stessa ora, mentre ero sul tram e fra l’altro non si sentiva bene, il telefonino, e sentii “Sono Albertazzi…”, sbottai una serie di volgarità se non di parolacce contro di lui, tipo – beh mo mi avete proprio rotto i coglioni con questi 70 euro di merda.
Quando finii di sproloquiare, sentii il mio anonimo interlocutore ripetere solo: “Sono Albertazzi…”.
Allora capii e avrei voluto sprofondare sottoterra.
Ci misi un bel po’ a riprendermi sia dalla vergogna, sia dall’emozione, e a scusarmi per il terribile equivoco.
Il Maestro mi disse che aveva letto il copione, sia pur con un del resto comprensibile ritardo e, sia pur dopo qualche anno, mi fece i complimenti: aggiunse che gli era piaciuto e che gli era piaciuto a tal punto che avrebbe voluto metterlo in scena egli stesso.
Dopo quella sua prima, in credibile telefonata, mi telefonò altre volte, nei giorni seguenti.
Sintesi di quei colloqui: ribadiva a di voler mettere in scena il mio testo; questo però e fu chiaro mettendolo in coda ad altre produzioni che si era già impegnato a realizzare; il mio copione gli era piaciuto, ma aveva bisogno di una riscrittura, sostanzialmente per renderlo meno letterario e più dinamico, per cui mi fornì alcuni esempi, di cui io feci diligentemente tesoro per una risistemazione organica; la produzione sarebbe stata del Teatro Stabile di Trieste, sua la regia e il personaggio di Ezra Pound, proprio come avevo sognato; Kim Rossi Stewart avrebbe interpretato Pier Paolo Pasolini, per Maria Callas non aveva ancora deciso, ci avrebbe pensato più in là.
Infine mi disse che stava per partire per una tournee all’estero e che poi doveva metter mano ai lavori già programmati, per cui mi diede il numero di telefono della sua assistente, affinché nel frattempo io potessi mantenere i contatti.
Ma qui cominciarono i problemi.
Lei in seguito, quando la chiamavo, si dimostrò poco e punto collaborativa. Percepii – ma questa è solo una mia supposizione di cui non ho prove – che fosse poco e punto contenta di questa nuova idea del Maestro, che comunque – è questo è un dato di fatto – era già di età avanzata e quindi con le energie da dosare e…
E niente, per farla breve, i contatti si diradarono prima, si allentarono poi e infine si interruppero, in quei pochi anni che passarono da quel periodo delle telefonate, e la sua morte, avvenuta il 28 maggio 2016.
Certo, mi rimase a lungo il dispiacere per quel sogno che non si era realizzato, però ecco, se c’è una cosa che ho imparato nel Teatro è che esso è un mondo a sé, dai tempi e dai modi imponderabili, però sempre capace di magie, come quella di fare dei sogni realtà.
Comunque, ogni sera in cui lo spettacolo è stato rappresentato e ogni sera in cui lo sarà, la dedica è a lui, A GIORGIO ALBERTAZZI, IN MEMORIAM.
Il resto della storia è recente. I fatti andarono così. E così è nato il capolavoro teatrale, a detta di tutti, ma proprio tutti, quelli che lo hanno visto, rimasti entusiasticamente affascinati, e sottolineo che sto parlando dell’esito teatrale al di là del mio copione.
Per una serie di ragioni che adesso è inutile specificare, volevo partecipare in qualche modo alla rassegna estiva dei Teatini “Lecce in Scena” organizzata dall’amministrazione comunale e pensai di farlo calando quello che ritengo il mio pezzo forte, questo, appunto.
A primavera, misi mano ancora una volta al testo, del resto rimasto praticamente inedito, rimareggiandolo e anche ampliandolo, con un’ultima scena, il finale, che ben si sposava col clima dell’epoca rievocato di quell’anno di grazia 1975. Giacché c’ero, cambiai anche il titolo, diventato questo attuale: “Sono abbastanza grande adesso per diventarti amico”, e anche questa fu una mossa vincente, in quanto spiazzava e sfondava, complici i due giovanissimi attori di Scena Muta esordienti scelti per l’occasione, Marzia Giagnorio e Pier Luigi Quarta, complice anche quella loro bellissima foto davanti i cancelli del Liceo classico Palmieri di Lecce fatta ad hoc dal regista cinematografico Gino Brotto e adoperata per manifesti, locandine e la comunicazione tutta della produzione.
Proposi a Maria Antonietta Vacca, attrice e docente della Compagnia Scena Muta di Copertino, di cimentarsi per la prima volta con la regia teatrale, e lei accetto, non senza qualche legittimo timore, quindi nel mesi seguenti si mise all’opera per affrontare tutta la complessità che una regia teatrale sottende e per essere pronta alla data fissata per il debutto, la sera del 14 agosto 2022.
Due giorni prima, il meteo cambiò radicalmente ed era una pessima notizia, per tante ragioni, per chi deve esibirsi all’aperto, se non altro per i problemi che la piaggia dà al service tecnico.
Il giorno prima, diluviò.
Quel pomeriggio fu valutata quindi anche con l’allora assessore la possibilità di annullare e/o spostare la data, sia temporalmente, sia geograficamente in un’altra location, ipotesi alla quale io mi opposi fortemente, per tante ragioni del mio punto di vista: alla fine, a sera, fu presa la decisione che comunque la sera dopo saremmo andati in scena, comunque, ed era un notevole azzardo.
A differenza del principe di Condè, che, come narra Manzoni, dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi, quella notte Maria Antonietta credo che abbia dormito poco e male, come le donne di Almodovar anch’ella sull’orlo di una crisi di nervi.
Però all’alba dei giorno fatidico smise di piovere e il tempo mantenne per tutte le ore successive, anzi a sera rischiarò addirittura.
Eccoci.
C’era un pubblico folto, qualificato e partecipe; l’allestimento preparato dalla regista si dispiegò in tutta la sua dirompente bellezza, trovata la quadratura del cerchio come avrebbe voluto fare Giorgio Albertazzi, alla memoria del quale dedicammo la serata; i commenti furono entusiastici e molti di essi di sprone a riproporre presto lo spettacolo in altre sedi. Insomma, un successo senza condizioni.
Maria Antonietta passò il giorno dopo di Ferragosto seduta nel balcone di casa a riprendersi dalla fatica e dalle emozioni, spossata ma felice.
Dopo il debutto ai Teatini a Lecce, “Sono abbastanza grande adesso per diventarti amico” è stato replicato quattro volte, sempre nel 2022 e sempre con lusinghieri riscontri di critica e pubblico: il 23 settembre a Palazzo Roma di Ostuni; il 25 novembre al Castello di Copertino; il 3 dicembre al Cavallino Bianco di Galatina; il 7 dicembre all’Auditorium di Gagliano del Capo.
E stato anche oggetto il 21 settembre 2022 a Palazzo Torrisi di Lecce di un incontro col pubblico tenuto dal regista Gino Brotto; pure il 23 marzo 2023 di un seminario di studio a Scena Muta di Copertino tenuto dal Maestro Luca Toracca di Milano.
Infine, le risposte alle domande sullo spettacolo che nessuno mi ha mai fatto, eppure ci tenevo, e la (non) risposta alla domanda che invece in tanti mi han fatto, ripetendomela ogni volta, eppure non ci tenevo affatto.
Tutti gli episodi raccontati in “Sono abbastanza grande adesso per diventarti amico” sono veri, accenni ed aneddoti compresi, tutti, e tutti quanti da me accuratamente ricostruiti, sia con testimonianze dirette raccolte da persone vicine ai protagonisti, sia con lunghe ricerche bibliografiche.
Per esempio, di Ezra Pound a Venezia e della conoscenza con Patty Pravo ancora bambina mi ha raccontato lei stessa. Gli inediti retroscena del controverso rapporto fra Pier Paolo Pasolini e Maria Callas li ho trovati, comparati e verificati uno a uno, ivi compresi le storia della Diva che telefona all’amico parigino alle 3 di notte per sparlare del regista, e quella della sua astrologa, alla quale chiese consiglio sul da farsi. Allo stesso modo, gli episodi raccontati in scena della storia d’amore fra Ezra Pound e Olga Rudge, gran parte dei quali trovati nel libro edito dalla Yale University del Connecticut scritto da Anna Coronar “What Thou Lovest Well…” e che io andai a consultare a Genova alla Accademia Linguistica nell’unica copia esistente in Italia.
Intendo mantenere il riserbo sulla ragazza del Palmieri, alla quale dà voce e volto Marzia Giagnorio.
Io, allora ‘fascista’ per forza e per reazione, personalmente, ma non politicamente, in quanto impossibile, nel clima dell’epoca, povero proletario di modeste origini, ero segretamente innamorato di una ragazza della scuola, che giocava a fare la rivoluzionaria extraparlamentare di sinistra, lei, figlia di una famiglia grandeborghese e importante della Lecce – bene.
Una storia impossibile, appunto, come ben sa chi quel periodo ha vissuto, del resto durata ben poco: e non lo dissi mai a nessuno, nessuno mai lo seppe, solo lei, solo noi, tutto di nascosto, e però… Breve quanto dirompente, inoltre vero e proprio specchio dei tempi.
E però tanti anni dopo l’ho raccontato nel testo, solo, ovviamente, tacendo sul suo nome. Ho raccontato quel che mi ricordo, come mi è ritornato in mente solo in seguito e da poco tempo, un giorno, all’improvviso, per una coincidenza significativa, sia pur parzialmente, perché non ho potuto raccontare quel che devo aver nel frattempo del tutto rimosso, anche perché da allora non l’ho mai più rivista e mai più cercata.
Ecco… Che poi l’amore proprio questo è:
“Non è difficile dimenticare quello che non hai avuto, è difficile dimenticare la tristezza che te ne rimane”. _______
( 5 – continua ) ______
p.s.
QUI DI SEGUITO DOVREI ALLEGARE IL TESTO COMPLETO DEL COPIONE, COME LE ALTRE VOLTE.
Ma ho un problema: non ho trovato il file di word su cui da qualche parte l’avevo salvato. Il signor Wolf questa volta ha fallito. Ho provato a cercarlo dappertutto, ma niente da fare, l’ho perso, fra un vecchio computer e quello nuovo, fra messaggi di posta inviati e dischi e dischetti. Pazienza, almeno ho il cartaceo e meno male. Ora mi toccherà ricopiarlo, quindi l’operazione trasferimento slitterà per un po’, fino a quando non avrò finito la trascrizione in digitale. Meno male, dai, non avevo niente da fare nei prossimi giorni e così almeno per qualche ora nei prossimi giorni ho trovato qualcosa con cui passare il tempo…
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