IL MIO DISCO PER L’ESTATE 2024 E’ “Fine del giorno” DEI KLAUDIA CALL, CHE SI RACCONTANO A leccecronaca.it IN UN’INTERVISTA ESCLUSIVA

| 29 Settembre 2024 | 0 Comments

di Roberto Molle ______

Ci sono giorni in cui certe congiunture si saldano, collegando umori, suoni, rimandi. Situazioni che aiutano a disvelare mondi collegati tra loro da percezioni incubate nel tempo come spazi di memoria custoditi dentro un cloud inattaccabile.

Così, quando un codice viene lanciato, tutto si sblocca, si interconnette, e tutte le differenze si appianano. Per essere più chiari, il codice ha il titolo di una canzone: “Alone” che appartiene ai Cure (tra le più importanti band dark-post-punk inglesi, ancora sull’onda a distanza di quasi cinquant’anni dalla sua formazione), la sto ascoltando e riascoltando da un paio di giorni, è il singolo che anticipa l’uscita di un nuovo album. Come me, tantissimi lo stanno facendo, i social diventano la cartina al tornasole delle reazioni di vecchi e nuovi fans.

La canzone ha rimesso in circolo emozioni, ricordi, apprezzamento, critica, ma, soprattutto, la ratifica di un amore incondizionato nei confronti di Robert Smith, iconico alter-ego di migliaia di boomer (e non solo) in tutto il mondo.

A questo punto la tentazione di scivolare dentro la storia e la musica dei Cure è forte, ma loro in questo caso restano sullo sfondo fornendoci il filo rosso che li collega a un’altra band, molto più giovane di loro e più vicina a noi: i Klaudia Call, geograficamente posizionati in quel triangolo pugliese (Taranto, Brindisi, Lecce) a più alto tasso di rock da sempre.

Francavilla Fontana in provincia di Brindisi è il posto dove tutto è iniziato. Klaudia Call sono un power-trio composto da Alessandro Palazzo (voce, chitarra), Francesco Di Coste (basso) e Alessandro Garramone (batteria e voce).

Pur essendo loro conterraneo non ho avuto modo di conoscere la loro musica fino a qualche mese fa, e quello che conosco e legato al comunicato stampa che accompagna il loro secondo album “Fine del giorno” (uscito da poco).

Tutto ha inizio intorno alla metà degli anni Novanta, all’epoca si fanno chiamare Lova e tengono tantissimi concerti, diventando una specie di culto nell’ambito dell’underground pugliese. La loro musica marchia sonorità giocate tra rigurgiti new wave, alt-rock e rimandi al cantautorato più alto. Nel 2017 pubblicano un primo album omonimo e alcuni singoli, in mezzo tanti concerti e il lavoro per la preparazione del successivo disco. Il resto è storia recente, l’approdo a Nos Records (giovane e brillante label pugliese votata alla musica alternativa italiana che conta già in organico musicisti come Amerigo Verardi e Marco Ancona) e la pubblicazione di “Fine del giorno”.

Per quanto riguarda altre informazioni sui Klaudia Call rimando a qui di seguito, dove ho posto alcune domande ai musicisti.

E ora “Fine del giorno”. È stato il mio disco per l’estate, nel senso che da giugno a ieri l’ho ascoltato almeno una volta al giorno. Uno dei dischi che nel corso di quest’anno mi è piaciuto di più. Una speciale colonna sonora che accompagna storie ordinarie ma poco convenzionali. Istantanee scattate alla quotidianità che diventano testimonianze di attimi da cristallizzare.

La copertina di “Fine del giorno” segna le coordinate entro cui tutto si muove all’interno del disco. Il languore di un giorno che va morendo, il rosso cupo di un tramonto che si scioglie sulle sagome statiche di tre pale eoliche, la foto interna con i tre musicisti, i volti quasi in penombra, l’espressione inquieta. Tutto rimanda ai tempi che stiamo vivendo: tesi, incerti, alla ricerca di un filo di speranza.

Ascoltando le dieci canzoni dell’album mi hanno incantato la bellezza dei suoni moderni e antichi allo stesso tempo, pescati in quel sottoscala dove sono sedimentate pulsioni elettriche ed eteree ballads di fine secolo. Riff di chitarra tra post-rock e alt-wave filtrate da un drumming rigorosamente analogico, e poi, la voce di Alessandro Palazzo, capace di trascinarti dentro gironi dannati grondanti pathos e spleen senza soluzione di continuità.

Per presentare i brani di “Fine del giorno” credo non servano altre parole, bastano alcuni versi degli stessi Klaudia Call a tracciarne il mood.

ANULARE

Ma a volte non trovo le parole giuste / per spiegare cos’è / forse è uno scherzo del destino / oppure viviamo in un sogno più grande di noi…”

NON PASEREMO MAI

Fratello, noi non passeremo mai / non finiremo appesi accanto / a un Cristo che non sbaglia mai…”

ZODIACO

Poi ti metti in macchina / una dopo l’altra tutte le canzoni / che hanno segnato in qualche modo / un punto di rottura per te / tu da solo in macchina / a fregarti le mani per il freddo che fa…”

IL SOGNO DI LAURA PALMER

È una notte che accende le stelle / tutte le stelle che hai / dune di porpora / sprofondano i piedi quaggiù / vento caldo che asciuga veloce / ferite aggrappate alla tua pelle bianca / venere stanca di cosa non so…”

MEZZO UOMO

Mi basta un po’ di compagnia / mi sento tanto sola / sto cercando qualcuno / mi accontento veramente di poco / pure di un mezzo uomo vicino / vorrei solo sparire…”

MARTA E IL POVERO ME

C’è un transatlantico e c’è un’avaria ma non è colpa tua / passano le stagioni e i loro fiori e non è colpa tua / ora corriamo sui cavalli che c’inseguono i cowboy / io di nascosto ci scommetto su di noi…”

FELICE

Passo domani alle otto / vedi di farmi trovare pronto il caffè / ce ne andiamo in giro nel centro città / a vedere la gente, la gente che fa / ognuno coi suoi pensieri e noi / a fumare e parlare di futuro / e di quale sia stato il più grande disco dei Sound…”

GIRO DI GIOSTRA

Nuoto perduto da un pezzo / in un mare di guai / la faccia nascosta dal sole ma poi / la terra si affaccia davanti ai miei occhi / e ha il tuo nome / dolcissimo nome / ti ho sognato anch’io…”

STELLE E STRISCE

Li ho visti alfieri della pace / li ho visti stendere le convinzioni mie / li ho visti che morivano / li ho visti uccidere da un’altra parte / sarà l’orgoglio che gli stringe il cuore / come il petrolio quando oscura l’anima / sarà il passato che li offende / e loro offendono il presente / è così, non è vero?…”

CAMMINO NELLA NEBBIA

La vecchia foto di un’attrice famosa mi ha già distratto / mentre lanci l’attacco finale / sono già altrove, non penso più a nulla / è come un vuoto cosmico, è come una bolla / il disordine in apparenza / è lo schizzo incerto / di un ragazzo alla frutta…”

INTERVISTA AI KLAUDIA CALL

Leccecronaca.it: Inizierei con una domanda a bruciapelo: siete consapevoli che “Fine del giorno” è uno degli album italiani alt-rock più belli usciti dall’inizio dell’anno? E che, probabilmente, andrà a finire in molte playlist tra i migliori album del 2024?

Francesco Di Coste: beh grazie, la speranza era quella, fare un bel disco che potesse soddisfare noi prima di tutto e che ovviamente piacesse agli altri, abbiamo avuto una buona risposta e in alcune playlist sta già comparendo.

Alessandro Palazzo: Non sarei così sicuro che accada questo anche perché siamo una piccola realtà che non fa tanto rumore, però devo dire che ai tanti che lo hanno ascoltato, “Fine del giorno” è piaciuto molto e questo ci rende felici.

Leccecronaca.it: Facciamo un passo indietro, qual è la storia dei Klaudia Call? Dove tutto è iniziato?

Francesco Di Coste: Tutto è iniziato tra i banchi delle superiori, nel ‘94 come Lova prima e Klaudia Call dopo, dal 2014 credo. C’è da dire che negli anni Novanta era tutto un altro mondo, zero social e più socialità.

Alessandro Palazzo: Sicuramente siamo figli degli anni Novanta, anche perché la musica che ascolti da ragazzo diventa il tuo romanzo di formazione e te la porti dietro per sempre, ma ascoltiamo e assorbiamo di tutto senza pregiudizi. Per dire, se un giorno i Negramaro scrivessero un pezzo che tocca le mie corde, lo amerei quanto uno dei Pavement.

Leccecronaca.it: Come si è creato il “suono” dei Klaudia Call? Quali influenze vi riconoscete? Perché io andrei molto più lontano dei vent’anni della vostra storia come band… affonderei lo sguardo e la memoria nell’humus dei ’90: Diaframma, Underground Life, Marlene Kuntz, Afterhours, tanto per citare qualche affinità. Va da sé che state aprendo un nuovo solco sulla scena alternativa italiana.

Francesco Di Coste: Hai fatto centro, nasce proprio tra quelle sonorità, ma si è evoluto fino a “Fine del giorno,” che riteniamo forse un po’ più distante dal nostro sound classico ma sempre riconoscibilissimo.

Leccecronaca.it: Come nascono le vostre canzoni? Qualcuno in particolare si occupa dei testi o della musica? O come altri preferite attribuire la loro scrittura alla band stessa?

Alessandro Palazzo: Solitamente io o Alessandro Garramone arriviamo con un’idea più o meno sviluppata a livello armonico e musicale e poi ci divertiamo a darle il vestito che sentiamo più adatto. Scrivere rimane una faccenda solitaria.

Leccecronaca.it: Quale è stata la gestazione di un disco così importante per voi come “Fine del giorno”?

Alessandro Palazzo: Il disco è stato scritto e lavorato in un periodo difficile per tutti: quello del Covid; anche a livello personale, attraversato da lutti dolorosi, credo si possa avvertire se si entra in connessione profonda con le canzoni. Sentivamo il bisogno di trasformare in energia positiva attraverso la musica quel groviglio che avevamo nello stomaco.

Leccecronaca.it: “Fine del giorno” segna l’inizio della collaborazione con Nos Records, la giovane etichetta indipendente pugliese che da qualche anno è concentrata sulla scena rock alternativa. Com’è stato entrare a far parte di quella che appare come una factory sul modello della Factory Records fondata da Tony Wilson a Manchester (Joy Division, Cabaret Voltaire, Durutti Colmun, New Order, tanto per dare l’idea)?

Francesco Di Coste: Siamo amici da tantissimi anni un po’ tutti, è stato bellissimo veder nascere la Nos Records e ci fa piacere farne oggi parte.

Alessandro Palazzo: È proprio questa l’idea fica che sta alla base della Nos Records e degli artisti del suo rooster. Con i boss dell’etichetta siamo amici da trent’anni. Ritrovarsi insieme è stata la cosa più naturale.

Leccecronaca.it: La prima volta che ho ascoltato “Fine del giorno” sono rimasto sorpreso da alcune sonorità e da un mood “decadente” sprigionato da alcuni brani, lo stesso effetto mi aveva causato l’ascolto di “Punto di fuga”, unico e solo album pubblicato qualche anno fa da una band di Ferrara: gli Staré Město. Era come se da due universi lontani arrivassero segnali con lo stesso codice. È stato bello scoprire che qualcuno di voi conosceva qualcuno di loro. Ci sono state, nel tempo, interazioni tra le due band?

Alessandro Palazzo: Capisco quello che vuoi dire, evidentemente il background musicale comune lascia delle stimmate inequivocabili. Conosco personalmente Enrico ‘boil’ Bongiovanni (cantante degli Staré Město n.d.r.) dai tempi carbonari della mailing list dei Diaframma (una setta di ultrà di Federico Fiumani) e abbiamo conservato nel tempo rapporto di reciproca e affettuosa stima e amicizia. A proposito di Diaframma, loro facevano una cover ganzissima di “cielo d’Africa”, un pezzo minore dei Diaframma che amo molto anch’io.

Leccecronaca.it: Come mai avete scelto di chiamarvi “quasi” come una ex attrice con le iniziali invertite nel nome? È solo un gioco di parole o siete suoi fan?

Francesco Di Coste: E chi non è suo fan? Quando abbiamo accantonato il progetto Lova, mentre facevamo le prove ci chiedevamo come dovevamo chiamarci, per gioco proposi il nome the Klaudia Call, ci è piaciuto e lo abbiamo adottato.

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Category: Cultura

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